In una congiuntura globale contrassegnata dallo sgretolamento della teoria della fine della storia, dal ritorno della geopolitica e dalla crisi profonda del nuovo ordine mondiale, favorita dall’iniziativa politica delle potenze «revisioniste» (Cina, Russia, Iran) ma anche dalle conseguenze degli interventi statunitensi in Medioriente e dal protagonismo imprevedibile della Turchia di Erdogan, i rapporti tra Russia ed Europa sono, come da tempo non accadeva, dominati da paure e accuse reciproche e percorsi da un pessimismo di fondo.

Nel periodo successivo alla guerra in Iraq del 2003 l’amministrazione Bush aveva coltivato l’idea di una contrapposizione tra vecchia e nuova Europa (la seconda costituita dai Paesi dell’ex blocco orientale entrati nell’Unione nel 2004), e prefigurato la possibilità di instaurare con quest’ultima un rapporto privilegiato, che nel contesto europeo avrebbe assunto il carattere di un maggiore attivismo della Nato nello spazio ex sovietico. La svolta nei rapporti tra Stati Uniti e Russia impressa da Obama durante il suo primo mandato, concretizzatasi, oltre che nel dialogo con la Russia sulla riduzione delle armi strategiche offensive, anche nella sospensione di iniziative della precedente amministrazione quali l’installazione di un sistema di difesa missilistica in territorio polacco con base radar nella Repubblica ceca, non era stata accolta con favore dalla Polonia. Questa era infatti preoccupata per la propria sicurezza, tanto più in ragione degli intensi rapporti di collaborazione e scambio sviluppatisi all’inizio del XXI secolo tra Russia e Germania, capaci di evocare nell’immaginario polacco timori alimentati dalle tormentate vicende della storia nazionale (dalle spartizioni degli ultimi tre decenni del Settecento ai protocolli segreti del patto Molotov-Ribbentropp).

Un netto cambiamento di scenario si è verificato a partire dal 2014, quando il divampare della crisi ucraina è sfociato nell’annessione della Crimea, nella fine della sintonia politica tra Angela Merkel e Vladimir Putin e in una sanguinosa guerra nel Donbass, «congelata» dagli accordi di Minsk-1 e Minsk-2 ma ancora capace di mietere vittime.

[L'articolo completo, pubblicato sul "Mulino" n.2/17, pp. 326-334, è acquistabile qui]