Una primavera difficile alla Moncloa. Il governo Zapatero si trova in questi giorni a sostenere una sfida cruciale, la ricerca di un consenso tra le maggiori forze politiche della Spagna per varare una serie di riforme condivise e arginare le ripercussioni della crisi economica. Una strada in salita che il governo non può evitare di percorrere, di fronte all’incalzante dibattito interno e all’accresciuta visibilità internazionale che la presidenza di turno dell’UE e l’interesse dei più autorevoli quotidiani economici riservano alla Spagna. Un editoriale del Financial Times (01/02/2010) che sottolineava come la situazione dell’economia spagnola fosse potenzialmente più grave di quella greca ha messo sotto accusa il governo spagnolo e ha scatenato il dibattito internazionale. Secondo dati dell’Istituto nazionale di statistica, nel 2009 il PIL spagnolo è diminuito del 3,6% (dopo 16 anni di crescita sostenuta), mentre il deficit pubblico è passato dal 3,8% del PIL del 2008 a oltre il 10%; infine, il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 18,8% nel 2009 e ora sfiora il 20%.
A differenza di quanto avvenuto in Grecia, il sistema bancario ha retto e il sistema-Spagna mantiene una certa credibilità sui mercati finanziari: il Ministro Salgado ha promosso incontri con gli investitori in Europa, USA e in Asia per smentire l’allarmismo della stampa economica. Il problema più insidioso per l’economia spagnola e per il governo è, al momento, il tasso di disoccupazione, aumentato dopo l’esplosione della bolla immobiliare che aveva trainato il mercato negli ultimi anni, che ha creato nuovi disoccupati con bassa qualifica e di difficile reinserimento in altri settori del mercato. Inoltre, i sussidi di disoccupazione a cui il governo socialista non vuole rinunciare gravano sulla spesa pubblica, impedendo di ridurre il deficit in tempi rapidi, come richiesto da Bruxelles. La Legge di Austerità proposta dal governo punta sul risparmio negli enti locali, ma alcune Comunità Autonome e Municipalità non si mostrano collaborative, in particolare quelle governate dal PP, il maggior partito di opposizione, che ritiene il governo responsabile di avere sottovalutato la crisi e di non avere approntato tempestivamente le necessarie riforme strutturali. Riforme che ora il governo è chiamato a proporre senza indugi, a rischio di minare la propria popolarità a due anni dalle elezioni politiche. Infatti, secondo sondaggi riportati da El Pais e El Mundo, a fine febbraio nelle preferenze di voto il PP risultava in testa rispetto al PSOE del 4-6%. Inoltre, la proposta ventilata – e frettolosamente messa da parte – dal governo di innalzare l’età pensionabile da 65 a 67 anni ha creato scompiglio nell’area dei sindacati, finora alleati fondamentali dell’esecutivo, che annunciano proteste nelle piazze. Tuttavia, l’elettorato nel complesso reagisce positivamente alla proposta di un Patto di Stato partita dai nazionalisti catalani e fatta propria dal governo di trovare un accordo trasversale sulle riforme strutturali per definire un nuovo modello economico e di sviluppo sulla scia delle proposte contenute nella Legge di Economia Sostenibile del governo. La commissione incaricata dal governo in questi giorni presenta le proprie proposte concrete ai rappresentanti dei partiti di opposizione, che si dichiarano critici ma disposti a collaborare: l’accordo non sarà globale, ma pare certo che si giungerà all’approvazione di alcune misure, in primis un piano biennale che preveda sussidi e IVA ridotta per la ristrutturazione delle case e la costruzione di alloggi popolari, teso a ridurre il numero dei disoccupati.
Il governo Zapatero dovrà affrontare mesi difficili per dare la giusta direzione a una lenta marcia verso la ripresa attraverso riforme potenzialmente costose a livello elettorale, mentre l’opposizione dovrà scegliere se collaborare o proporre un’alternativa praticabile per scalzare il governo. Sullo sfondo rimane la presidenza UE, iniziata con un programma politico ambizioso la cui attuazione è ora minacciata dall’urgenza per il governo di concentrarsi sulle sfide interne, ma che d’altro canto potrebbe essere una carta in più da giocare per aumentare il consenso interno e il prestigio internazionale del governo, imbrigliando la ripresa spagnola in un piano anticrisi europeo.
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