La memoria oggi, nell’epoca digitale (come chiamiamo in sintesi i cambiamenti nella comunicazione, nell’informazione, nell’intrattenimento e nella produzione culturale che hanno a che vedere con la rivoluzione in corso), è in pericolo? Ci sono rischi di perdita di memoria, anche di memoria storica, propria oggi che siamo dominati da una sorta di senso di onnipotenza, dovuto alla capità di archiviare enormi quantità di dati digitali? Sembrano domane retoriche, proprio ora che abbiamo a disposizione su uno schermo (e in pochi secondi) una intera tradizione culturale, informazioni su qualunque argomento e in ogni campo, intere enciclopedie ed enciclopedie di enciclopedie! Ora che possiamo navigare da un dato all’altro, da un sito all’altro, componendo una mappa personale su ogni possibile tema!

L’idea sembra peregrina; eppure il grido d’allarme sulla perdita della memoria viene lanciato e ripetuto con una insistenza ossessiva: segno evidente della percezione di una minaccia. In queste denunce, la memoria è presa in esame da più punti di vista: come memoria personale, come memoria storica, come memoria culturale. Se lo psicologo fa riferimento alla prima, lo storico (e anche il capo dello Stato) pensa alla seconda, mentre quasi tutti coloro che intervengono pubblicamente sulla questione hanno in mente soprattutto la terza. La memoria culturale è conservazione attiva della nostra cultura: non semplicemente della sua tutela, mettendola al sicuro in una biblioteca e digitalizzandola (opera anch’essa necessaria), ma usandola attivamente come singoli e come gruppi, come comunità scientifica e come comunità nazionale.

La denuncia della perdita della memoria culturale, imminente o già in atto, viene evocata in una rete di exempla molto diversi fra loro: la fine della civiltà del libro e il passaggio all’e-book, la fine della lettura e il passaggio all’osservazione delle immagini, la fine della scrittura per l’abitudine crescente a usare tastiere invece che scrivere a mano. Conclusioni differenti l’una dall’altra, ma comunque conclusioni: e molto pesanti dal punto di vista della nostra cultura, che è una cultura del libro (come anche lo è la religione cattolica), una cultura della lettura di segni dotati di significato se composti in modo opportuno, una cultura della scrittura. Insieme, altre catastrofi culturali vengono richiamate: come se l’epoca di Internet, della comunicazione a distanza in tempo reale e a buon mercato, della riproduzione digitale dei testi, della connessione al world wide web in ogni momento e da ogni luogo, della convergenza di alcuni mezzi di comunicazione in strumenti unificati plurifunzionali, del libro elettronico (novità tutte  sconvolgenti e di rilievo per chiunque viva nel mondo della cultura, oltre che per chiunque semplicemente viva) provocasse sì un cambiamento, ma solo nel senso della chiusura drammatica della cultura così come l’abbiamo conosciuta finora.

In particolare, la possibilità ormai a portata di mano del libro elettronico suscita grandi ambasce, e di conseguenza dichiarazioni solenni e definitive: il libro è perfetto e resterà; tutta la carta sparirà in favore dell’on-line; la nostra cultura è minacciata; la nostra cultura ha possibilità nuove.

Uno sguardo al passato può essere utile a interpretare questi cambiamenti, e soprattutto quello che riguarda il libro, con un’ansia minore, anche se non possiamo minimizzare la portata della trasformazione in corso: è accaduto di rado nel mondo della comunicazione, degli strumenti dei quali gli uomini si servono, che uno strumento e un suo frame siano completamente spariti in seguito alla comparsa di uno strumento nuovo. E’ accaduto invece che si sia riconfigurato, che sia stato usato in modo diverso dal passato, che abbia dato luogo a usi inediti. Questa è probabilmente la sorte che toccherà al libro tradizionale, cartaceo: accanto a questo strumento, talmente importante che per noi si identifica con la stessa idea di cultura, esisterà il libro elettronico. Non si tratterà di una sostituzione ma di un affiancamento: del resto, la pubblicazione sul web della rivista “il Mulino” - che state leggendo - non ha rimpiazzato affatto la pubblicazione tradizionale, ma si è affiancata ad essa con caratteristiche in parte diverse.

Il libro elettronico possiederà qualcosa in meno rispetto al libro classico e qualcosa in più: non si potranno sfogliare materialmente le pagine o segnare a matita dei passaggi importanti, ma si potranno fare le stesse operazioni in modo elettronico. In cambio, le ricerche di parole, frasi, nomi saranno più semplici, così come le ricerche di autori/concetti collegati. Si avranno una scrittura ideata appositamente per il nuovo mezzo e nuovi prodotti  sollecitati dalle possibilità attuali. Il libro tradizionale probabilmente riempirà spazi appositi, ancora da definire ma già ipotizzabili.

La configurazione nuova degli spazi e degli usi dei due tipi di libro si gioverà di un approccio aperto e privo di tabù: pregiudizio e paura, invece, paralizzando gli utenti penalizzeranno le loro esigenze. Ancora una volta, il modo in cui useremo libro tradizionale ed e-book dipenderà, alla fine, proprio da noi, dalla nostra capacità di esprimere necessità e desideri.