Le condizioni economiche del Mezzogiorno, a partire dal 2011, sono peggiorate molto di più di quelle del resto del Paese. La domanda più importante è: perché? Una parte della risposta è questa: perché le politiche economiche degli ultimi anni, al posto di provare a ridurre i crescenti squilibri territoriali nei redditi, non li hanno contrastati; in alcuni casi li hanno favoriti.

Il riferimento non è alle politiche con un obiettivo territoriale diretto (come i fondi europei); sono molto più importanti le politiche generali, che però hanno effetti asimmetrici sui territori: lo si vede in diversi ambiti: nell’istruzione, nella sanità, nelle tasse locali. Grazie ai dati resi noti nelle ultimi ore dalla Banca d’Italia («I bilanci delle famiglie italiane nell’anno 2014» e «Economie regionali») lo si vede bene anche per l’intervento più importante dell’attuale governo: gli 80 euro, decisi nell’aprile 2014.

Abbiamo ora i dati sui beneficiari. Il bonus è stato ottenuto da 5,4 milioni di famiglie, che hanno ricevuto 86 euro al mese. Si tratta delle famiglie con lavoratori dipendenti del settore privato con un reddito annuo complessivo compreso fra 8.100 e 26.000 euro. Sono tante; poco più di una su cinque (circa il 22%) delle famiglie italiane. Un provvedimento di rilevante ammontare: oltre 5 miliardi all’anno.

Date le sue caratteristiche, la misura ha favorito principalmente le famiglie a medio reddito, nell’accezione più ampia del termine; nelle quali vivono persone che hanno un lavoro alle dipendenze con uno stipendio non particolarmente alto. Ma non solo. Tra le famiglie “ricche” (cioè quelle che appartengono al quinto a maggior reddito del totale delle famiglie italiane) il 17% ha avuto il bonus; questo anche perché, come nota la Banca d’Italia, l’intervento ha favorito i nuclei in cui c’è più di un percettore di reddito; il bonus va alle persone, indipendentemente dal reddito complessivo della famiglia in cui vivono: se ci sono marito e moglie che lavorano, ottengono due bonus. Diverso ciò che accade tra i “poveri” (per la precisione: il quinto a minor reddito delle famiglie italiane): i beneficiari sono stati davvero pochi, dato che molti fra i poveri non lavorano; hanno ricevuto il bonus solo il 13% delle famiglie. La più importante misura redistributiva del governo Renzi, come era evidente sin da subito, ha ignorato le fasce più povere della popolazione. Sono queste caratteristiche del provvedimento che ne hanno determinato l’impatto territoriale.

Il bonus, infatti, ha favorito decisamente di più le famiglie del Nord rispetto a quelle del Sud, anche se le prime hanno un reddito molto più alto (nel 2014, 34.100 euro contro 23.500). Al Nord il 25,4% delle famiglie ha ricevuto gli 80 euro; al Centro il 19%, nel Mezzogiorno il 18,5%. Dei 5,4 milioni di nuclei familiari beneficiari, circa 3 milioni, più della metà, sono del Nord; circa un milione del Centro, e circa 1,4 milioni del Sud. Ma c’è un ulteriore importante aspetto. Al Nord il reddito medio delle famiglie in cui sono arrivati gli 80 euro è più basso (anche se non di molto) di quelle che non ne hanno beneficiato. Cioè, fra quelli del Nord, il provvedimento ha comunque favorito i nuclei familiari meno benestanti. Lì molti di coloro che sono relativamente poveri lavorano, e quindi come dipendenti a basso salario hanno ottenuto gli 80 euro, con un effetto certamente positivo sulla distribuzione del reddito. Al Sud è successo il contrario: il reddito medio delle famiglie beneficiarie del bonus è più alto, anche significativamente, di quelle che non l’hanno ricevuto. Cioè, all’interno del Mezzogiorno il provvedimento ha favorito più chi sta un po’ meglio, non chi sta un po’ peggio. Non ha toccato i nuclei più poveri, all’interno dei quali non ci sono lavoratori dipendenti (regolari). Quindi gli 80 euro hanno reso – da questo punto di vista – la distribuzione del reddito al Sud un po’ disuguale. I poveri sono diventati ancora un po’ più poveri in termini relativi.

Non si tratta quindi di un provvedimento che ha contribuito a contrastare i crescenti squilibri sociali e territoriali. Al Sud vive oltre il 32% delle famiglie italiane, ma meno del 27% di quelle che hanno avuto gli 80 euro. I poveri disoccupati non hanno avuto alcun beneficio da questo intervento, e sono molti, e in significativo aumento, proprio nel Mezzogiorno.

Dal 2007 i consumi al Sud sono scesi del 13,2%, al Centro-Nord del 5,2%; dato che gli 80 euro sono stati quasi tutti spesi in consumi, hanno contrastato questo calo, ma molto più al Nord che al Sud; non è un caso che nel 2014 i consumi siano cresciuti dello 0,7% al Nord e diminuiti dello 0,5% al Sud.

Insomma, quello che stiamo vivendo, cioè il periodo peggiore per l’economia meridionale dall’Unità d’Italia ad oggi, non è frutto della cattiva sorte. Dipende, anche, molto, dalle scelte politiche che si sono fatte e che si fanno. Scelte che meriterebbero un’attenzione e una discussione molto maggiore, proprio nelle loro conseguenze sulle disparità nel nostro Paese: quelle fra persone, quelle fra territori: che in ampia misura si sovrappongono, e che aumentano invece di diminuire.

 

[Questo articolo è uscito su «Il Mattino» il 5 dicembre 2015]