Il Bundestag ha da poco approvato l’inserimento nella Costituzione (il Grundgesetz) delle regole di designazione dei giudici della Corte costituzionale che finora erano definite da una legge ordinaria. I giudici della Corte costituzionale durano in carica per un massimo di dodici anni o fino al sessantottesimo anno di età e sono scelti per metà dal Bundestag e per metà dal Bundesrat con una maggioranza dei due terzi.

Queste regole sono state ora inserite nella Costituzione così come il numero dei giudici (sedici) e la divisione in due senati dell’organo. La votazione è stato il punto di arrivo di una trattativa tra le forze di governo e l’unione Cdu-Csu, volta a garantire l’indipendenza dell’alta Corte in caso dell’ascesa di un governo di estrema destra. Infatti, con l’inserimento in Costituzione, ogni modifica della struttura della Corte richiederà una maggioranza di due terzi. A muovere i politici tedeschi erano state l’esperienza polacca e quella ungherese, in cui i partiti di destra avevano preso di mira l’indipendenza della magistratura. «La giustizia è sotto il fuoco degli antidemocratici perché democrazia e Stato funzionano solo insieme» ha sottolineato, nel suo discorso al Bundestag, la deputata verde Katja Keul. Esclusi dalle trattative erano state la AfD, la Linke e il neocostituito partito di Sarah Wagenknecht. In sede di votazione la Linke si è però unita ai partiti promotori della modifica, mentre gli altri due partiti hanno votato contro.

A muovere i politici tedeschi erano state l’esperienza polacca e quella ungherese, in cui i partiti di destra avevano preso di mira l’indipendenza della magistratura

La Corte costituzionale tedesca svolge una funzione fondamentale anche nel processo di difesa della democrazia. È infatti la Corte che decide sul divieto di partiti che siano contrari ai valori fondativi della carta. L’esempio tedesco ci richiama a uno dei fattori fondamentali della democrazia, il sistema di bilanciamento e di indipendenza dei poteri, un fattore che a volte anche nelle democrazie viene criticato come impedimento alla rapidità della decisione politica o come limite posto alla volontà degli elettori. In questo secondo caso i sostenitori di questa tesi spesso dimenticano che un governo eletto a maggioranza opera per tutti, ma è pur sempre eletto da una parte e che il sistema di contrappesi serve a garantire contro gli abusi le minoranze e/o contro trasformazioni autoritarie del sistema.

Lo Statuto albertino fu modificato con legge ordinaria dal fascismo anche perché non erano stati fissati paletti alla sua revisione, mentre Hitler fece ricorso all’articolo 48 della Costituzione di Weimar stravolgendone le finalità grazie anche all’assenza di una delimitazione del campo di applicazione dell’articolo. Intendiamoci: nei due casi citati la situazione politica generale e la posizione dei due partiti al potere e la loro forza eversiva avrebbe probabilmente superato le tutele normative, ma in una fase di crisi la protezione della Costituzione potrebbe fare la differenza e quantomeno ostacolare e/o rallentare la trasformazione in senso autoritario di uno Stato. Del resto, il pericolo che incombe sulle democrazie non è tanto una marcia per la presa del potere con miliziani in uniforme, quanto lo svuotamento delle regole della democrazia e l’annullamento della separazione dei poteri.

Tra la democrazia liberale e la dittatura ci sono molte forme intermedie, come l’autoritarismo elettorale descritto dallo scienziato politico Matovski pensando in verità ai Paesi dell’Est Europa: un sistema multipartitico con elezioni non propriamente libere all’interno di un sistema di regola che concede un eccessivo potere al governo e non tutela appieno le libertà fondamentali consentendo al partito al potere di poter controllare il processo elettorale. La Germania non corre ovviamente alcun pericolo imminente, ma i suoi politici, ancora memori del loro passato, hanno pensato bene di mettere in sicurezza le modalità di designazione delle istituzioni di garanzia.

I politici della Germania, ancora memori del loro passato, hanno pensato bene di mettere in sicurezza le modalità di designazione delle istituzioni di garanzia

Del resto, preoccupazioni analoghe sono emerse in merito all’azione dell’Ufficio per la difesa della Costituzione che vigila sulle attività di gruppi che possono mettere in pericolo l’ordine democratico anche sotto il profilo dei valori. L’ente ha una struttura federale in cui gli uffici regionali sono autonomi e soggetti al controllo dei parlamenti dei Länder oppure dipendono dai loro ministeri degli Interni. Per esempio, in Sassonia le indagini condotte da altri uffici regionali possono essere condotte solo in accordo con l’ente locale. In Turingia le Autorità del Land sono all’interno del ministero degli Interni. Cosa accadrebbe dunque se AfD diventasse partito di governo in un Land? Potrebbe influenzarne l’azione assumendone il controllo, magari anche ostacolando indagini sul proprio partito? Sono domande a cui non è possibile dare una risposta, ma certamente esse discendono da una legittima preoccupazione considerando anche la cooperazione e lo scambio di informazioni tra ufficio federale e uffici dei vari Länder. Sembra che l’ufficio federale stesse per classificare come estremista il partito, una designazione che consentiva indagini più approfondite sul partito, ma la prossimità delle elezioni anticipate ha arrestato la procedura per non influenzare la campagna elettorale.

Alla base di queste discussioni esiste però un problema sostanziale che rimanda al concetto di democrazia protetta (streitbare o werhafte Demokratie) che discende dal concetto di freiheitliche demokratische Grundordnung (libero ordine democratico) e dalla sua evoluzione nel tempo. Pensata come azione proattiva in difesa della democrazia per non ricalcare le orme di Weimar, esso portò negli anni Cinquanta al divieto del neonazista Partito socialista del Reich e del partito comunista. Negli ultimi anni questo concetto è stato oggetto di discussione anche a seguito del fallimento della procedura di divieto del partito neonazista NpD e da più parti è stato rilevato un mutamento giurisprudenziale che ha posto sempre attenzione non più solo ai valori antidemocratici di un partito, ma anche all’effettivo pericolo di messa in atto di tali valori. Critici del concetto come Horst Meier hanno richiamato l’attenzione sulla sostanziale differenza politica tra vietare una piccola setta di fanatici e un partito con significativi risultati elettorali. Anche chi riconosce la validità del concetto di democrazia protetta tende però a ridimensionarne l’applicazione entro confini che siano giuridicamente chiari. In sostanza, non sembra che il concetto di democrazia protetta possa essere sufficiente ad arrestare l’avanzata elettorale dell’estrema destra.

Se da un lato ancorare alla Costituzione aspetti essenziali dello Stato di diritto è certamente saggio, dall’altro la strada maestra per sconfiggere chi vuole delegittimare la democrazia non può escluderlo dall’arena politica, ma può sconfiggerlo sul suo stesso terreno dimostrando la superiorità del sistema democratico. In fin dei conti se indubbiamente alcune debolezze istituzionali favorirono la crisi della Repubblica di Weimar, la delegittimazione del sistema derivò anche dall’incapacità dei partiti di soddisfare le aspettative degli elettori che, delusi dal sistema, cercarono la risposta nel partito antisistema. La soluzione va dunque ricercata nella sfera politica più che in quella giudiziaria.