Chi ha letto la dichiarazione di Rita Gaeta, dirigente del liceo classico Michelangiolo (non “Michelangelo”) di Firenze, sui fatti avvenuti davanti all’ingresso della sua scuola la mattina di sabato 18 febbraio? Il testo, disponibile sul sito dell’Istituto con data 20 febbraio, dice così:

“Il Dirigente e tutta la comunità scolastica esprimono profonda riprovazione e sdegno per l’aggressione subita da alcuni studenti del Liceo Michelangiolo la mattina del 18 febbraio. Si manifestano, inoltre, vicinanza, solidarietà e partecipazione nei confronti dei liceali aggrediti e delle loro famiglie. Il patrimonio valoriale su cui si fonda l’ordinamento scolastico, improntato ai principi della nostra Costituzione, risulta ignobilmente vilipeso da tale esecrabile azione”.

Sempre sul sito vengono pubblicati, dopo le riunioni straordinarie degli organi collegiali, i documenti da questi votati in data 22 febbraio, mercoledì (una mozione del collegio dei docenti e il documento del Consiglio d'Istituto del 22/02/23). Di tutte queste parole non arrivano che pallide segnalazioni sui social network e sui media, a partire peraltro dalla giornata di giovedì 23 febbraio. Nel frattempo, la mattina di mercoledì 22 febbraio comincia a circolare la foto della circolare interna a firma della dirigente del liceo scientifico Leonardo Da Vinci di Firenze, con data 21 febbraio, che diventa virale. Ma in più d’una delle trasmissioni dell’immagine, questa circolare, benché vergata su carta intestata, viene attribuita alla dirigente del liceo Michelangiolo. Tra le tante, sabato 25 febbraio su “Open” è riportata la notizia Anche i docenti universitari stanno con la preside del liceo Michelangiolo di Firenze: ma si tratta con tutta evidenza di solidarietà alla preside Savino del liceo Leonardo Da Vinci.

Da un punto di vista filologico, si è creato un ramo della trasmissione del testo a partire da un archetipo contenente l’errore, che ha permesso a un falso storico di viaggiare indisturbato e di creare a sua volta fatti storici rilevanti, come si vedrà.

I media si sono imbattuti nel messaggio di un’altra dirigente donna, che conteneva un’interpretazione della vicenda in chiave storico-didascalica molto spendibile nel dibattito pubblico

Tutti coloro che stavano seguendo la vicenda del pestaggio davanti al liceo Michelangiolo aspettavano con ansia una dichiarazione della sua dirigente. Nella mancata esposizione mediatica di quanto da lei espresso, per sua – crediamo – espressa volontà di restare nel solco della correttezza istituzionale, che avrebbe previsto la riflessione comune degli organi collegiali della scuola, i social network e i media si sono imbattuti nel messaggio di un’altra dirigente donna, che conteneva un’interpretazione della vicenda in chiave storico-didascalica molto spendibile nel dibattito pubblico, benché originariamente destinata alla ristretta cerchia della comunità scolastica: un testo con tutt’altra genesi, che diventa rapidamente monito civile urbi et orbi, ma con un errore originario nell’indicazione della paternità.

A favorire la diffusione di questo documento rispetto a quello della vera dirigente del Michelangiolo si aggiunge forse anche la fisionomia della falsa dirigente: volto giovane, adatto a incarnare il desiderio di benefica rassicurazione materna nell’opinione pubblica turbata e indignata. Niente di più adatto peraltro a solleticare, sul fronte politico del ministro dell’Istruzione Valditara, il sessismo e il riflesso autoritario: perché quel testo, e non altri, giova anche alla destra di governo nel marcare una contrapposizione. Non tutti sanno, infatti, che già lunedì 20 febbraio un dirigente uomo, Luca Stefani, dalla sua scuola, l’Istituto di Istruzione superiore Salvemini-D’Aosta di Firenze, situato peraltro a pochi isolati dal luogo del pestaggio, aveva indirizzato “Al Liceo Michelangelo [sic], a Firenze, agli studenti, alle famiglie ecc.” un vibrante messaggio, in cui i fatti accaduti riportavano “con la memoria ai tempi bui del c.d. «Ventennio» dove imperava il pensiero unico e la vita delle persone era scandita da riti propagandistici ossessivi e deliranti”. E ancora:

