Qualche mese fa, la ministra dell'Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, ha firmato un decreto che stanzia 10 milioni di euro per il Fondo che finanzia l’Erasmus italiano. A partire dall'anno accademico 2024-2025, questo fondo incentiverà la mobilità studentesca all'interno del territorio nazionale, offrendo nuove opportunità di studio e formazione. Sono previsti 3 milioni di euro per il 2024 e 7 milioni per il 2025, destinati agli studenti iscritti a percorsi di laurea triennale, magistrale e a ciclo unico, che parteciperanno a programmi di mobilità sul territorio nazionale stabiliti tramite convenzioni tra università. La durata dei programmi potrà variare da 3 a 6 mesi e ogni borsa di studio potrà arrivare fino a un massimo di 1.000 euro mensili. Per accedervi, gli studenti dovranno avere un Isee non superiore a 36 mila euro annui.
Per capire gli effetti potenziali di questo programma, è utile fare riferimento all'Erasmus europeo, uno dei programmi più longevi e apprezzati dell'Unione europea. Nato nel 1987, ha permesso a circa nove milioni di studenti di vivere esperienze all'estero, migliorare le competenze linguistiche e potenziare le prospettive occupazionali. Con le risorse aggiuntive destinate dalla Commissione europea al programma Erasmus+ per il periodo 2021-2027, il numero di studenti universitari che trascorreranno un periodo all'estero è destinato ad aumentare ulteriormente.
La mobilità internazionale, oltre ai benefici sociali derivanti dalla promozione di valori europei comuni, integrazione sociale e comprensione interculturale, offre anche vantaggi privati come migliori opportunità nel mercato del lavoro. L'esperienza all'estero può migliorare le competenze individuali attraverso l'apprendimento di nuove lingue e l'acquisizione di soft skills come l'adattabilità e l'indipendenza. Gli effetti positivi possono anche derivare dall'accesso a istituti di istruzione superiore di qualità più alta rispetto a quelli di provenienza degli studenti. Inoltre, la partecipazione al programma può segnalare ai datori di lavoro attitudini apprezzate nel contesto produttivo, quali quelle all'adattamento e alle nuove esperienze.
La mobilità internazionale, oltre ai benefici sociali derivanti dalla promozione di valori europei comuni, integrazione sociale e comprensione interculturale, offre anche vantaggi privati come migliori opportunità nel mercato del lavoro
Proprio perché le studentesse e gli studenti si auto-selezionano nel programma, non è facile valutarne gli effetti: alcune competenze e inclinazioni apprezzate sul mercato del lavoro potrebbero aver preventivamente determinato l’adesione al programma piuttosto che essere state acquisite grazie a esso. Non mancano però studi che, utilizzando tecniche statistiche per superare questo problema, hanno cercato di valutarne l’impatto su diversi outcome. Le evidenze non sono tutte concordanti: mentre alcuni lavori mostrano effetti positivi sulla probabilità di occupazione, altri non trovano impatti significativi e quello che riscontrano è soprattutto un incremento nella probabilità di lavorare e vivere all’estero.
In merito all’Italia, recentemente due studi basati rispettivamente sui dati dell’Università di Bologna e su quelli dell’Università della Calabria hanno mostrato effetti positivi. Entrambi gli studi sfruttano il fatto che ogni anno le borse di studio disponibili per il programma vengono assegnate agli studenti con una posizione al di sopra di una certa soglia, in una classifica specifica basata sulla media dei voti ottenuti agli esami e sul numero di crediti acquisiti. Questa particolare caratteristica permette di utilizzare tecniche che confrontano gli studenti che si sono collocati attorno alla soglia e che quindi sono presumibilmente simili tra loro. Il primo studio si concentra sull’esame degli effetti del programma Erasmus sul rendimento accademico degli studenti, riscontrando un impatto positivo sul voto di laurea finale e sulla media dei voti prima della laurea. Il secondo esamina anche gli effetti sul mercato del lavoro mostrando che la mobilità internazionale aumenta la probabilità di occupazione e riduce il tempo impiegato dagli studenti per trovare un lavoro dopo la laurea. Questi effetti sono principalmente guidati dai laureati maschi e in discipline Stem e sono maggiori per coloro che hanno trascorso un periodo di studio in un'istituzione di qualità relativamente superiore. Coerentemente con quanto riscontrato per gli studenti dell’Università di Bologna, anche per gli studenti dell’ateneo calabrese trascorrere un periodo di studio all'estero influenza positivamente (soprattutto per studenti maschi e Stem) sia il voto di laurea sia la probabilità di laurearsi con lode.
Si consideri che, attualmente, circa il 30% degli studenti meridionali si immatricola in atenei del Centro-Nord, mentre solo circa il 2% degli studenti del Nord si sposta verso il Sud
L'Erasmus italiano, ispirandosi all'esperienza europea, potrebbe portare benefici simili? Analogamente all'Erasmus internazionale, l'esperienza di studio in un'altra regione italiana può aiutare gli studenti a sviluppare competenze trasversali, come l'adattabilità e l'apertura a nuove esperienze, migliorando le loro prospettive occupazionali. Il programma potrebbe favorire la mobilità verso le università del Sud, che spesso vedono un elevato numero di studenti migrare al Nord senza un corrispondente flusso in entrata. Si consideri che, attualmente, circa il 30% degli studenti meridionali si immatricola in atenei del Centro-Nord, mentre solo circa il 2% degli studenti del Nord si sposta verso il Sud. Il programma può da una parte consentire agli studenti meridionali di scegliere un’università del Sud, garantendosi comunque un’esperienza formativa in un altro ateneo. D’altra parte, esso può dare occasione agli studenti del Nord di conoscere le buone opportunità formative che molti atenei meridionali offrono al pari degli atenei del settentrione. L’interazione tra studenti di diversa provenienza geografica favorirebbe lo scambio culturale e l’innovazione, sarebbe un primo piccolo passo per creare un ambiente meno provinciale di quello che attualmente si respira in molte università più periferiche dove sia il corpo docente sia quello studentesco provengono dalla stessa regione in cui ha sede l’università. Certo, affinché funzioni, le università del Sud devono sforzarsi di diventare più attrattive, di migliorare la qualità dei servizi offerti e di fare reclutamento di qualità.
Non mancano esempi di casi in cui ciò è già avvenuto. Nella mia area disciplinare, il dipartimento di Economia e Statistica della Federico II di Napoli è una realtà in grado di attirare giovani ricercatori da tutto il mondo, ma esempi simili non sono difficili da individuare in diversi ambiti disciplinari e in diverse regioni. Le risorse coinvolte sono poche e molto dipenderà dalla capacità che le università avranno di accogliere gli studenti in ingresso (di primaria importanza il problema degli alloggi e gli affitti elevati che caratterizzano molte sedi universitarie), ma può rappresentare una buona occasione di conoscenza del Sud, area geografica che forse oggi è per molti giovani più sconosciuta e mentalmente lontana di tanti Paesi europei.
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