Gli effetti della pandemia di Covid-19 abbracciano anche il problema dell’estremismo violento in Occidente. Nel breve periodo, gli estremisti hanno cercato innanzitutto di sfruttare la diffusione del virus per fini propagandistici. Gli jihadisti, in particolare, si sono affrettati a incorporare il nuovo fenomeno nelle loro narrazioni usuali, con strategie retoriche differenti (talvolta persino contraddittorie). Per esempio, alcune organizzazioni jihadiste, come il cosiddetto Stato Islamico, hanno presentato il Coronavirus come una punizione divina contro i “miscredenti”, sottolineando come l’epidemia avesse avuto origine in Cina, aspramente criticata dagli jihadisti per il trattamento riservato alla minoranza musulmana degli Uiguri, e avesse poi colpito duramente l’Occidente, così come l'Iran.
A loro volta, i seguaci dell’estremismo di destra hanno approfittato dell’opportunità della pandemia per rinnovare la sfida all’autorità dei governi, per mobilitare militanti e simpatizzanti, talvolta incitando anche apertamente alla violenza, e per scagliarsi contro gruppi o categorie sociali accusati di essere responsabili dell’infezione (in particolare, cittadini cinesi o semplicemente persone di origine asiatica, ma anche ebrei e altri membri di minoranze etniche o religiose oppure noti capitalisti come Bill Gates e George Soros). Tale attribuzione di responsabilità, fondata sul consueto meccanismo del capro espiatorio, è stata spesso associata a teorie cospiratorie (come, ad esempio, la tesi secondo cui la tecnologia di telefonia 5G favorirebbe la diffusione del virus).
Negli Stati Uniti il movimento estremistico boogaloo, che si pone ufficialmente l’obiettivo di favorire lo scoppio di una “Seconda guerra civile americana”, ha approfittato delle proteste contro le restrizioni per il Coronavirus, così come degli scontri seguiti alla morte di George Floyd, per mobilitare i propri simpatizzanti. Oltretutto, il fatto che oggi tante persone trascorrano ancor più tempo su Internet, a discapito delle interazioni sociali faccia a faccia, può avere l’effetto di incrementare i rischi di radicalizzazione online.
Nel medio e lungo periodo, si può supporre che in Occidente la crisi economica e sociale causata dal Covid-19 possa esacerbare anche atteggiamenti, stati d’animo ed emozioni che sono spesso alla base di varie forme di estremismo violento. Infatti, la pandemia può creare o quantomeno rafforzare atteggiamenti di vulnerabilità, paura, sfiducia e frustrazione che gruppi estremistici di vario orientamento potrebbero sfruttare per i propri scopi. Sentimenti di ira e risentimento causati dalla pandemia o dai suoi effetti potrebbero addirittura spingere gruppi o singoli individui a minacciare o a portare effettivamente a termine atti di violenza, persino senza un chiaro riferimento a una specifica ideologia.
Negli Stati Uniti, per esempio, nel marzo scorso, due uomini sono stati arrestati per aver minacciato atti di violenza politica, rispettivamente contro il governatore del New Mexico e contro il Dipartimento di polizia di Orlando, con l’obiettivo di protestare contro le restrizioni adottate per fronteggiare la diffusione del Covid-19. Inoltre, il 1° aprile a Los Angeles un ingegnere ferroviario è stato arrestato per aver tentato di far schiantare un treno contro una nave militare ormeggiata nel porto della città per assistere la popolazione durante la pandemia; come ha confessato alla polizia, l’uomo pensava che la nave avesse finalità sospette legate persino a un fantasioso piano per l’abbattimento del governo nazionale durante l’emergenza. La corsa del treno si è arrestata contro le barriere a protezione della nave e fortunatamente non ha provocato alcuna vittima. In ogni caso, l’episodio conferma che le teorie cospiratorie possono non essere affatto inoffensive.
Ma particolare attenzione merita il rischio di vere e proprie attività terroristiche. In Occidente la pandemia presenta presumibilmente sia vincoli sia opportunità per attori malintenzionati. Per quanto riguarda i vincoli, si può notare che, nel breve periodo, i movimenti di terroristi per la pianificazione o l'esecuzione di attacchi complessi o per altre attività legate alla minaccia terroristica potrebbero essere meno agevoli, tantopiù a livello internazionale.