“La violenza squadrista, come allora, si ripropone oggi con tutta la sua violenza ed aggressività ideologica e fisica. L’episodio non può essere rubricato come «rissa». La sua matrice è evidente e non dobbiamo avere timori a catalogarla come vera e propria «azione squadristica» tipica della Mala Pianta del Fascismo che è dura a morire e si ripropone come funesto rigurgito anche nel XXI [sic] secolo. […] Dobbiamo vigilare e tenere alta la guardia e sfidare ogni veleno autoritario ed antidemocratico che in maniera strisciante riaffiora dalla palude della storia come un’Idra le cui teste non sono state mai del tutto mozzate”.

Il messaggio si chiude con l’invito ai docenti a darne lettura nelle classi. Perché questo testo, precedente nel tempo, non è circolato come quello della dirigente del liceo Da Vinci? Si possono individuare tre ragioni: 1) il dirigente uomo non poteva sovrapporsi alla dirigente donna del liceo Michelangiolo, la cui dichiarazione era ansiosamente attesa nel momento della tensione; 2) lo stile, complessivamente più rozzo, del testo e il tono, a tratti violento; 3) il dirigente Stefani ha meno agit prop nei social, non sta nei giri giusti.

I tre elementi hanno agito contemporaneamente nel fare non di questa, ma della circolare nella dirigente Savino del liceo Da Vinci il documento virale che sappiamo, per di più attribuendolo alla dirigente Gaeta del liceo Michelangiolo. Le ricerche ancora in corso dell’archetipo (come si dice in filologia) della trasmissione del testo con errore sembrano indirizzare alle comunicazioni di influenti (in senso social-mediatico) congiunti di insegnanti dell’Istituto Leonardo Da Vinci, che non si sono fatti scrupolo di diffondere una circolare interna senza alcuna cautela. Ma le ricerche sono ancora in corso.

Il caso mostra in modo esemplare come una notizia non sia un fatto, come i dati siano ampiamente manipolabili purché a essere trasmessa sia una formula notiziabile della realtà: le parole e l’immagine fisica della dirigente Savino erano, con ogni evidenza, estremamente adatte a interpretare in una chiave storica semplice e popolare gli eventi, creando un modello di analisi binario in cui tutti avrebbero potuto/dovuto schierarsi su un lato del campo, ministro compreso; cosa, quest’ultima, che probabilmente era lontana dalle intenzioni dell’autrice del testo, ma che rispondeva alla sete pubblica della notizia giusta, benché non vera, ossia la dichiarazione in perfetto stile didascalico e in chiave antifascista della dirigente della scuola protagonista dei fatti, la persona più vicina agli eventi e dunque la più attendibile.

Chissà se il ministro Valditara, nell’intervenire in televisione sul caso e sulla dirigente, era consapevole di parlare non di quella del liceo Michelangiolo ma di quella del Leonardo Da Vinci

La domanda è se il ministro, nell’intervenire in televisione sul caso e sulla dirigente, fosse consapevole di parlare non di quella del liceo Michelangiolo ma di quella del Leonardo Da Vinci. Sarebbe infatti potuto accadere che a Rita Gaeta, la vera dirigente, e non ad Annalisa Savino, la falsa dirigente, venisse recapitato un eventuale provvedimento di censura. L’errore di trasmissione del testo avrebbe potuto produrre fatti rilevanti e gravi col loro carico di ingiustizia. Fortunatamente, come generalmente accade nella trasmissione dei testi, accanto al ramo della vulgata contenente l’errore si è propagato un ramo della tradizione senza errore, il cui contenuto è avvalorato nel suo essere non-falso dal confronto con altri elementi documentari, in primis quelli pubblicati sul sito web del liceo Michelangiolo, la cui lettura raccomandiamo a chi ancora, spenti i riflettori, avesse voglia di restare un po’ più vicino ai fatti.