Purghe di successione. Quando, tra la fine del 2008 e la fine del 2009, Kim Jong Il – il Caro Leader – cominciò a riprendersi dalla grave malattia che l’aveva colpito, riducendolo in fin di vita, si pose immediatamente il problema di quale tra i suoi congiunti sarebbe stato degno di succedergli. La scelta cadde sul figlio terzogenito, Kim Jong Un, di cui – fino a quel momento – nessuno sapeva quasi nulla. Gradatamente l’identità e le caratteristiche di questo giovane personaggio cominciarono a rivelarsi: la giovanissima età, la forte somiglianza fisica con il nonno paterno (Kim Il Sung, fondatore della patria), l’aver vissuto alcuni anni in Svizzera per esigenze di studio, l’essersi specializzato in studi militari presso l’Università Kim Il Sung. Alcune di queste caratteristiche non erano necessariamente positive per il nascente leader – l’età e soprattutto la scarsa dimestichezza con gli organismi politici e militari del paese (Kim Jong Un, come del resto il padre, non ha svolto il servizio militare) lo facevano forse mal digerire all’èlite dei militari – e così il padre, per meglio prepararlo a ricevere il testimone del comando, si preoccupò di farlo “accudire” da una cerchia ristretta e fidata di attori, un “gruppo di accompagnamento” che faceva riferimento sostanzialmente a due personaggi: Kim Kyong Hui e il marito Jang Sung Taek. Il primo di questi due personaggi, Kim Kyong Hui, sorella di Kim Jong Il, e quindi zia paterna del nuovo leader, è un personaggio di notevole spessore nella leadership nordcoreana, e ha assunto ulteriore centralità proprio in qualità di “consigliera” del nuovo giovane leader, arrivando a far parte perfino della ristretta cerchia dei membri dell’Ufficio Politico, l’organizzazione centrale del Partito dei Lavoratori. Anche il marito di Kim Kyong Hui – Jang Sung Taek – ha ricoperto dei ruoli di assoluta centralità nell’establishment politico del paese, e alcuni esuli nordcoreani lo indicarono addirittura come il potenziale successore di Kim Jong Il. La carriera di Jang, tuttavia, ha subito una brusca interruzione dal 2004 al 2006, quando egli venne purgato – probabilmente perché stava diventa troppo ingombrante agli occhi del leader o forse per difformità di vedute sul processo di riforma dell’economia – ed escluso dalla vita politica del paese. Jang ritornò decisamente in auge nel 2006, ma il salto di qualità è avvenuto proprio in concomitanza con l’avvio del processo di transizione di potere da Kim Jong Il a Kim Jong Un. Nel 2009, infatti, Jang viene introdotto nella Commissione Nazionale di Difesa, attualmente massimo organismo amministrativo dello Stato nordcoreano, e nel 2010 ne diventa vice-presidente, probabilmente proprio per spianare la strada a Kim Jong Un. Immediatamente dopo egli entrerà a far parte del Politburo e, dopo la morte di Kim Jong Il nel dicembre 2011, Jang sarà il principale responsabile delle relazioni con la Repubblica Popolare Cinese, arrivando ad incontrare personalmente il Primo Ministro cinese Wen Jiabao e il Presidente della Repubblica, Hu Jintao. Molti vedevano in Jang il possibile futuro Presidente dell’Assemblea Suprema del Popolo, ovvero il capo di stato nominale della Corea del Nord.
Niente lasciava quindi presagire ciò che accaduto nelle ultime due settimane in Corea del Nord. Presumibilmente già alla metà di novembre, due fedelissimi di Jang – Ri Ryong Ha e Chang Su Kil – sono stati arrestati e giustiziati dagli uomini del Comando per la Sicurezza della Difesa dell’Armata del Popolo per abuso di potere e cospirazione contro lo Stato, mentre Jang sarebbe stato messo prima agli arresti domiciliari e poi richiuso in una prigione speciale. Il nome di Jang, peraltro, viene cancellato ai primi di dicembre dai siti ufficiali nordcoreani così come le sue immagini, scomparse da numerosi documentari. Ciò che è accaduto l’8 di dicembre, cioè l’arresto di Jang durante una riunione del Politburo – testimoniato drammaticamente dalle immagini restituiteci dal canale televisivo nordcoreano – non sarebbe quindi nient’altro se non una messinscena tesa a dimostrare pubblicamente la “solitudine” di Jang all’interno del partito ed il totale controllo della situazione nelle mani del leader Kim Jong Un. Espulso immediatamente dal Partito e sottoposto a processo, Jang – definito nei capi d’accusa “feccia umana peggiore dei cani” – è stato ritenuto colpevole di alto tradimento, cospirazionismo, corruzione, di aver condotto una vita dissipata, addirittura di essere stato il vero ispiratore delle riforme economiche fallimentari del 2009, per le quali pagò con la vita il tecnocrate Pak Nam Gi. A quel punto la sorte di Jang sembrava inesorabilmente segnata: egli è infatti stato giustiziato la mattina del 13 dicembre, dopo essere stato presumibilmente sottoposto a tortura.
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