Il sistema politico americano e la nomina del successore di Scalia. Commentando la prossima nomina del successore di Scalia alla Corte suprema, Raffaella Baritono presenta una serie di osservazioni utili e importanti per capire il funzionamento del sistema politico americano. Quest’ultimo è caratterizzato in questo periodo non solo da quello che si definisce oltre Atlantico come divided government – un sistema politico in cui il Congresso o almeno una delle due Camere ha una maggioranza diversa da quella che ha eletto il presidente – ma anche da una conflittualità estrema fra i due partiti dello schieramento politico. A ciò è possibile aggiungere qualche osservazione supplementare. Nella situazione attuale non è assolutamente possibile che il presidente Obama nomini di qui alla fine del suo mandato un giudice liberal (ovvero di orientamento progressista), in grado di condizionare a lungo la maggioranza della Corte. I giudici dell’alta Corte, come peraltro tutti i giudici federali, sono nominati a vita ed è invalsa l’abitudine molto discutibile di nominare alla Corte suprema dei membri relativamente giovani. Scalia è rimasto in carica per quasi trent’anni, e il presidente della Corte John Roberts, come Thomas, Alito e Kagan potranno restarvi anche più a lungo.
Questo Senato non approverà mai una candidatura di un giudice progressista. Ma non è probabile nemmeno che il Senato repubblicano si opponga a qualsiasi candidatura. Innanzitutto, il prossimo presidente potrebbe essere Hillary Clinton, e non vi è nemmeno la certezza assoluta che il Senato resti sotto il controllo del Partito conservatore. Quindi i repubblicani a causa del loro ostruzionismo rischiano di ritrovarsi, dopo le prossime elezioni presidenziali, con un successore liberal di Scalia e con il rischio di altri giudici progressisti, se uno o più dei membri anziani dovesse lasciare la Corte.
In secondo luogo, in assenza di un successore di Scalia, le decisioni importanti della Corte suprema nei prossimi dodici mesi, fino all’insediamento del nuovo capo dell’esecutivo, rischiano di essere puramente e semplicemente quelle prese dalle Circuit Courts – le Corti immediatamente inferiori a quella suprema – le quali hanno maggioranze di giudici democratici. Infatti in caso di parità – quattro a quattro, vista l’assenza del nono giudice – la Corte suprema, che è una Corte di appello a differenza delle Corti costituzionali di tipo europeo, non può rovesciare la decisione della Corte la cui decisione è stata impugnata. E va ricordato che il controllo di costituzionalità in America non è monopolio della Corte suprema. Dato l’assetto attuale di quest’ultima, divisa più o meno a parità fra progressisti e conservatori, una decisione quattro a quattro su questioni importanti è molto probabile; con la conseguenza che resterà valida la decisione tendenzialmente liberal della Corte inferiore.
Da quanto detto risulta verosimile che, nonostante le dichiarazioni roboanti di parte dei senatori repubblicani, si trovi un compromesso fra Obama e l’ala meno estrema del Partito conservatore al Senato per la nomina in tempi relativamente brevi del nono giudice. Egli dovrà essere una figura indipendente di centro, non sgradita ai repubblicani: come, ad esempio, Richard Posner. Questo scenario si realizzerà se gli attori politici agiranno in modo razionale (self-interested); ma gli attori coinvolti, anche solo nel partito repubblicano, sono molti e i loro interessi possono collidere e condurre ad uno stallo con effetti complessivamente irrazionali.
Peraltro è utile ricordare come la Corte suprema americana sia un organo politicizzato molto di più delle nostre Corti costituzionali, in virtù del meccanismo di nomina dei suoi membri interamente sotto il controllo di organi eletti e, in assenza di governo diviso, della semplice maggioranza; col rischio di stallo quando il governo non presenta lo stesso colore politico al Congresso e alla Casa Bianca. Il che sembra un sistema di nomina dell’organo di controllo delle maggioranze elette del tutto discutibile. Ma questo è un altro discorso.
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