Una società ferita. La prima vittima della crisi delle banche cipriote potrebbe essere la cultura: i dati economici drammatici e le restrizioni imposte dal memorandum hanno infatti sollecitato lo status finanziario di numerose famiglie, costringendole a interrompere il ciclo di studi per i loro figli, soprattutto nelle università private. Il grado di sofferenza di tasse scolastiche e di rette universitarie è contenuto nel report redatto dalla Federazione pancipriota delle associazioni studentesche, che chiedono a gran voce di concedere ossigeno a migliaia di famiglie e studenti per completare i loro studi. Nella consapevolezza, dicono, che l'istruzione sia “un diritto inalienabile di tutti”. Ma il nodo, nell'istruzione così come negli altri comparti strategici della vita quotidiana dell'isola e di ogni società democratica, è strutturale, dal momento che il memorandum della Troika, la cui approvazione è prerogativa per la concessione del maxi prestito europeo da 10 miliardi di euro, prevede espressamente una serie di misure restrittive, come accaduto in Grecia, che hanno il loro punto di forza nell'aumento verticale della pressione fiscale e del prelievo forzoso sui depositi bancari.
Ragion per cui immaginare una serie di ammortizzatori sociali in questo caso per la cultura, ma anche per l'occupazione e per il Welfare, diventa proibitivo. La sofferenza non è però da ritrovare esclusivamente in quegli studenti che frequentano (o frequentavano) le università in loco, bensì anche in quelli impegnati all'estero. Soprattutto nei giorni di maggiore criticità, due settimane fa, quando gli occhi del pianeta erano puntati su Cipro, con le banche chiuse per quattordici giorni, gli studenti ciprioti in Italia sono stati sostenuti grazie alla solidarietà. A Perugia, per esempio, come ha ricordato recentemente l'ambasciatore cipriota in Italia Leonidas Markides, la mensa universitaria ha cortesemente accettato di fornire loro i pasti gratis. Mentre gruppi di studenti in Inghilterra e in Germania hanno “fatto squadra” e si sono autofinanziati come una vera e propria comune.
Ed ecco che accanto all'emergenza culturale si staglia, sempre più minacciosa, quella sociale. Da queste parti, almeno fino a pochi anni fa, era difficile incontrare indigenti e persone in gravi difficoltà. Oggi sono alla luce del sole, come dimostra la raccolta di cibo e medicinali effettuata nella capitale Nicosia in occasione di un concerto di musica leggera, quando, accanto a casse e sedie di plastica, in una vera e propria maratona di solidarietà, sono apparsi giganteschi contenitori dove stipare cibo in scatola, legumi, pasta, zucchero e conserve di pesce, affiancati a confezioni di antipiretici e antibiotici. Come se un fronte di guerra fosse irrimediabilmente stato aperto al centro del Mediterraneo, e solo la pazienza dell'uomo potesse ora tentare di chiuderlo.
La crisi cipriota prende quindi sempre più le sembianze di un'invasione, questa volta da parte di spread, cattive prassi e indici macroeconomici. Quasi uno scherzo del destino, dunque, la mostra che è stata inaugurata lo scorso 6 aprile al Museo nazionale bizantino "Makarios III" di Nicosia, con al centro la lotta per la libertà contro gli invasori turchi, nel 1974, allestita nei giorni immediatamente successivi a quelli di un'altra invasione - o almeno percepita come tale, da queste parti: quella della Troika. Cipro si risveglia così dal memorandum imposto da Ue, Fmi e Bce per coprire la voragine finanziaria da dieci miliardi di euro, e lo fa rastrellando quelle poche energie di cui ancora dispone: l'arte e la solidarietà.
E mai come in questo caso sono i numeri a fornire la fotografia della situazione. Secondo il ragioniere generale dello Stato, il Paese ha liquidità in cassa sono fino al 18 aprile. Intervenendo alla seduta della Commissione finanze della Camera ha ammesso che la riserva speciale della Central Bank of Cyprus di 85 milioni non è sufficiente e necessita del finanziamento immediato di altri 80 milioni entro la fine di aprile per evitare un default. Al momento la raccolta a breve termine da parte delle banche statali e delle organizzazioni parastatali ammonta a quasi un miliardo di euro, ma a causa degli sviluppi previsti in materia di entrate pubbliche (il caso Grecia lo dimostra) le previsioni generali sono estremamente difficili.
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