Postfazione: "Vita da querelato" di Francesco Merlo.
In un paese come il nostro si è soliti pensare che non vi sia alcun controllo, che ognuno possa scrivere ciò che vuole, senza rischiare severe sanzioni, come nelle democrazie più serie, né la vita o il carcere, come nei paesi a democrazia sospesa. Eppure anche qui da noi la vita può essere dura per coloro che non hanno un padrone e rispondono solo al lettore.
Basata unicamente su notizie «ufficiali», provenienti dalle fonti istituzionali o dai diretti interessati, l’informazione sarebbe indenne da ogni rischio. Per fare davvero il proprio mestiere, il giornalista deve invece trasformarsi in un bravo segugio, che va a cercare le notizie, districandosi fra regole e limiti tesi a bilanciare il diritto di informazione con altri diritti e interessi quali la reputazione, la privacy, il buon costume. Innumerevoli casi di cronaca ci ripropongono continuamente la tensione tra ciò che può e non può essere detto o scritto, tra ciò che è corretta informazione e ciò che è insinuazione o diffamazione, tra ciò che è giornalismo e ciò che è puro gossip. Le norme in materia sono complesse e di difficile interpretazione: di fatto è sempre più difficile far bene il giornalista senza finire sotto processo.
Caterina Malavenda è avvocato esperto di diritto dell’informazione e della comunicazione. Tiene corsi d’insegnamento presso i Centri di formazione per il giornalismo di Perugia e Urbino, e in vari master a Milano. Carlo Melzi d’Eril è avvocato esperto di diritto dell’informazione e di internet. Insegna nell’Istituto per la formazione al giornalismo di Urbino e tiene lezioni in vari corsi universitari e master a Milano. Giulio Enea Vigevani è professore di Diritto costituzionale e Diritto dell´informazione e della comunicazione nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Milano-Bicocca.
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