I ribelli di Zuccotti Park. Una delle immagini che meglio interpreta gli ultimi mesi a New York è certamente il grande toro di bronzo, "the charging bull", storico simbolo di Wall Street, circondato da transenne e protetto da agenti di polizia. Un’immagine quasi metaforica che racconta il capitalismo assediato da una folla di manifestanti, pronta a riappropriarsi degli spazi finora frequentati quasi esclusivamente dagli operatori finanziari. Questi manifestanti si raccolgono dietro il motto "Occupy Wall Street" (OWS). Un movimento di protesta ispirato alla Primavera araba e agli indignados spagnoli che costituisce, in qualche modo, il culmine di un anno di rivendicazioni che hanno attraversato gli Stati Uniti. New York sembra essere, infatti, l’ultima tappa di un viaggio cominciato nel Wisconsin e continuato in Ohio passando per la capitale, Washington. Da Zuccotti Park, divenuta ormai "Liberty Plaza", OWS – una comunità di persone multietnica, eterogenea per genere e cultura politica – contesta l’eccessivo peso della finanza nell’economia americana che ha contribuito alla sempre crescente disparità di reddito tra le classi sociali. Accanto a ciò, il movimento cerca di dare maggiore attenzione alla diseguaglianza salariale, all’elevata disoccupazione e ai costi eccessivi dell’educazione, solo per citare alcuni temi. Nonostante l’ampio spettro di questioni in discussione, OWS non ha incanalato le proprie proteste in un progetto politico, non ha, cioè, reso pubbliche precise richieste. L’appello per le assemblee pacifiche, per l’utilizzo della democrazia diretta, per la discussione dei problemi di interesse generale ricorda molto l’utopia espressa nel Port Huron Statement, manifesto della protesta studentesca degli anni Sessanta. OWS, però, manca di un vero leader, di un proprio Tom Hayden. A ben vedere, anzi, il movimento rifiuta la gerarchia ed elegge come proprio organo vitale l’Assemblea Generale, permanentemente convocato anche nel quartiere generale virtuale: occupywallst.org.
Nonostante la mancanza di concretezza, OWS ha il merito di aver acceso i riflettori sull’enorme polarizzazione economica della società statunitense, un tema finora piuttosto marginale nel dibattito pubblico. I manifestanti, utilizzando slogan di enorme impatto mediatico – "noi siamo il 99%, voi l’1%" – hanno imposto il proprio linguaggio e costretto anche le forze politiche del Paese a relazionarsi con loro. E il peso della sfida lanciata da OWS si misura anche alla luce della corsa alle primarie per le presidenziali del 2012. Da parte repubblicana la condanna è stata pressoché unanime. Se Mitt Romney ha sprezzantemente definito OWS "un episodio di lotta di classe", Herman Cain – ritiratosi pochi giorni fa dalla corsa verso la Casa Bianca in seguito a uno scandalo a luci rosse - l’ha bollato come un tentativo ben orchestrato per distogliere l’attenzione dalle politiche poco efficaci dell’amministrazione uscente. Ma è soprattutto il Partito democratico che deve rispondere alle contestazioni di OWS. A dire il vero, finora i giudizi sono stati piuttosto timidi. Il presidente Obama si è limitato a dichiarare di condividere la preoccupazione di OWS per le crescenti diseguaglianze economiche e ha riconosciuto che il movimento riflette la frustrazione di molti americani. In un recente discorso tenuto in Kansas, inoltre, Obama ha fatto appello a quella classe media che popola anche OWS affinché torni a identificarsi in quei valori unificanti della nazione americana che sono patrimonio comune di entrambi gli schieramenti. Una coesione necessaria a sostenere un governo forte, capace di misure e provvedimenti che possano guidare il Paese fuori dalla crisi.
Non è facile prevedere quanto ancora durerà OWS e se si trasformerà in un progetto di lungo periodo. La sua natura multiforme e la libera evoluzione l’ha già portato lontano, almeno geograficamente. OWS è diventato Occupy Chicago, Occupy Boston, Occupy Cleveland, travalicando anche i confini nazionali e continentali. Sul piano politico, incassato l’appoggio di numerosi sindacati e gruppi progressisti, OWS riuscirà a influenzare l’azione politica a Washington solo se otterrà il sostegno del Partito democratico, di quella stessa classe politica, cioè, bersaglio dei suoi attacchi più pervicaci.
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