L’Italia s’è desta nelle piazze, nelle strade, sventolando il tricolore, esibendolo fuori dalle finestre, nelle grandi città come nei paesi più sperduti. Che cosa ha «destato» l’Italia? Sono i mondiali di calcio, la squadra nazionale che gioca in Sud Africa e nei cui successi e insuccessi gli italiani si identificano e per la quale provano un «misterioso» risveglio di orgoglio nazionale? Il fenomeno è ben conosciuto dai sociologi e per meglio comprenderlo sarebbe sufficiente dare uno sguardo alle statistiche europee che da decenni rilevano il sentimento di appartenenza territoriale e di orgoglio nazionale delle diverse popolazioni europee. Così facendo, si osserva che il sentimento di orgoglio nazionale degli italiani raggiunge livelli elevati, analoghi a quelli dei Paesi anglosassoni e, come mostrano le indagini più recenti, in leggero aumento dal 1994 al 2007 (Eurobarometer surveys 1982-2007). L’Italia, però, presenta due importanti specificità. Il senso di appartenenza nazionale si caratterizza per il suo carattere «multiplo», insieme nazionale e locale (regionale, comunale), mostrando quindi che non c’è contraddizione tra sentirsi italiani e, nello stesso tempo, legati al proprio ambito territoriale specifico. Inoltre, l’orgoglio nazionale appare legato ad aspetti vagamente culturali e naturalistici, di tipo pre-politico o a-politico, spesso anti-politico. Si è orgogliosi dell’Italia per il suo patrimonio artistico, per le sue bellezze naturali, per le sue vittorie sportive.
Ma quando si tratta di istituzioni politiche l’orgoglio degli italiani per il proprio Paese evapora come acqua al sole per ricadere solidificato in una profonda, persistente, incrollabile sfiducia.
Risale solo a qualche giorno fa l’ennesima «trovata» leghista della sostituzione del Va' pensiero all’inno nazionale Fratelli d’Italia all’inaugurazione di una scuola nel trevigiano alla presenza del governatore leghista Luca Zaia. Quella inaugurata era una scuola pubblica!! Negli Usa – Stato federale – in tutte le scuole ogni mattina gli studenti sono tenuti ad alzarsi in piedi in segno di rispetto per il «Pledge of Allegiance» (Promessa di Fedeltà), saluto ufficiale alla bandiera americana.
Attenzione, perché la disistima istituzionale presto potrà toccare anche le istituzioni «federali». Se il federalismo, istituzionale e fiscale, dovesse aumentare ancora la pletora delle burocrazie regionali, già molto estesa, e con essa la corruzione, il clientelismo e l’inefficienza a cui sono spesso collegate, anche le istituzioni locali piaceranno sempre di meno.
Sotto i nostri occhi un gretto e miope localismo sta corrodendo un più ampio senso di appartenenza nazionale e può distruggere anche quanto di positivo esiste nelle istituzioni locali, mentre finora identità locali e identità nazionale hanno convissuto pacificamente e proficuamente nella coscienza degli italiani. Come mostra il caso minore ma significativo dell’esultanza di Radio Padania per il gol del Paraguay, perfino l’orgoglio sportivo si appanna. Il discusso quanto per ora pericolosamente confuso federalismo non dovrà cadere nella trappola dello spirito di bottega, prigioniero dell’orizzonte corto del campanile.
Come diceva il federalista Carlo Cattaneo nel 1860, il federalismo "non è opera di dissoluzione e di discordia, ma è necessaria e impreteribile condizione di concordia". L’unità del Paese è unità di regioni con caratteri diversi ma che prosperano solo nel riconoscimento reciproco. Altrimenti il Và pensiero potrà davvero essere adottato come il canto malinconico e dolente di un popolo sconfitto, quello italiano.
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