I libri e gli articoli dedicati all’attuale crisi della democrazia riempirebbero molti scaffali di una biblioteca: forse più una conseguenza del gran numero di insegnamenti in materie politiche – e dunque di studiosi interessati a pubblicare – che non di una crisi democratica più forte di altre che abbiamo attraversato in passato.

Credo anch’io che la democrazia stia attraversando difficoltà serie. Credo anche, però, che sia difficile comprenderne la natura e proporre rimedi se non si è consapevoli che questa forma di governo è da sempre, e per sua natura, soggetta a crisi. Lo è stata nella democrazia diretta degli antichi, lo è in quella rappresentativa dei moderni. In questa lo è stata sia nella variante parlamentare dei notabili, a suffragio ristretto, nel corso dell’Ottocento; sia nella variante a suffragio universale dei grandi partiti di massa, nel corso del Novecento. E lo è tuttora, nella democrazia mediatica e personalizzata in cui viviamo.

Due avvertenze prima di entrare nell’argomento. La prima è che uso il termine «crisi» in modo improprio, nel modo in cui lo usa gran parte della letteratura giornalistica, e spesso anche accademica: come sinonimo di difficoltà, tensioni, rischio di trasformazione della democrazia in un sistema politico che democratico non è. La seconda è che mi riferisco allo stato attuale delle democrazie dei Paesi capitalistici avanzati, salvo pochi cenni ai loro rapporti con il resto del mondo: diversa e più complessa dovrebbe essere un’analisi sullo stato della democrazia a livello planetario e nel lungo periodo.

Le due ragioni di fondo della crisi sono note dai tempi antichi e riguardano sia la partecipazione al processo democratico – l’input della democrazia, per così dire – sia i risultati di quel processo, la qualità dei governi – l’output. La democrazia è sempre sull’orlo della crisi poiché il suo ideale di eguaglianza – di eguale influenza politica di ogni cittadino nel governo della comunità politica cui appartiene – è  sempre stato smentito dalla realtà, e non si vede come possa essere pienamente soddisfatto in società caratterizzate, anche le più egualitarie, da forti differenze di ricchezza, prestigio e potere.

 

[L'articolo completo, pubblicato sul "Mulino" n. 6/16, pp. 967-982, è acquistabile qui]