La terza pagina del "Foglio" di ieri è un ampio articolo (I neoilliberisti, di Luciano Capone e Alberto Mingardi) scritto in risposta al mio ultimo editoriale su "Repubblica" (Putin e un progresso senza diritti, uscito l'8 luglio). Capone e Mingardi contestano la tesi che provo ad argomentare nel mio pezzo, sostenendo che "ciò che unisce Salvini e Putin non è la flat tax, bensì il culto dello Stato". La loro analisi è peraltro piuttosto articolata, e in quanto tale meriterebbe un'ampia discussione. Fin da subito, tuttavia, mi preme segnalare quelli che a mio giudizio sono un paio di problemi piuttosto seri. Il primo riguarda ciò che ho scritto nel citato articolo su “Repubblica” (vale a dire l'oggetto della disputa). Francamente non ho sostenuto che Salvini e Putin sono accomunati dal neo-liberismo, come Capone e Mingardi sostengono avrei fatto. Il discorso è un po' più ampio. Quello che unisce Salvini e Putin è piuttosto l’idea che sia auspicabile un “capitalismo senza diritti”. Peraltro non mi riferivo solo a loro: ma anche a Trump, alla Cina, agli Emirati Arabi. Alcuni di questi Paesi hanno indirizzi più neo-liberisti di altri, o meglio liberisti in alcuni ambiti (la flat tax o qualcosa di simile in Trump, Putin, Salvini; il liberoscambismo in Cina; addirittura, a Dubai, il paradiso fiscale e la liberalizzazione estrema dei movimenti di capitale, l'apertura agli immigrati ma solo come forza lavoro, senza diritti), magari interventisti in altri (il protezionismo in Trump, l'impresa pubblica in Cina). Tutti accomunati dall’idea che il capitalismo debba fare a meno dei diritti umani. Il problema che io evidenziavo nel mio pezzo, un problema a mio giudizio di portata epocale (“il tema del nostro tempo”), è questo: la separazione fra capitalismo e diritti umani, cioè fra il capitalismo e la democrazia liberale, di cui Trump e Salvini sono i campioni in Occidente. Gli autori dell'articolo sul “Foglio” non l’hanno colto (colpa mia?), o forse non gli interessa; comunque non ne parlano.
Peraltro io non scrivo nemmeno, come pure mi attribuiscono Capone e Mingardi, che il capitalismo senza diritti caratterizza il “populismo contemporaneo”: ci sono forme di populismo anti-capitalista, ad esempio Chávez; e ci sono forme di populismo di sinistra che credono fermamente nei diritti, ad esempio Podemos. Io mi riferivo ai sovranisti, quelli di destra in particolare, e per l'Italia alla Lega in modo specifico. Capone e Mingardi, invece, nel loro pezzo mettono insieme i due fenomeni e, di conseguenza, per l'Italia mettono insieme il giudizio sulla Lega, che ha un'ideologia almeno in parte neo-liberale (Colin Crouch in suo recente articolo per “il Mulino”, L'Europa oltre il neoliberismo, la cataloga fra i "nazionalisti neoliberali") con quello sul governo giallo-verde, che fa politiche che si possono definire neo-peroniste (sulla definizione io e Capone e Mingardi concordiamo: ma si riferisce a un'azione di governo che comprende anche i 5 Stelle). Questo se vogliamo è un punto minore, ma fa da trait d'union fra i due problemi più seri.
Il secondo problema serio riguarda infatti il merito della tesi di Capone e Mingardi. Scrivono gli autori che per Salvini e Putin “non conta la ricchezza, ma redistribuirla”. Questo però è (al limite) quello che vogliono far credere Salvini e Putin. Ma è un inganno! E noi dovremmo guardare alla sostanza delle cose, non alla propaganda. La Russia di Putin ha livelli di disuguaglianza ben più alti dell’Europa, così come anche Trump sostiene politiche che aumentano le disuguaglianze (tagliare le tasse a partire dai più ricchi, ridurre il Welfare e i servizi). Quanto alla Lega, la sua azione di governo è mediata dall’Unione europea e dall’alleanza con i 5 Stelle. Ma le sue proposte, quelle caratterizzanti, sono tutte per l’aumento delle disuguaglianze: fra i territori (autonomia differenziata, specie per come vorrebbe attuarla la Lega), fra le classi sociali (flat tax; persino nella versione attuale, che non è flat tax, secondo le analisi sulla pressione fiscale reale poiché vengono tolte le detrazioni in media ci guadagnerebbero i redditi medio-alti e ci perderebbero quelli più bassi); per certi aspetti anche fra le generazioni (Quota 100). La priorità di Salvini, di Putin, di Trump non è certo la distribuzione: questo è quello che il "capitalismo senza diritti" vuol far credere agli elettori, per prendere voti. Peraltro, e non è un caso, anche in Cina le disuguaglianze sono oggi molto più alte che in Europa.
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