Il secondo Rapporto di Lottomatica e Censis su Il gioco legale in Italia. Il valore sociale ed economico del gioco, presentato il mese scorso, si propone, tra l’altro, di porre rimedio alla narrazione comune nella quale “viene sottaciuto che il sistema del gioco legale è un settore economico con imprese, occupati e proventi fiscali per la collettività, un universo altamente regolato dallo Stato e gestito da concessionari, cioè gruppi imprenditoriali affidabili, verificati e capaci. E viene anche misconosciuta l’essenza della sua funzione sociale: l’essere il nemico più irriducibile del gioco illegale, di solito controllato dalla criminalità”.
Sarà stato per questo che il comparto del gioco d’azzardo è stato l’ultimo a chiudere in tempi di pandemia da Covid-19 (21 marzo 2020) e il primo a riaprire: il 27 aprile nei tabaccai tornarono 10 & Lotto, Winforlife, Winforlife Vincicasa, Millionday e il 4 maggio Lotto e SuperEnalotto unitamente al SuperStar, SiVinceTutto SuperEnalotto ed Eurojackpot.
Un mercato da valorizzare, dunque, per le sue grandi capacità di farsi volano per lo sviluppo sociale ed economico, oltre che occupazionale, non tralasciandone la funzione di argine rispetto alla piena del gioco illegale, area di transito per il riciclaggio di denaro sporco.
“Ecco perché è tempo di valutare con attenzione estrema ruolo e funzione reale del sistema del gioco legale, che è ben altro dalle rappresentazioni semplicistiche e demonizzanti che sono alla base di un’autolesionistica cultura proibizionista”, si legge nel Rapporto disponibile sul sito del Censis. Ma che 19 milioni di persone nel periodo pandemico abbiano giocato legalmente non può assurgere a “migliore certificazione che il gioco è un’attività praticabile in modo responsabile, contenuto e sano”.
Che 19 milioni di persone nel periodo pandemico abbiano giocato legalmente non può assurgere a “migliore certificazione che il gioco è un’attività praticabile in modo responsabile, contenuto e sano”
Inoltre, lo stesso Rapporto segnala che a 23 milioni di italiani (il 47% del campione intervistato) è capitato di giocare a uno o più giochi legali nel corso dell’ultimo anno tra Lotto, Lotteria, Superenalotto, scommesse sportive, Bingo, giochi online e slot machine. L’esperienza coinvolge soprattutto i giovani (65,2%), a fronte di una partecipazione più contenuta da parte delle fasce di età più adulte (16,5%). Tra quanti giocano legalmente il 56,4% lo fa in modalità online.
Secondo il Rapporto Eurispes 2023 il 38% degli italiani conosce i circuiti del gioco illegale (nella rilevazione del 2019 il dato si fermava al 26,9%). L’incrocio dei dati per area geografica di residenza rivela che le percentuali più alte di cittadini che hanno avuto conoscenza, diretta o indiretta, dell’esistenza di circuiti di gioco illegale si trovano al Nord Ovest (44,5%, per un 55,5% che risponde negativamente). Per ciò che attiene a quello legale, l’area più interessata è quella del Sud e delle Isole con il 57,1%.
Dallo studio Dipendenze comportamentali nella Generazione Z, frutto di un accordo tra il dipartimento Politiche antidroga della presidenza del Consiglio dei ministri e il Centro nazionale dipendenze e doping dell’Istituto superiore di sanità, presentato a marzo 2023, infatti, emerge che quasi 500 mila individui potrebbero avere una dipendenza da videogiochi, mentre quasi 100 mila presentano caratteristiche compatibili con la presenza di una dipendenza da social media.
Per quanto Lottomatica e Censis offrano una lettura almeno in apparenza tranquillizzante, c’è ben poco da stare tranquilli. Pur rilevando, infatti, che l’Italia è stato il primo Paese europeo a introdurre il divieto della pubblicità per il gioco d’azzardo (Decreto dignità del 2018), non si può ignorare che la facile reperibilità, l’accettabilità sociale e il basso costo (iniziale) dell’esperienza sia il migliore degli spot, senza considerare la possibilità di aggirare i divieti – compresa la vendita ai minori di Gratta e vinci, non così inconsueta nel nostro Paese – come la possibilità di dedicare intere trasmissioni televisive al confronto con la diffusione di siti di notizie sportive gestiti dagli stessi bookmaker e con la comparazione delle quote dei risultati prima delle partite, pur non facendo esplicitamente pubblicità.
