La parola più efficace per descrivere il giornalismo contemporaneo è smarginatura, vocabolo centrale nell’opera della scrittrice italiana del momento: Elena Ferrante. Termine proprio del mondo editoriale – indica la rifilatura dei libri –, è adoperato dalla famosa quanto misteriosa scrittrice per indicare una condizione d’indeterminatezza, di opacità, in cui è difficile cogliere i contorni, il perimetro, i confini di un pensiero, di un fenomeno, di un processo: nel nostro caso, del campo giornalistico.

Proprio su questa indefinitezza insiste la maggior parte degli studi giornalistici degli ultimi anni. Basta scorrere gli indici delle principali riviste internazionali di journalism studies, così come quelli delle case editrici del settore, per constatare come nei titoli dei lavori dei principali studiosi ricorrano frequentemente verbi come ripensare, rifare, oppure sostantivi quali crisi e cambiamento. Dunque, siamo in una complessa fase di passaggio. È abbastanza naturale, allora, che ricerche e speculazioni teoriche spazino dal più cupo pessimismo, con affermazioni definitive sulla morte del giornalismo, a visioni ottimistiche, in cui si sottolinea come spesso le critiche derivino dalla difficoltà a discostarsi dalle consuetudini dell’ultimo paio di secoli.

Non è un caso se fra i pessimisti si contano più frequentemente i giornalisti, cioè professionisti che vedono cedere giorno dopo giorno routine e processi produttivi su cui hanno costruito la propria identità professionale; mentre gli studiosi siano più incuriositi e stimolati dalle contraddizioni e dalle incertezze del futuro, interessati a capire come possa evolvere l’informazione giornalistica. I primi insistono su ciò che si perde; i secondi sono principalmente occupati a comprendere e descrivere quanto accadrà o potrebbe accadere. Comunque sia, si sta determinando una vera e propria ossessione per il futuro, come l’hanno definita Chris Peters e Marcel Broersma in Rethinking Journalism Again. Nel volume What Journalism Could Be, Barbie Zelizer sottolinea come con «giornalismo» ormai s’intendano tante cose diverse e ci informa che una ricerca su Google produce oltre 52 milioni di risultati per la frase «futuro del giornalismo»: conferenze, tavole rotonde, blog, libri e siti web sull’argomento.

 

[L'articolo completo, pubblicato sul "Mulino" n. 1/19, pp. 121-126, è acquistabile qui]