Prove di dialogo lungo la Linea Durand. Qualche settimana fa, le autorità e la popolazione del Pakistan hanno assistito con stupore alla sottoscrizione di un accordo di cooperazione tra il governo afghano e quello indiano. Sulla base di questo documento, New Delhi intensificherà le proprie azioni a sostegno dello sviluppo dell’Afghanistan, a partire dalla realizzazione di importanti opere infrastrutturali, favorendo inoltre la crescita dei commerci bilaterali al fine di dare nuovi impulsi all’economia afghana. Ma non è tutto, tra i punti più importanti dell’accordo, figura un progetto di sostegno militare, in base al quale New Delhi affiancherà progressivamente l’esercito di Kabul in ottica difensiva, organizzando addestramenti continui in territorio afghano e direttamente in India. Considerando la profonda rivalità esistente tra India e Pakistan, questa notizia ha creato un diffuso malumore ad Islamabad e dintorni, dove l’idea di trovarsi accerchiati dalle truppe di New Delhi, e la possibilità che si venga a creare un nuovo fronte con il nemico di sempre, però a nordovest del Paese, è un boccone troppo amaro.
Alcuni analisti avevano ipotizzato che l'accordo India-Afghanistan fosse stato una conseguenza dell’uccisione dell’inviato di pace afghano Burhanuddin Rabbani, assassinato il mese scorso, a causa di una sorta di cambio di strategia voluto da Kabul. Ad alleviare l’inevitabile tensione creatasi tra i vertici pakistani, è intervenuto di recente Hamid Karzai, il presidente afghano giunto sabato scorso in visita ufficiale a Karachi, nella capitale economica del Pakistan. Nel corso di un’intervista con Geo News, Karzai ha sottolineato la sua piena volontà di mantenere ottimi rapporti con il “fratello Pakistan”, considerandolo ancora il primo alleato dell’Afghanistan in Asia Meridionale. Stando al premier afghano, l’amicizia di Kabul con Islamabad prevarrebbe anche in caso la situazione precipitasse, ad esempio con un attacco da parte degli Stati Uniti o dell’India: “se qualcuno dovesse attaccare il Pakistan, l’Afghanistan starebbe con il Pakistan. L’Afghanistan è fratello del Pakistan. Non tradiamo mai un fratello”. Secondo Karzai, il 2011 è stato l’anno più critico per entrambi i paesi, colpiti da una serie crescente di attacchi terroristici provocati da organizzazioni interne, cresciute sotto i rispettivi nasi: “non possiamo accusare nessuna mano esterna. Questo è un nostro fallimento. Dobbiamo capire perchè sta accadendo e trovare una soluzione”. Nel suo messaggio di riconciliazione, il primo ministro afghano ha lanciato anche velate accuse alle autorità pakistane per aver attuato delle strategie “oscure” nel passato, leggasi appoggio ai Taliban: “Bisogna smettere di usare metodi che ci hanno ferito e che ora stanno ferendo voi. Cerchiamo di andare avanti cambiando strada, in modo che i due fratelli possano progredire in pace e armonia. Così l’Afghanistan sarà con voi”.
Quello attuale è un momento di grande importanza per gli equilibri dell’Asia Centro-Meridionale. L’Afghanistan cerca di acquisire una stabilità più o meno duratura e di creare alleanze geopolitiche cui fare affidamento nel caso in cui la situazione dovesse collassare. Nel contempo, in Pakistan si sta vivendo un periodo di attesa, caratterizzato dalla relativa riduzione delle violenze (almeno a livello di attentati terroristici interni), probabilmente seguita ai successi ottenuti dalle truppe contro i vari gruppi di militanti proliferati negli ultimi anni a ridosso della Linea Durand. Impossibile per ora parlare di pace, soprattutto per zone come il Nord e Sud Waziristan, il Dir o lo Swat, dove i conflitti, le ritorsioni, la vendetta e i cambi di alleanza sono parte del dna degli abitanti, ormai abituati da secoli ad uno stato di guerra. Eloquente a questo proposito quanto in questi giorni mi è stato dichiarato a Peshawar da un profugo del Sud Waziristan, fuggito dalla sua terra a seguito dell’offensiva dell’esercito contro i militanti: “cosa serve per cercare di riportare un minimo di stabilità alla regione? Come prima cosa che gli americani se ne vadano dall’Afghanistan, sono loro la prima causa delle violenze attuali!”.
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