Le più recenti elezioni politiche in Svezia si sono tenute lo scorso settembre in un momento storico eccezionale, in un Paese travolto dall’insicurezza sia interna – a causa di scontri tra gruppi criminali in alcune grandi città – che esterna – per via dell’incertezza di un Paese che è passato da decenni di neutralità a voler diventare membro della Nato nei mesi successivi all’invasione russa dell’Ucraina.
E proprio l’insicurezza percepita ha caratterizzato una campagna elettorale che mai era stata tanto incentrata sul personalismo dei candidati a discapito dei concreti contenuti elettorali. Da un lato, il centrosinistra, con lo storico e tradizionalmente fortissimo partito socialdemocratico al governo dal 2014, ha scelto una campagna elettorale caratterizzata da una parziale autocritica su ciò che il proprio governo aveva fatto. Lo slogan “insieme possiamo rendere la nostra Svezia migliore” è forse rimasto un messaggio troppo ambiguo che tentava in qualche modo di conciliare un desiderio di cambiamento con una certa continuità. La socialdemocratica Magdalena Andersson, Prima ministra uscente, ha cercato di risolvere la questione Nato prima delle elezioni, facendo domanda affinché la Svezia ne diventasse membro prima dell'estate 2022. Pensava che questa mossa di risolutezza in un momento di grande incertezza avrebbe portato l’opinione pubblica indecisa a votare a favore dei socialdemocratici. Cosa che non è accaduta. Molti elettori, preoccupati dal clima di insicurezza generale, soprattutto interna, si sono invece rivolti alla coalizione di centrodestra. I partiti di quest’ultima hanno condotto una campagna estremamente ambigua ma che alla fine ha pagato in termini politici. I tre partiti di centrodestra (i Moderati, i Cristianodemocratici e i Liberali) non si sono mai detti apertamente intenzionati a creare una coalizione con il partito xenofobo di estrema destra dei Democratici Svedesi. Nel contempo questi tre partiti di centrodestra si sono appropriati di orientamento, linguaggio e posizione tradizionalmente di estrema destra. Durante la campagna, le locandine mostravano quello che sarebbe poi diventato il primo ministro svedese Ulf Kristersson promettere: “Ora facciamo un po’ d’ordine in Svezia”.
Molti elettori, preoccupati dal clima di insicurezza generale, soprattutto interna, si sono rivolti alla coalizione di centrodestra, i cui partiti hanno condotto una campagna estremamente ambigua ma che alla fine ha pagato
Il risultato è stato tanto annunciato quanto sorprendente. Come da tradizione, il primo partito alle elezioni è rimasto comunque il partito socialdemocratico con una percentuale del 30,3%: tanti svedesi hanno comunque scelto il partito di centrosinistra guidato dalla Prima ministra uscente. Sorprendentemente secondi sono stati i Democratici Svedesi di estrema destra che hanno ottenuto uno strabiliante 20,5% affermandosi per la prima volta come secondo partito e confermando la loro strabiliante ascesa negli ultimi decenni, superando per la prima volta il partito di centrodestra dei Moderati che ha ottenuto il 19%. Alcuni partiti più piccoli hanno visto i loro consensi ulteriormente ridotti, soprattutto il partito di sinistra contrario all’ingresso nella Nato e il partito dei liberali che ha deluso i propri elettori europeisti e cosmopoliti con la sua svolta a destra. Contando i seggi è emersa una situazione particolare: mettendo insieme tutti i partiti e partitini, la coalizione di centrodestra ha ottenuto un buon successo offrendole un’opportunità tanto unica quanto controversa. Il blocco di centrodestra costituito dai Moderati, dai Cristianodemocratici e dai Liberali ha infatti deciso – non senza controversie – di creare un governo di minoranza e di beneficiare del supporto esterno dei Democratici Svedesi, rompendo un tabù lungo 20 anni.
È la prima volta nella storia svedese che un partito di estrema destra, nazionalista, xenofobo con origini fasciste e apertamente contrario all’immigrazione diventa secondo partito e fornisce un supporto esterno al governo, cosa che sarebbe stata considerata impensabile anche solo pochi anni fa. La narrativa bipartisan fino alle elezioni precedenti (nel 2018) è stata di ostracizzare questo partito di estrema destra, pensando che così facendo, si sarebbe naturalmente indebolito. Ma di fatto è accaduto il contrario, vista l’inesorabile e folgorante ascesa di tale partito, che è passato da appena il 2,9% dei consensi nel 2006 al 20,2% nel 2022. Il polo di centrosinistra, che include il partito di Sinistra, i Socialdemocratici, il partito Ambientalista e il partito di Centro si continuano a professare contrari alla normalizzazione di questo partito di estrema destra. La coalizione di centrodestra ha invece scelto di porre fine all’erosione di voti in fuga verso l’estrema destra prima spostandosi sempre più a destra nel suo contenuto politico e da ultimo aprendo le porte alla normalizzazione. Al momento quindi la situazione è la seguente: il governo di minoranza di centrodestra è composto da: i Moderati con 68 seggi al Riksdag (il Parlamento monocamerale svedese), i Cristianodemocratici con 19 seggi e i Liberali con 16. Il partito di estrema destra dei Democratici Svedesi sostiene questo governo di minoranza di centrodestra con 73 seggi dando loro una stringata maggioranza: 176 seggi e contro i 173 dell’opposizione.
