Passò quasi sotto silenzio, nel mondo cattolico, il decimo anniversario della firma della Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione, avvenuta il 31 ottobre 1999 in uno scenario di folle in visibilio ecumenico per le strade di Augusta. Ma in uno dei momenti più deprimenti nella storia dell’ecumenismo contemporaneo (e di fronte al papa tedesco, che già allora, da cardinale, si disse contrario alla firma di quell’accordo), la Chiesa evangelica luterana tedesca (Ekd) ha eletto suo presidente e capo dei 25 milioni di protestanti del suo Paese Margot Käßmann, la prima donna a ricoprire questo ruolo.
Il curriculum di Margot Käßmann si presenta come molto più episcopale di quello di tanti cardinali romani: pastore di parrocchia, con incarichi ecumenici a Ginevra, membro del Kirchentag evangelico e prolifica autrice di libri, venne eletta nel 1999 vescovo della chiesa regionale di Hannover – la più importante di Germania. Ma Käßmann ha infranto barriere che le hanno portato attenzione, pubblicità e rispetto da parte dell’opinione pubblica luterana e non: madre di quattro figli, nel 2006 aveva reso pubblica la sua lotta contro il cancro e nel 2007 il divorzio dopo 26 anni di matrimonio. In Germania non si esita a parlare di momento storico. Il sinodo della Chiesa protestante, organismo che elegge il consiglio della Chiesa, aveva già messo a capo del sinodo stesso, nel maggio scorso, Katrin Göring Eckardt, deputata dei Verdi. Ma la nuova presidente dei luterani tedeschi è tutt’altro che una sessantottina: cresciuta nel protestantesimo di sinistra degli anni Ottanta, Margot Käßmann oggi è un prodotto molto più rifinito e raffinato delle caricature che si danno di quella Germania pacifista e pre-unitaria.
La scelta della chiesa evangelica luterana tedesca è importante da diversi punti di vista. Per gli amanti della storia religiosa, è facile vedere in questa minuta ma luminosa donna cinquantunenne ben più che il successore dell’accademico Wolfgang Huber. Se per i protestanti delle prime generazioni la moglie di Lutero (Luther) era anche “la Lutera” (die Lutherin), così ora Margot Käßmann non è la papessa, ma “la protestante” di Germania.
Per chi guarda alle cose tedesche dall’Italia del crescente gender gap, non deve sfuggire l’impressione di una Germania che non teme di affidare la guida delle sue istituzioni più rappresentative a due donne, protestanti e divorziate, Angela Merkel e Margot Käßmann: la prima, appena rieletta cancelliera alla guida di una Germania che riflette sul suo ruolo internazionale a vent'anni dalla riunificazione; la seconda, ora a capo di una chiesa luterana piena di prestigio, ma dalle chiese e dalle casse sempre più vuote. Il nuovo capo della Ekd ha impegni ambiziosi di fronte a sè: nel 2010 l’aspetta il Kirchentag ecumenico con la chiesa cattolica (il secondo dopo quello del 2003) e nel 2017 le celebrazioni per il quinto centenario della riforma di Lutero (celebrazioni che nella storia del protestantesimo hanno sempre avuto un ruolo: basti pensare a quello del 1917).
Per gli osservatori di cose ecumeniche, è quasi ovvio vedere divaricarsi sempre più le strade delle due maggiori Chiese del vecchio continente. La Chiesa cattolica di papa Benedetto XVI tratta coi lefebvriani, lancia un’indagine contro la teologia liberal delle suore americane e apre all’ala più tradizionalista della Comunione Anglicana; la chiesa luterana affida a un vescovo donna il compito di ricostruire i ponti, anche verso la Chiesa cattolica, che dieci anni fa sembravano così solidi. Non sembra azzardato ipotizzare che Margot Käßmann si intenderà meglio con Angela Merkel che con Joseph Ratzinger – nonostante il secondo sia un vescovo e la prima un uomo politico.
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