Com’è noto, l’Umbria è una regione ad alto rischio sismico. Nella storia recente ha subito terremoti come quelli del 1979, 1997 e 2016, che hanno seriamente pregiudicato la tenuta del suo patrimonio artistico, architettonico e ambientale. La ricostruzione successiva, avvenuta con apprezzata efficacia amministrativa, ha sempre saputo ricomporre le macerie tornando a restituire nuova linfa vitale ai territori martoriati dai ripetuti e impietosi eventi naturali. Ma l’uomo, a volte, sa essere più maligno della natura. Infatti, lo sciame sismico che gli umbri si ricorderanno più a lungo sarà quello che sta interessando in questi giorni il terreno della politica locale. Epicentro: Perugia e il Palazzo del governo regionale. Dalle rovine rimaste a terra, però, questa volta non è ancora chiara la figura del mosaico che potrà essere ricostruita.
La scossa politica a cui si fa riferimento è quella che viene registrata, a un mese dal voto, a seguito delle indagini giudiziarie condotte dalla Procura di Perugia. Al pool inquirente sono bastate poche ore per decapitare i vertici delle istituzioni, della politica e dell’amministrazione. Gianpiero Bocci, segretario regionale del Partito democratico, ex parlamentare e sottosegretario al ministero degli Interni, nonché deus ex machina della politica regionale, Luca Barberini, assessore regionale con delega alla Sanità, Emilio Duca e Maurizio Valorosi, rispettivamente direttore generale e direttore amministrativo dell’Azienda ospedaliera di Perugia, sono finiti agli arresti domiciliari. L’accusa riguarda la sistematica alterazione dei concorsi pubblici al fine di favorire candidati amici, politicamente ed elettoralmente fedeli. Per gli stessi motivi, la presidente Catiuscia Marini, indagata, si è dimessa dalla Giunta regionale dopo essere stata scaricata anche dai vertici romani del suo partito, che la sera stessa dell’avvio delle indagini chiedevano, per bocca di Zingaretti (e di altri dirigenti), un atto di responsabilità che potesse tentare di mettere al riparo le sorti delle imminenti tornate elettorali, in Umbria e non solo.
Non è ancora chiaro quale effetto possa apportare l’estremo tentativo compiuto a seguito di un improvviso mutamento della cultura politica garantista della sinistra tradizionale. Ma il clima di opinione che si respira negli ambienti umbri è quello di “fine impero” e l’impressione è che il settantennio di subcultura politica che ha caratterizzato gli anni successivi alla seconda guerra mondiale sia definitivamente crollato sotto i colpi della magistratura inquirente. Ovviamente, segnali di smottamento, in linea con le altre regioni “rosse”, erano chiari ormai da tempo, e più volte sottolineati da indagini e ricerche sull’Italia centrale condotte (tra gli altri) da Caciagli, Diamanti, Floridia, Ramella, Segatori e Trigilia.
Riguardo agli ultimi fatti di cronaca, l’incognita riguarda il potere di condizionamento che le indagini potranno avere sulle prossime elezioni amministrative, che si terranno in molte città dell’Umbria, a partire da Perugia, città simbolo negli equilibri politici regionali. La domanda che corre di bocca in bocca è sempre la stessa: che fare?
La società è un laboratorio a cielo aperto non riproducibile in via sperimentale, e dunque in politica è sempre molto difficile avanzare previsioni. Ciò nonostante, alcune indicazioni appaiono piuttosto chiare. Riguardo a Perugia, per il Pd la situazione era già complicata in partenza, essendo il rassemblement di centrosinistra in posizione di svantaggio, dato il vento in poppa del sindaco uscente, Andrea Romizi, in quota Forza Italia, protagonista di un cambiamento profondo, che cinque anni fa pose fine alla lunga tradizione di governo social-comunista-diessino-piddino, portando il capoluogo umbro per la prima volta nella storia democratica alla corte del centrodestra. A queste condizioni, per l’attuale candidato progressista, Giuliano Giubilei, noto giornalista Rai, candidato indipendente dell’area vasta del centrosinistra (senza la sinistra-sinistra, schierata a favore di Katia Bellillo), la corsa cominciava in salita, nonostante il suo tentativo di recuperare ampi settori della società civile, mediante la riattivazione di una rinnovata partecipazione politica bottom-up. Questo percorso rischia di interrompersi bruscamente di fronte al cambiamento di scenario registrato a seguito dei recenti fatti giudiziari. Per Giubilei e per la sua parte politica l’impresa diventa titanica, potendo ora forse contare più che mai sulla forza delle liste civiche prima ancora che sulla capacità di rastrellamento elettorale dei partiti organizzati, in primis del Partito democratico.
Ovviamente, questo clima di incertezza, da Perugia si propaga sul resto della regione e su tutte le città chiamate a rinnovare le proprie istituzioni municipali. Da Foligno a Gubbio, da Bastia a Orvieto, e poi nei comuni più piccoli della regione, per lo schieramento progressista non sarà facile confermare o tornare ad esprimere una proposta vincente. E in questo modo, le energie trasformatrici che si stavano organizzando per riavviare la macchina del centrosinistra rischiano seriamente il definitivo blocco del motore.
Dopo gli anni Ottanta, in Umbria sembra realistica la possibilità di recuperare un vecchio slogan, già coniato per il marketing turistico e ora perfettamente aderente alla nuova situazione politica. Oggi più che mai “l’Umbria è il cuore verde d’Italia”. La Lega ha da tempo puntato la regione, considerandola come suo possibile avamposto nell’Italia centrale, prima ancora di Toscana, Emilia-Romagna e Marche, e su questo sta predisponendo una grossa operazione di costruzione “egemonica” del potere, utilizzando i temi cari della sicurezza e dell’anti-immigrazione, ma anche quelli della questione morale e del buon governo, fino a non molti anni fa cavalli di battaglia della classe politica di centrosinistra.
Nel bel mezzo di questo terremoto, oltre alle imminenti elezioni comunali, nell’autunno prossimo è poi previsto il voto anticipato per il rinnovo del Consiglio regionale e per l’elezione del presidente della Giunta regionale.
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