Chi sono i gufi con i quali Renzi se la prende tanto? Da una lettura dei riferimenti polemici dedicati dal nostro premier a questi splendidi rapaci notturni, mi sembra di capire che ce ne sono almeno due specie, se non mettiamo tra i gufi anche coloro che, pur critici di singole iniziative del premier o del suo stile da Gian Burrasca, sono sostanzialmente d’accordo con la rivoluzione politica che egli ha provocato. Più che gufi, questi ultimi sono dei grilli parlanti, ma anche loro rischiano di prendersi una martellata se fanno troppo strepito.
Una specie di gufi sono i suoi avversari – dentro e fuori al partito – che hanno un forte interesse politico a “gufare”, a esasperare le critiche contro la sua azione come leader del partito e capo del governo, nella speranza di estrometterlo da entrambi i ruoli. E alla stessa specie appartengono gli intellettuali e gli opinionisti vicini a quelle aree politiche, convinti che Renzi rappresenti una discontinuità pericolosa nella storia democratica italiana del dopoguerra. Ce ne sono di sinistra e di destra: quelli di sinistra radicale si sono uniti in un comitato per il No al referendum e quanto si può dire è che i motivi della loro ostilità a Renzi sono molto diversi da quelli della destra, oltre che diversi tra di loro.
Una specie differente è costituita da coloro che non hanno contro Renzi avversioni politico-ideologiche forti, ma dubitano che il suo stile e i suoi indirizzi di governo producano gli effetti benefici che egli non cessa di magnificare. Una specie meno aggressiva e dannosa, si potrebbe pensare. Ma per un politico che sulla comunicazione e l’immagine, ancor più che sui fatti, ha costruito il suo consenso, questo non è vero.
Mettere in dubbio che il Jobs Act produca in tempi brevi maggiore occupazione; sostenere che una spending review seria non è ancora cominciata; che sul Mezzogiorno manca un disegno di intervento complessivo; che sulla riforma della pubblica amministrazione siamo solo all’enunciazione di principi generali o di microinterventi; che sull’Europa, al di là di polemiche sulla flessibilità, non si capisce quale sia il disegno di unione politica e fiscale che il nostro governo propone – e si potrebbe continuare – può dare molto fastidio; specie se i critici sono persone competenti, o le critiche non sono motivate da ostilità politico-ideologica preconcetta e addirittura provengono da persone che approvano le linee generali dell’intervento riformatore del governo.
Gufi anche costoro? Tra di essi certamente ci sono Cassandre per natura e scettici per vocazione, ma con lo scetticismo non si fa politica: per un politico che voglia invertire il trend di declino del nostro paese occorre ottimismo, entusiasmo e una autostima che rasenti la paranoia. Ci sono però anche intellettuali e giornalisti che fanno onestamente il loro mestiere di critici, anche se, così facendo, imbrattano di grigio il quadro roseo che dipinge la propaganda governativa.
Bisogna però saper distinguere tra i Rodotà e gli Scalfari – oppositori irriducibili per principio – e i Ricolfi e gli Zingales. Mi riferisco solo a opinionisti, perché i gufi politici fanno solo il loro mestiere di oppositori. Ad essi bisogna rispondere spiegando le ragioni politiche o amministrative – se ci sono – che inducono il governo a omettere o attenuare interventi necessari, o a prenderne altri non coerenti con la linea di riforma annunciata. Il politico ha bisogno di mantenere intorno a sé un consenso elevato e non è facile ottenerlo se un Paese necessita di riforme impopolari, dispone di risorse limitate e di una pubblica amministrazione solo parzialmente affidabile. Di qui la tentazione di esagerare con l’ottimismo, con il rischio di cadere nell’“allegria, allegria” di Mike Bongiorno: un eccesso di rosa che può risultare poco credibile.
Forse Renzi se n’è accorto e i suoi riferimenti alla difficoltà e alla lunga durata del compito di “cambiar verso” al Paese di Checco Zalone, che si arrabatta in un duro contesto europeo e mondiale, si sono fatti più frequenti. I veri gufi sono avversari politici, sono la prima delle due specie. La seconda, anche se fastidiosa, può essere un utile antidoto all’eccesso di ottimismo. E proprio per il loro scetticismo, per la loro concezione disincantata della politica, non saranno pochi i “gufi” di questa seconda specie che voteranno per il governo nelle prossime elezioni. Senza entusiasmo e faute de mieux, naturalmente.
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