Quasi 500 mila individui potrebbero avere una dipendenza da videogiochi, mentre quasi 100 mila presentano caratteristiche compatibili con la presenza di una dipendenza da social media
Se anche è stata imposta una distanza minima (orientativamente tra i 300 e i 500 metri) tra esercizi che offrono occasioni di gioco e luoghi considerati sensibili come scuole, ospedali, compro oro, bancomat, chiese ecc., non è stato possibile applicarla alle realtà preesistenti. Allo stesso modo il rafforzamento della disciplina sulla trasparenza e sui requisiti oggettivi e di onorabilità dei gestori non ha rappresentato con certezza l’impossibilità del ricorso a cosiddetti “prestanome”.
Una certa discrezionalità nella legislazione regionale ha poi frammentato ulteriormente l’apparato normativo che vorrebbe disciplinare il settore.
Non si tratta, dunque, di “rappresentazioni semplicistiche e demonizzanti che sono alla base di un’autolesionistica cultura proibizionista”, anche perché a questo punto non si capisce perché la stessa disinvoltura non dovrebbe essere applicata anche ad altri campi e sostanze, ma di un dibattito che dovrebbe essere affrontato senza i richiami dei tanti (troppi) campanilismi. Lo stesso Rapporto Lottomatica-Censis presenta una committenza che potrebbe far nutrire qualche dubbio sulla lettura del dato.
Non si gioca – è il caso di dire – una partita così importante su sponde rigide e definite: proibizionismo e antiproibizionismo. Il primo incapace di cogliere gli aspetti ludici, socializzanti, occupazionali ed economici della pratica, il secondo misconoscendo gli oggettivi danni che la stessa può garantire nel tempo, primo tra tutti la capacità di generare dipendenza. La trappola – praticata dai governi di tutte le matrici politiche – è quella per la quale in presenza di due forze uguali e contrarie la risultante è sempre nulla e senza possibilità di accelerazioni.
Nel trafelato immobilismo generale del camminare per restare sempre al punto di partenza, il dibattito pubblico sembra farsi sempre più asfittico. Ci sono fenomeni che non possono essere sconfitti: governarli sarebbe già una vittoria. Ma perché questo accada, sono necessari uno sguardo più ampio e un passo più deciso.
Non si gioca – è il caso di dire – una partita così importante su sponde rigide e definite: proibizionismo e antiproibizionismo
Mentre i buoi fuggiti pascolano beati in enormi distese verdeggianti dove, spesso, la legalità si confonde con l’illegalità, i decisori politici nazionali e locali guardano le stalle vuote: il rapporto della European Gaming and Betting Association, confermato da un’analisi di Bain & Company – Italian Gaming market: solid foundation and compelling value creation opportunities – avverte che, grazie soprattutto alla crescita del gioco online, il fatturato europeo previsto per il 2027 dovrebbe salire (+29% rispetto al 2019) a 134 miliardi di euro.
Non si può praticare il piacere senza correre rischi, sarebbe come credere di poter andare sulla Luna senza mettere in conto la possibilità di (non poco improbabili) avarie. Il gioco è ossigeno per le casse dello Stato, ancor più per quelle della criminalità, una boccata per la persona che riesce a vincere qualcosa, fosse anche qualche rilascio di endorfine in una vita non del tutto soddisfacente (con il sogno di cambiarla), ma è anche la totale assenza di ossigeno per chi ha sviluppato una dipendenza patologica da gioco d’azzardo.
Non sarà il proibizionismo che si rivolge al dolore delle persone ma guarda al consenso elettorale o l’antiproibizionismo d’accatto, ripescato all’occorrenza ma sistematicamente non confermato per altri ambiti, consumi e dipendenze, a rendere meno sterile e di consorteria il pur necessario dibattito pubblico su una questione così complessa.
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