Vent’anni dopo dopo il 3 ottobre 1990 la Germania unita ha rimosso le nubi che si addensavano all’orizzonte all’indomani dell’unificazione. Quando apparì subito chiaro che, in assenza del capitale privato, avrebbe dovuto essere lo Stato centrale a investire a Est, drenando le finanze della parte occidentale. Anche grazie a un sistema politico complessivamente stabile, a una democrazia radicata nella società e a conflitti sociali meno evidenti che in altri Paesi europei, la Germania che Angela Merkel ha ereditato da Gerard Schröeder ed Helmut Kohl si ripropone oggi come la locomotiva dell’economia europea. Vent’anni dopo la riunificazione delle due Germanie si ricomincia a parlare di “modello tedesco” in alternativa al capitalismo anglosassone, complici i pessimi risultati del secondo e la prudente strategia di lungo periodo del primo.
Dall’Italia si guarda alla Germania, sempre più spesso, con ammirazione: per le politiche pubbliche che lo Stato tedesco ha saputo confermare (per la famiglia, ad esempio, nonostante la riduzione del Welfare) e quelle che ha voluto promuovere (per l’ambiente, ad esempio, con misure concrete che stanno facendo ottenere risultati straordinari sul fronte dell’abbandono delle risorse da idrocarburi). Ma anche per il rigore per cui un tempo il popolo germanico veniva sbeffeggiato e che oggi lo rende per molti versi un esempio da seguire.
Alla Germania conviene guardare dunque con sempre maggiore attenzione, anche per comprendere le ragioni del successo e della tenuta del modello tedesco. In occasione del ventennale della riunificazione abbiamo dunque chiesto a Gabriele D’Ottavio, Massimo Faggioli, Nicola Melloni tre “Lettere” dedicate, rispettivamente, alla politica internazionale, alla situazione interna e all’economia.
La «potenza civile» tedesca in cammino verso la «normalità», di Gabriele D'Ottavio
Goodbye Bonn: Kohl, Schroeder e Merkel, dalla Renania al centro dell’Europa, di Massimo Faggioli
La Germania corre da sola, di Nicola Melloni
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