Il marxismo e il papa sotto il cielo di Cuba. Il viaggio di papa Benedetto XVI in Messico e a Cuba restituisce, significativamente lontano da Roma, una sensazione di normalità a un pontificato scosso negli ultimi tempi da inconsuete rivelazioni sugli scontri interni alla Curia romana e nei suoi rapporti con la Chiesa italiana. Il lento e inevitabile declino delle energie del papa (85 anni il prossimo 16 aprile) sono tuttavia soltanto un corollario e non la spiegazione della rarità dei viaggi internazionali di Benedetto XVI: il ventitreesimo all’estero, ma solo il primo in un Paese ispanofono dell’America Latina
Il viaggio in Messico e a Cuba porta il papa nel più importante Paese del Centro America e nell’isola al centro politico e geografico dei Caraibi. Entrambi i Paesi, situati in un continente in crescita economica ma caratterizzato da ineguaglianze ancora più crescenti, si trovano in una situazione politica e sociale molto delicata. La situazione del Messico appare sempre più grave, a causa della guerra al narcotraffico che ha raggiunto dimensioni da guerra guerreggiata (alcune cifre parlano di 60 mila morti). Il Messico è alla vigilia delle elezioni politiche del luglio prossimo, che vedono la Chiesa interessata a sostenere il partito conservatore, Partido Acción Nacional. Dal punto di vista ecclesiale e missionario, in Messico la sfida proviene dalle Chiese evangelicali e pentecostali di matrice statunitense che sottraggono sempre più fedeli alla Chiesa cattolica, anche grazie a un marketing religioso aggressivo che può contare su ingenti capacità di investimento finanziario. Ma la questione principale è quella della gestione dell’eredità lasciata dallo scandalo della doppia e tripla vita del fondatore dei Legionari di Cristo, il sacerdote messicano Marcial Maciel (morto nel 2008). Il mancato incontro del papa con le vittime del pedofilo Maciel lascia un’ombra sull’opera di pulizia dei Legionari affrontata dal pontificato. Le parole del cardinale e arcivescovo emerito di Guadalajara, Juan Sandoval «Se non lo sapevano i Legionari, non lo sapevamo neanche noi» testimonia che quell’opera di pulizia non è stata capace di indurre tutti i livelli della Chiesa ad un maggiore senso di responsabilità, almeno nell’evitare di mentire.
La visita a Cuba ha maggiore rilievo internazionale, a causa del lento consumarsi della dittatura dei fratelli Castro. Là la Chiesa è interessata ad agevolare una transizione che non interrompa la lenta ripresa della presenza dei cattolici nell’isola, iniziata nel 1998 con la storica visita di Giovanni Paolo II. L’attività pubblica della Chiesa è ora più visibile (con la costruzione di nuove chiese e soprattutto di un nuovo seminario), ma ancora lontana dall’essere veramente libera. La Chiesa fornisce aiuti alla popolazione e un Welfare integrativo, più che alternativo, a quello agonizzante del regime castrista, che di recente ha cambiato tattica nei confronti del dissenso, con la cosiddetta «repressione di bassa intensità». La scommessa della Chiesa è su una transizione verso un regime democratico che dal punto di vista geopolitico non riconsegni l’isola nelle mani dell’influenza di marca coloniale degli Stati Uniti; dal punto di vista sociale e culturale, una transizione che offra un esito diverso da quello dei paesi europei transitati negli anni Novanta dal comunismo al consumismo, e infine ad una secolarizzazione che non ha restituito alla chiesa il credito accumulato nella lotta anticomunista. Il sincretismo religioso che caratterizza parte del cattolicesimo cubano e l’oltranzismo anticastrista degli esuli cubani di Miami non sono elementi rassicuranti per il futuro della chiesa a Cuba. L’emergere di tensioni interne alla Chiesa di Cuba e con la comunità degli esuli anticomunisti cubani circa l’atteggiamento tenuto dalle gerarchie ecclesiastiche nei confronti del regime non è unica nella storia dei rapporti tra Chiesa e regimi comunisti: da sempre gli strateghi della Ostpolitik vaticana sono impegnati a controllare i propri irriducibili non meno che a trattare col nemico.
Dal punto di vista del ruolo religioso della Chiesa in America Latina, la questione dell’immigrazione ha un ruolo cruciale nel definire il futuro del peso del cattolicesimo. Il Messico è allo stesso tempo Paese di partenza e di transito per i flussi migratori che hanno radicalmente ridisegnato il profilo del cristianesimo in Nordamerica, e il cattolicesimo americano teme di vedere la Cuba post-castrista svuotarsi di cattolici e riempirsi di casinò. Anche in relazione all’ascesa della Chiesa statunitense nei ranghi del cattolicesimo mondiale, lo scenario latinoamericano rimane centrale per il futuro, in un pontificato come quello di Benedetto XVI che tuttavia era e rimane culturalmente e teologicamente eurocentrico.
Infine, colpisce – ma non stupisce – la mancata menzione del martirio di Oscar Romero da parte di un papa in visita in America Latina a 32 anni esatti dal suo assassinio (24 marzo 1980).
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