La Natura e la Politica hanno fatto a gara nella storia per infliggere traumi agli umani. La Natura, cioè l’insieme di quei fenomeni di ordine geologico, meteorologico e biologico che hanno inflitto all’umanità flagelli come i terremoti, le inondazioni, le siccità e le carestie, le epidemie per l’azione di virus e microbi. La Politica, per mezzo delle decisioni prese dai detentori del potere, quale ne sia stata la legittimazione, dal monarca assoluto al governo democratico: decisioni che hanno provocato sofferenze, violenze e morti, come conflitti e guerre, sopraffazioni, espulsioni e migrazioni forzate. In Europa, fino al XIX secolo, la Natura ha prevalso nettamente sulla Politica: le tre guerre per l’indipendenza del nostro Paese costarono una o due decine di migliaia di morti, ma la sola epidemia di colera del 1865-1867 di vittime ne fece 160.000. Nel secolo scorso, le due guerre mondiali, la guerra civile in Russia e in Spagna, le grandi carestie in Unione Sovietica, stermini e genocidi di minoranze, fino alla Shoah, hanno inferto traumi tremendi, con decine di milioni di morti. Anche la Spagnola, frequentemente ricordata in questi giorni per la sua affinità con l’attuale epidemia, fece sì una gran numero di vittime (nelle valutazioni di chi l’ha studiata, tra i due e i tre milioni in Europa), ma la sua virulenza venne amplificata dalle vicende della guerra e del dopoguerra. Eserciti in movimento sul fronte e flussi di congedati, centinaia di migliaia di prigionieri nei campi o in perigliosi viaggi di ritorno, condizioni di vita pessime, popolazioni denutrite, presidi sanitari sguarniti collaborarono a moltiplicare i contagi e ne aggravarono le conseguenze.

Dalla metà del secolo scorso a oggi, o meglio a ieri, la Politica aveva nettamente sopravanzato la Natura come causa dei traumi europei. Questa appariva oramai sotto controllo: le epidemie influenzali più gravi (Asiatica del 1957-1958, Hong Kong del 1968-1969) hanno avuto un impatto relativamente leggero sull’andamento dei decessi, così come gli eccessi climatici del 2003, del 2012 e del 2015, che hanno causato modeste increspature nella curva dei decessi. Conseguenze gravi ha avuto l’Aids, nonostante che nel continente europeo abbia avuto effetti meno tragici che altrove. In Italia, dall’inizio degli anni Ottanta al 2016, le vittime dell’Aids sono state 42.000, un numero sicuramente impressionante, ma solo in alcuni degli anni Novanta si erano superati i 2.000 casi, ridotti a qualche centinaio negli ultimi tempi. E poi l’Aids ha avuto caratteristiche assai diverse dalle epidemie tradizionali, più legata ai comportamenti individuali e concettualmente più vicina o all’abuso di oppioidi, al tabagismo o all’alcolismo, che non agli impalpabili contagi delle epidemie classiche. Molto più traumatica, ancora, è stata la Politica, con i 105.000 morti della guerra in Iugoslavia nel 1992- 1993, gli 8.000 assassinati nel genocidio di Srebrenica nel 1995, i 13.000 uccisi nella guerra del Kosovo del 1998-1999.

Possiamo dire che la Natura sia stata messa in condizioni di non nuocere, e che solo dalla Politica siano da attendersi i futuri traumi? Un’affermazione di questo genere, alla luce degli eventi prodotti dal Coronavirus, sembra insostenibile. A inizio giugno, nel mondo, i decessi confermati per causa sua sfioravano i 400.000, dei quali circa 34.000 solo in Italia. L’epidemia, seppure in discesa, ne causerà molti altri ancora, senza considerare i possibili ritorni di fiamma dell’infezione. Eppure forzando il ragionamento (troppe le variabili ignote per scontare il futuro) si potrebbe ben dire che nel caso europeo la Natura è stata tenuta a bada per merito di quelle risorse sanitarie, mediche, farmacologiche, organizzative, informative che un secolo fa, al tempo della Spagnola, non esistevano. La Spagnola causò milioni di vittime nel nostro continente, in una popolazione di 450 milioni di abitanti, quasi 300 milioni in meno di quella attuale. È possibile che l’epidemia che stiamo vivendo di vittime ne produca una frazione (vedi oltre), nonostante una contagiosità e una letalità del virus analoga a quelle della Spagnola. È anche possibile che farmaci e vaccini prodotti dalla maggiore capacità della ricerca biomedica intervengano con una certa rapidità, più di quanto non sia avvenuto cento anni fa. La risposta all’interrogativo posto più sopra può essere di questo tipo: le popolazioni dell’Europa, e di altre regioni con simile grado di sviluppo, dispongono degli strumenti, e posseggono le capacità, per ridurre al minimo possibile l’impatto negativo di eventi naturali, quali le epidemie.

Certo, nulla è fisso nel mondo delle patologie, poiché le relazioni tra microbi, vettori, ambiente e umani è mutevole e in continua evoluzione e genera nuove patologie e nuove forme epidemiche, come dimostra la storia degli ultimi decenni. Ma è anche vero che oggi siamo Dalla metà del secolo scorso fino a ieri, la Politica aveva nettamente superato la Natura come causa dei traumi europei assai più preparati a prevenirle, o contrastarle, cosicché il rischio che la Natura, per questa via, infligga traumi analoghi a quelli del passato, appare basso. Purtroppo un simile, cauto ottimismo non è giustificato per quanto riguarda la Politica, dalle cui azioni, o mancate azioni, possono provenire i futuri traumi.

 

[L'articolo completo è pubblicato sul "Mulino" n. 3/20, pp. 520-528. Il fascicolo è acquistabile qui]