Inoltre, in linea di principio, i Paesi in lockdown o con serie restrizioni al movimento delle persone potrebbero offrire un numero minore di obiettivi facili (soft targets) per attacchi indiscriminati contro la popolazione, in particolare in luoghi pubblici al chiuso o su mezzi di trasporto. Tuttavia, i bersagli potenziali della violenza terroristica non sono certamente venuti meno, specialmente per attacchi non sofisticati a opera di singoli attentatori o di piccole cellule. Basti pensare, per esempio, ai due presunti attacchi jihadisti eseguiti da aggressori solitari in Francia, in pieno lockdown, rispettivamente a Romans-sur-Isère il 4 aprile e a Colombes, il 27 aprile, con mezzi rudimentali (rispettivamente, armi da taglio e un veicolo) o all’atto di violenza realizzato, di nuovo da un aggressore solitario armato di un coltello, in un parco di Reading il 20 giugno, definito ufficialmente come “terroristico” dalle autorità britanniche. In generale, è utile rimarcare che i terroristi, abituati ad affrontare un nemico più potente nell’ambito di un conflitto asimmetrico, tendono ad avere notevoli capacità di adattamento. In tema di vincoli, è infine da evidenziare il fatto che nel breve periodo l’attenzione di tutto il mondo per la pandemia di Covid-19 e per le sue conseguenze potrebbe danneggiare la spasmodica ricerca di visibilità e pubblicità che è tipica della maggior parte dei terroristi.
Per quanto riguarda le opportunità, il Covid-19 potrebbe offrire nuovi mezzi o suggerire nuovi spunti di riflessione per azioni terroristiche. Gruppi terroristici o singoli militanti violenti potrebbero, tentare, in primo luogo, di impiegare l’infezione come una sorta di arma. Per esempio, il 16 aprile, il ministero dell’Interno tunisino ha dichiarato che un individuo sospettato di appartenere a una rete jihadista e un altro uomo erano stati arrestati nel Sud del Paese nell’ambito di un’indagine su un “piano terroristico” volto a diffondere il Coronavirus tra le forze di sicurezza tunisine. Ancora più grave è la possibilità che terroristi possano trarre ispirazione dall’attuale emergenza sanitaria e dagli effetti disastrosi che sta creando per costruire vere e proprie armi biologiche, nonostante tutte le difficoltà tecniche e organizzative solitamente associate a questa aspirazione.
Per quanto riguarda la selezione di obiettivi e vittime, ospedali e operatori della sanità potrebbero diventare bersaglio della violenza. Si può ricordare, per esempio, che il 24 marzo in Missouri un simpatizzante di estrema destra, già noto alle autorità, ha perso la vita durante una sparatoria con agenti dell’Fbi che intendevano arrestarlo con l’accusa di aver pianificato un attentato proprio contro un ospedale, dopo aver preso in considerazione altri tipi di bersaglio. Tale minaccia è avvertita anche in Europa, come documentato, per esempio, da dichiarazioni di rappresentanti della polizia britannica.
L’estremismo violento potrebbe anche beneficiare indirettamente di vincoli e limiti che la lotta al terrorismo, e in particolare la sua tradizionale componente di human intelligence (basata sull’impiego di fonti umane), potrebbe incontrare durante questa fase. Nel breve periodo, come esplicitamente menzionato dallo Stato Islamico nella sua propaganda ufficiale, l’attenzione e le energie delle forze dell'ordine potrebbero essere in parte indirizzate verso nuove responsabilità e compiti legati all’emergenza Coronavirus. Inoltre, nel medio e lungo periodo, la crisi sanitaria e le conseguenze che essa sta già causando potrebbero persino indurre alcuni governi a rivedere le proprie priorità di sicurezza nazionale, potenzialmente anche a discapito dell’impegno nella lotta contro l’estremismo.
In conclusione, l’impatto diretto del Coronavirus sull’estremismo violento e il terrorismo in Occidente merita sicuramente attenzione; nondimeno, esso dovrebbe sostanzialmente esaurirsi con lo sviluppo e la somministrazione alla popolazione di un vaccino efficace e sicuro, auspicabilmente nei prossimi mesi. Più profondo e duraturo potrebbe essere invece l’impatto indiretto delle conseguenze economiche, sociali, politiche e culturali della pandemia.
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