Non pensare alla Raggi. Può aiutare il titolo di un libro di George Lakoff (Non pensare all’elefante, Fusi orari, 2006) per inquadrare lo sforzo che occorre mettere in campo per ragionare della difficile situazione che sta attraversando la capitale, ma soprattutto delle sfide per il suo rilancio. L’errore che di sicuro non va compiuto è di fermarsi alla superficie dei problemi, pur macroscopici – dai rifiuti che riempiono le strade agli autobus in fiamme –, e pensare che una volta terminata la disastrosa esperienza amministrativa dei 5 Stelle la città possa d’incanto ripartire. Non è così, la situazione è davvero complessa e occorrerà quanto prima aprire una riflessione per affrontare i nodi che impediscono oggi persino di sperare in un rallentamento di quel processo di continuo
peggioramento delle condizioni di vivibilità per i suoi cittadini, tra malfunzionamento dei servizi, smog e aumento della spesa quotidiana.

Da dove partire? Forse dall’argomento più complicato da affrontare per la sinistra, ossia da un’analisi degli errori compiuti negli anni in cui ha governato il comune, la provincia e anche la regione. Solo con la prima giunta Rutelli, a metà degli anni Novanta, si era provato a proporre un radicale cambiamento del governo della città, con scelte al contempo concrete e ambiziose di trasformazione che provavano a ripensare e spostare gli assi dello sviluppo urbano. Da allora si è preferito gestire la situazione, con più o meno capacità, buon senso e onestà, guardandosi bene però dal mettere mano a un’enorme macchina amministrativa sempre più demotivata e invecchiata, e a un debito pubblico sempre più pesante.

Governare una città come Roma è straordinariamente complicato, ma se la dimensione dei problemi è andata crescendo in questi anni dipende anche dalla scelta di rinviare decisioni importanti e di non affrontare i cambiamenti in corso. La crisi dei rifiuti che vive la città non è solo colpa, ovviamente, dell’attuale amministrazione, ma anche di quelle precedenti, che non hanno voluto preparare una filiera alternativa di smaltimento rispetto alla megadiscarica di Malagrotta. La crisi della mobilità dipende dal fatto che non si è avuto il coraggio di imprimere la svolta di cui la città aveva bisogno. L’unica infrastruttura su cui si è puntato è stata la linea C della metro che, per colpe soprattutto della giunta Alemanno, si sta rivelando oltretutto un disastro. Dopo l’inaugurazione della linea 8 del tram, nel 1997, accompagnata da alcune polemiche, anche Rutelli e Veltroni hanno avuto paura di aprire altri cantieri nella città, e perfino per corsie preferenziali e piste ciclabili ci si è mossi con grande timidezza. Se a Roma i processi di rigenerazione urbana sono limitati, mentre il piano regolatore prevede di costruire ancora milioni di metri cubi di case in aree agricole, è colpa di chi quel piano lo ha approvato dopo aver stretto un patto di ferro con il mondo dei costruttori.

 

[L'articolo completo, pubblicato sul "Mulino" n. 2/19, pp. 223-231, è acquistabile qui]