Molti secoli sono trascorsi da quando l’Europa s’impegnò nell’esplorazione e nella conquista delle terre al di là degli oceani, estendendo il proprio dominio sul Nuovo Mondo e sulle coste dell’Oceano Indiano, e da quando le guerre che si combatterono per il controllo di questi territori erano, in fondo, nient’altro che la conseguenza e il prolungamento dei conflitti tra gli Stati europei. E parecchio tempo ci separa anche dal sogno di esportare i «lumi» al di là dei mari, trapiantando le istituzioni della madrepatria e concedendo autonomia ai territori oltremare – un sogno che si avverò soltanto nelle colonie inglesi del Nord America. Dal Cinque all’Ottocento l’Europa, e in primo luogo i suoi Paesi che si affacciavano sull’Atlantico, ha affermato la propria egemonia sul mondo intero, sottomettendo anche società di antica tradizione come quella indiana e rompendo il secolare isolamento dell’Estremo Oriente. Quell’egemonia è ormai un ricordo del passato: l’Europa non è più il centro del mondo; non lo è più da quando l’ascesa dei nazionalismi ha offerto una giustificazione ideologica alle guerre tradizionali che si combattevano sul proprio suolo, e la Francia napoleonica, prima, e poi la Germania sotto l’egida prussiana hanno preteso di imporre il loro dominio, diretto o indiretto, al continente, con il risultato che sappiamo.

 Oggi l’Europa si trova a muoversi in uno scenario ben diverso, quello di un mondo plurale nel quale essa è uno dei protagonisti, e neppure il più importante. Per rendercene conto basta dare uno sguardo alle guerre che si sono combattute nel corso del Novecento. La Grande guerra fu, in sostanza, un conflitto intra-europeo, che fuori Europa coinvolse soltanto le colonie africane e, tardivamente, gli Stati Uniti. La guerra del 1939-45 ebbe sì uno dei suoi epicentri in Europa, ma a questo ne fece riscontro un altro, un conflitto non meno sanguinoso per il dominio dell’Estremo Oriente e per il controllo dell’Oceano Pacifico. Più tardi la Guerra fredda tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica è stata invece una guerra globale, tra due potenze che incarnavano sistemi politico-economici differenti, e l’Europa non ne fu affatto protagonista; ne fu piuttosto la posta in gioco. La solidarietà anglosassone che aveva consentito la salvezza dell’Europa dal dominio del nazismo si trasformò in una solidarietà più ampia, che coinvolgeva, anche se in diversa misura, tutti i Paesi europei al di qua della cortina di ferro. Era nata così una realtà nuova, l’Occidente, fondata sì su una comune politica di difesa, ma anche su rapporti di mercato, su costumi e modi di vita simili o che tendevano ad assomigliarsi, su una graduale convergenza culturale (alla quale avevano dato un contributo rilevante gli intellettuali ebrei emigrati negli Stati Uniti alla vigilia della guerra).

 

[L'articolo completo, pubblicato sul "Mulino" n. 5/17, pp. 708-726, è acquistabile qui]