La Spagna in rosso. Il dibattito sulle misure proposte dall’esecutivo spagnolo per far fronte alla crisi non si ferma. Circa un mese fa un rapporto del FMI esprimeva preoccupazione per le criticità della situazione spagnola. Nelle scorse settimane, i dati diffusi da alcune agenzie e le voci di un possibile ricorso al fondo di salvataggio UE da parte di Madrid avevano preoccupato gli addetti ai lavori, diffondendo sfiducia sui mercati. Venerdì scorso, il direttore del FMI, Dominique Strauss-Kahn, durante un incontro alla Moncloa con il presidente del governo José Luis Zapatero, ha approvato le misure anti-crisi del governo spagnolo, dicendo che con esse si pongono ‘le basi per due decenni di crescita economica’.Inoltre, Strauss-Kahn ha espresso ottimismo per la situazione finanziaria spagnola, definendola ‘assolutamente non comparabile’ con quelle di Grecia e Portogallo e ritenendo ‘adeguati’ gli obiettivi di riduzione del deficit pubblico (dall’11,2% del 2009 al 6% entro il 2011) dichiarati dal governo Zapatero. L’ottimismo sarebbe supportato dai dati confortanti del debito pubblico (53,2% del PIL nel 2009), inferiore a quelli di Germania (73,2%) e Francia (77,6%) e dai risultati positivi mostrati dal sistema bancario spagnolo, per il quale il governo prepara una riforma che coinvolgerà in particolare le casse di risparmio. L’appoggio alle misure spagnole era già arrivato, durante l’ultima riunione del Consiglio Europeo del 17 giugno, anche dalla cancelliera tedesca Angela Merkel e dal presidente francese Nicolas Sarkozy. Nella stessa occasione, è stata approvata la proposta spagnola di rendere noti i risultati degli ‘stress test’ – che misurano la resistenza delle banche a stress repentini dei mercati mondiali – per gli istituti di credito europei. A luglio saranno pubblicati i risultati per le 25 maggiori banche europee, tra cui spiccano i risultati positivi di due delle maggiori banche spagnole.
Nonostante i relativi successi internazionali di questi giorni, la situazione politica in Spagna non è favorevole al governo. In particolare, la riforma del mercato del lavoro è criticata sia sulla sostanza del progetto approvato dall’esecutivo la scorsa settimana, sia sui tempi dell’approvazione in Parlamento. Il decreto prevede che le imprese che fronteggiano una ‘situazione economica negativa’ possano ricorrere ad alcune misure eccezionali in materia di contratti e licenziamenti: tra le altre, la possibilità di ridurre considerevolmente le ore di lavoro (fino al 70% in meno) per un periodo massimo di un anno; il ‘licenziamento agevolato’ giustificato da una situazione economica negativa; la possibilità per le agenzie private di collocamento e di lavoro interinale (ETT) di operare come arbitri nelle dispute contrattuali. I nazionalisti catalani (CiU) appoggiano il governo, chiedendo l’approvazione della legge entro luglio, mentre i partiti di sinistra trovano la riforma insufficiente. Tra questi, ERC si dice disponibile a cercare un accordo con il governo per migliorare il testo, mentre i due partiti minori – IU e ICV – sono contrari all’approvazione rapida. Dentro lo stesso partito socialista (PSOE), la corrente minoritaria di sinistra chiede che alcuni ‘punti cruciali’ della riforma negativi per i lavoratori siano modificati in parlamento. Infine, il PP non gradisce la riforma, prende tempo per organizzare l’opposizione in parlamento e probabilmente si asterrà per la convalida del decreto, prevista per la prossima settimana. La proposta non è molto apprezzata dalle forze sociali e dal patronato: i primi chiedono misure che riducano il tasso di disoccupazione e maggiore attenzione ai diritti dei lavoratori, i secondi obiettivi più ambiziosi e maggiore decisione nell’attuazione delle riforme strutturali. Venerdì 18 giugno Zapatero ha affermato che, dopo la riforma del mercato del lavoro, il governo non ha in mente altre ‘misure drastiche’, per il momento. Sarà un’estate di aggiustamenti e correzioni al Piano di Stabilità, in vista di un autunno impegnativo: la tenuta del governo sarà messa alla prova dallo sciopero generale proclamato per il 29 settembre e dalle elezioni in Catalogna.
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