L'Ucraina e il lungo inverno russo. I risultati del ballottaggio presidenziale che si è tenuto domenica 7 febbraio in Ucraina non hanno riservato particolari sorprese. Come osservava Gregorio Baggiani all’indomani del primo turno [http://www.rivistailmulino.it/news/newsitem/index/Item/News:NEWS_ITEM:336], la rivoluzione arancione è definitivamente tramontata, nonostante Yulia Tymoshenko - che non ha ancora riconosciuto la sconfitta - abbia provato a rispolverarne la bandiera in extemis. Ma con pochissima credibilita’. Tymoshenko aveva rotto la coalizione “democratica” immediatamente dopo la vittoria del 2005. Grande oligarca con diverse e poco chiare vicende giudiziarie, Tymoshenko in questi anni si e’ soprattutto preoccupata dei propri affari. Resasi conto che l’Europa non era assolutamente interessata all’Ucraina non ha esitato, al contrario del presidente Yuschenko, a riallacciare i rapporti con la Russia di Putin. Al contempo, le varie promesse di un’Ucraina migliore sono cadute nel vuoto. Gli elettori avevano punito duramente Yuschenko nel primo turno e sembrano ora aver infine premiato Yanukovich nel ballottaggio. Nonostante le proteste di Tymoshenko una ripetizione di quel che successe nel 2004-2005 sembra altamente improbabile.
In primo luogo, in cinque anni il mondo è cambiato. L’Ucraina era ed è un crocevia strategico allora come oggi, ma gli interessi delle grandi potenze non sono più gli stessi. Gli Stati Uniti che sotto la presidenza Bush avevano un atteggiamento molto ostile nei confronti della Russia – sia con il sostegno alla rivoluzione arancione, sia con l’appoggio a Saakashvili in Georgia – hanno adesso problemi ben più gravi da affrontare e sembrano piuttosto disinteressati alle sorti dell’Europa. L’annunciata assenza di Obama al vertice Usa-Europa di Madrid non fa altro che confermare tale impressione. L’Europa stessa si e’ dimostrata diffidente se non ostile all’avventura democratica dell’Ucraina. Yuschenko – ed in parte Tymoshenko – fecero campagna elettorale promettendo di portare il paese nella UE ma a Bruxells nessuno ha mai preso in seria considerazione tale opzione. Anzi, i rapporti tesi tra Ucraina e Russia hanno infastidito e preoccupato Berlino e Roma, dipendenti dal gas russo e minacciate dalle ricorrenti interruzioni di rifornimenti. Meglio un’Ucraina stabile anche se in orbita russa che un elemento di instabilità alle porte di casa.
Infine, la Russia. Nel 2004-2005 era intervenuta pesantemente nelle elezioni presidenziali, irritando molti ucraini che avevano di conseguenza scelto Yuschenko. Questa volta Putin e Medvedev hanno tenuto un atteggiamento molto più cauto. Scalzare il presidente uscente era il principale obiettivo ed è stato raggiunto con grande facilità. Nonostante Mosca continui a preferire in maniera evidente Yanukovich, anche la vittoria di Tymoshenko non sarebbe stata vissuta come una sconfitta. Per Yulia la pasionaria gli affari sono affari e questo atteggiamento molto pragmatico era stato apprezzato dal Cremlino negli ultimi anni.
Senza il sostegno attivo dell’Occidente, la rivoluzione arancione si è dimostrata ben poca cosa, con basi fragili e una coalizione eterogenea e incapace di adottare una linea politica chiara e determinata. Le innumerevoli liti tra presidente e primo ministro avevano gettato il paese nel caos. Il paese è rimasto dominato dagli oligarchi, esattamente come lo era stato sotto Kuchma. Oligarchi che, divisi nel sostegno tra i due diversi schieramenti, non temevano certo di essere scalzati dai loro posti di potere neppure oggi. Al pari che in Russia, il loro potere è incontrollato. Certo non poteva infastidirli un presidente debole come Yuschenko, egli stesso ostaggio di quelle potenti lobby. Ancor meno hanno oggi da temere da Yanukovich che rappresenta il braccio politico di quegli interessi, né certo li avrebbe intimoriti Yulia Timoshenko, una oligarca lei stessa. In una tale situazione, con tutta evidenza, gli ucraini hanno smesso di credere di poter cambiare le cose. Il grigio Yanukovich ha prevalso, confortato anche dagli osservatori OSCE che hanno decretato la regolarita’ delle elezioni e dalla Commissione elettorale che ieri lo ha proclamato presidente. Un colpo di mano, o di piazza, della Tymoshenko - che pure rifiuta ostinatamente di riconoscere la sconfitta - sembra sempre piu’ improbabile. La stagione delle arance sembra essere irrimediabilmente finita.
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