Un governo sfiduciato senza passaggio parlamentare. Come farò a spiegarlo al mio nipotino in quarta elementare, che ha appena studiato quali sono le istituzioni alla base della democrazia italiana, la divisione dei poteri e delle competenze, la distinzione tra Parlamento e governo, il ruolo dei partiti, la sovranità popolare? E che cosa diranno gli insegnanti ai loro studenti più grandi, per evitare che si confermino in una sfiducia più o meno cinica nelle istituzioni? Avevamo già una sovranità dei cittadini severamente ridotta dal potere delle segreterie dei partiti e da un premio di maggioranza che poteva rovesciare qualsiasi risultato delle urne. Avevamo già avuto due governi imposti al Parlamento, per buone o cattive ragioni, dal presidente della Repubblica e retti da maggioranze di necessità, ma in contrasto con i risultati elettorali. Ora avremo un cambiamento di governo imposto al presidente della Repubblica (ma anche da questo accettato senza richiedere un doveroso passaggio parlamentare) e al Parlamento da un partito, senza che vi siano state nuove elezioni né, appunto, sfiducia parlamentare, ma solo l’auto-candidatura da parte di chi lo vuole presiedere. Gli aspiranti alleati – gli stessi che sostenevano il governo sfiduciato – non hanno fatto obiezione a tale procedura irrituale, al contrario. C’è stata persino la benevola attenzione di parte dell’attuale opposizione. Insomma, tutti appassionatamente preoccupati di durare il più a lungo possibile.
Non ho votato alle primarie del Pd, che ufficialmente riguardavano il segretario del partito, non la presidenza del Consiglio. Non posso, quindi, essere delusa né da Renzi, che aveva fatto della critica al “palazzo”, ai suoi “giochini”, ai “nominati” la propria bandiera, né da Cuperlo, che con una giravolta incomprensibile ha concorso a una votazione “bulgara” per la sfiducia a Letta da parte del suo partito. Salvo flebilmente lamentarsi a posteriori che non si è discusso di che cosa di nuovo, in termini di fatti e non solo parole, ci sarà nel nuovo governo – a parte qualche persona – visto che la maggioranza sarà la stessa. A meno che Renzi pensi di poter governare il governo e il Parlamento come sta facendo con il suo partito, a colpi di diktat. Ci aveva già provato Berlusconi, senza del tutto riuscirci, nonostante la solida maggioranza di cui godeva. Sappiamo come è finita (anzi, non è ancora finita, come testimoniano i fatti di questi giorni).
Non avevo neppure una particolare simpatia per il governo e il presidente del Consiglio uscenti. Condivido anzi molte delle critiche di Renzi, cui ne aggiungerei di mie. Ciò che non condivido, e che faticherei a spiegare al mio nipotino, è una trasformazione della fragile democrazia italiana in una dinamica muscolare senza regole, in cui vige l’imposizione di chi è di volta in volta il più forte, non tanto per i numeri, e tanto meno per la fiducia ottenuta dai cittadini, ma per il potere di ricatto che può esercitare. Con il rischio di moltiplicare i ricattatori e gli apprendisti stregoni, specie quando sia i numeri sia le alleanze sono fragili. Da questo punto di vista, l’esibizione muscolare di Alfano in risposta a quella di Renzi è in perfetta continuità con quanto è successo nel governo Letta.
Se questo è il significato del “cambiar verso” e della rottamazione di una generazione di politici falliti (ad esclusione di Berlusconi, però, rilegittimato sia praticamente sia simbolicamente come interlocutore istituzionale, anche del Quirinale), mi sembra poco sul piano pratico, altamente rischioso sul piano democratico. La lezione di educazione civica che propone a quelle nuove generazioni che tutti dicono di aver prioritariamente a cuore non è delle più rassicuranti. Il flop delle primarie locali del Pd di domenica è un segnale di sfiducia da non sottovalutare. Dovrebbero rifletterci su soprattutto le giovani donne e i giovani uomini arruolati da Renzi, per evitare di essere trasformati, da protagonisti di una ventata democratica contro apparati immobili e autoreferenziali, in acritici e trionfanti alfieri di una democrazia muscolare che assomiglia molto, nella sostanza anche se non nella forma, agli agguati e alle lotte interne della vecchia Dc.
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