Trascorso mezzo secolo dall’Enciclica Pacem in Terris, è ormai radicato nel tessuto sociale e nelle coscienze il messaggio di Giovanni XXIII per una civiltà costruita nell’assenza di ogni forma di violenza e uno sviluppo umano integrale. I suoi effetti di sollecitazione morale, civile e religiosa si sono protratti nel tempo, mostrando di possedere il dono della fecondità differita. Senza ricorso a formule retoriche, la Pacem in Terris riconosce "l’immensità del compito di ricomporre un’autentica convivenza pacifica" abbandonando l’uso della forza nelle controversie umane. Ne prospetta però la praticabilità attraverso l’apporto e la determinazione di "tutti gli uomini di buona volontà", credenti e non credenti.
L’auspicio è la costruzione di un ordinamento giuridico che operi non solo il riconoscimento delle libertà e dei diritti della persona e a regolazione dei rapporti tra individui, tra Stati e comunità mondiale, ma anche renda possibile il loro godimento in piena libertà e sicurezza in ogni ambito della vita umana. Un obiettivo da raggiungere con la partecipazione di tutti i cittadini alla vita politica, partecipazione che rappresenta essa stessa un valore da salvaguardare.
Rispetto ai nuovi fenomeni emergenti, scaturiti da un’abnorme crescita economica, il messaggio della Pacem in Terris mostra ancora tutta la lungimiranza delle sue indicazioni strategiche, la sua capacità di galvanizzare l’ottimismo della volontà di chi intende impegnarsi per il bene comune. Nell’odierno contesto economico, politico e culturale sempre più globalizzato, l’Esortazione apostolica di papa Francesco Evangelii Gaudium, Sull’annuncio del Vangelo nel mondo attuale, pubblicata lo scorso 24 novembre, confermando l’opzione per i poveri, i loro diritti,la loro dignità, si pone in linea di continuità con la Pacem in Terris con ancora più determinazione di quanto hanno fatto Paolo VI con la Populorum Progressio e Benedetto XVI con la Caritas in Veritate. L’emergente deriva economicistica spinge il nuovo pontefice a riproporre l’appello di Giovanni XXIII per una convivenza pacifica, aggiornandone il linguaggio mediatico. Il messaggio è ora più esplicito: respingere in modo fermo e definitivo l’economia dell’esclusione e la cultura degli “scarti umani” sbarazzandosi di una “falsa pace che serve a sostenere una minoranza felice e a perpetuare l’infelicità di una moltitudine di esseri umani”.
Adoperarsi per rimuovere le cause strutturali della povertà e della morte per fame assume così priorità assoluta anche per la Chiesa di papa Francesco. I vescovi, i fedeli e le comunità ecclesiali sono chiamati a rendere operante un’autentica solidarietà per l’inclusione sociale dei poveri, siano essi individui o popoli; a redistribuire ciò che la natura ha dato a uomini e Paesi in abbondanza più del necessario per vivere dignitosamente. Cambiare strutturalmente il governo del mondo nel segno della giustizia significa “cambiare convincimenti e pratiche quotidiane di solidarietà” alimentando ulteriori trasformazioni di mentalità in un circolo virtuoso di speranze e di realizzazioni.Un progetto di rinnovamento antropologico, non meno ambizioso di quello di Giovanni XXIII, che potrebbe riuscire seguendo la via indicata proprio dalla Pacem in Terris: una educazione integrale e continua che includa, a pari livello con le altre scienze, l’istruzione della religione cristiana e dei valori morali.
È significativo che, a sostegno del rifiuto di ogni forma di “pessimismo sterile” e della fiducia nelle capacità umane, papa Bergoglio si affidi propri al Discorso di apertura del Concilio Vaticano II, Gaudet Mater Ecclesia, nel quale papa Roncalli sottolinea come i “misteriosi piani della Divina Provvidenza si realizzino in tempi successivi attraverso l’opera degli uomini e, spesso al di là delle loro aspettative, con sapienza dispongano tutto, anche le avverse vicende umane, per il bene della Chiesa" (par. 84). Come è altrettanto significativo che nel capitolo dedicato al “Dialogo sociale quale contributo per la pace” ricordi che la Chiesa è “aperta alla collaborazione con tutte le autorità nazionali e internazionali per prendersi cura di questo bene universale tanto grande”(par. 239). La Evangelii Gaudium testimonia così la piena condivisione della visione profetica della Pacem in Terris rilanciandone le indicazioni pastorali che sono in comune con i fermenti conciliari che da questa promanano.
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