Che cosa sta accadendo ora? Il programma di governo è già molto dibattuto e già si notano i primi cambiamenti. Il ministero della Transizione ecologica è stato cancellato, mostrando il poco interesse della coalizione attuale a sostenere questioni ambientali in forte contrasto con l’attenzione tradizionale della Svezia verso le questioni climatiche. L’altro atto estremamente controverso è stato il cancellare la politica estera femminista, che tanto aveva fatto per esportare valori e norme di uguaglianza e rispetto dei diritti umani. Tagli significativi vengono imposti anche a tutte le agenzie che si occupano di aiuti umanitari e di cooperazione allo sviluppo. Un altro problema del partito dei Democratici Svedesi è il fatto di contenere una pluralità di visioni sulle quali la leadership del partito può o vuole avere relativamente poco controllo, alcune delle quali chiaramente antidemocratiche. In ottobre una giovane parlamentare dei Democratici Svedesi, Rebecka Fallenkvist, ha rilasciato dichiarazioni infelici su Anna Frank descrivendola come una “immorale”. I Democratici Svedesi se ne sono timidamente distanziati e la parlamentare è poi stata sospesa. Molti membri del partito condividono posizioni razziste, discriminatorie e xenofobe, volte a ristabilire canoni tradizionali di “svedesità” e di omogeneità sociale in un Paese dove le persone di origine straniera sono il 25%.
Nel novembre 2022, il governo ha poi annunciato la sua intenzione di stabilire un canone culturale. I Democratici Svedesi hanno giustificato questa iniziativa scrivendo della sua necessità per via di “una mancanza di interesse generalizzato per le questioni di politica culturale, lo sradicamento, la rimessa in questione dell’esistenza stessa della cultura svedese”. La ministra della cultura di centrodestra, Parisa Ljljestrand, ha pienamente recepito questa linea, proposta dall’estrema destra, quasi parola per parola. 35 scrittori svedesi hanno reagito in maniera molto forte in una tribuna poi pubblicata dalla rivista "Expressen" scrivendo: “Un canone culturale creato dallo Stato non ha il suo posto nella democrazia”. Il rischio è che le posizioni del governo sulle questioni culturali siano direttamente importate dal programma dei Democratici Svedesi e che quindi la cultura diventi un altro modo di definire in maniera restrittiva che cosa si intenda per svedesità. La più recente iniziativa è poi l'intenzione esplicita di dare la caccia ai migranti illegali che includerà controlli molto dettagliati, tra cui un controverso controllo del Dna ma anche l’obbligo per i funzionari dello Stato di denunciare i migranti illegali, spesso bisognosi di protezione, creando quella che è stata chiamata da molti critici una “pratica di delazione”, comune nelle autocrazie.
La inesistente esperienza politica dei Democratici Svedesi, le loro posizioni oltranziste e la straordinaria influenza che hanno sulla compagine governativa non promettono niente di buono
L’altro elemento spinoso riguarda l’ingresso della Svezia nella Nato che deve ancora essere ratificato dalla Turchia e dall’Ungheria. Nonostante la Svezia (con la Finlandia) e la Turchia abbiano firmato un memorandum di accordo allo scorso summit della Nato, il giorno dopo Erdogan ha sconfessato e nuovamente minacciato che non avrebbe ratificato. L’attuale coalizione di governo si trova a dover chiudere le negoziazioni con la Turchia che sta tentando di ottenere l’estradizione di molteplici leader curdi residenti in Svezia. Il rischio è che molti rifugiati politici siano utilizzati come merce di scambio e finora l’attuale governo è stato poco chiaro su che cosa è disposto a concedere. Per fortuna, la Corte suprema svedese sembra aver scelto una linea protettiva, avendo rigettato lo scorso 19 dicembre la domanda di estradizione richiesta per il giornalista Bülent Kenes, di fatto un rifugiato politico. La situazione securitaria della Svezia non è veramente a rischio, sia perché ci sono garanzie di sicurezza bilaterali da parte di Paesi Nato, sia per la evidente incompetenza delle forze armate russe, ma è certo che la situazione dell’ingresso nell’Alleanza atlantica andrebbe risolto velocemente e senza eccessivi scivoloni.
Ma tutto ciò in quale contesto accade? La Svezia è un Paese le cui ineguaglianze sono cresciute in maniera molto significativa negli ultimi anni. Tradizionalmente visto e percepito come una sorta di Paese perfetto, la Svezia rimane un Paese piuttosto egalitario ma lo è in misura sempre minore. Oxfam ha pubblicato un report che classifica la Svezia al ventesimo posto per diseguaglianze economiche mentre la Francia per esempio si piazza ben al dodicesimo. Questo risultato sorprendente si spiega in parte per via delle tasse altissime sui salari ma è anche il sintomo di un fenomeno più profondo: secondo Andreas Cervenka nel suo libro Girig-Sverige (la Svezia avida) il giornalista descrive come la folkhemmet (la casa del popolo) si sia trasformata in “un paradiso per i super ricchi” mentre le persone sotto la soglia di povertà non sono mai state così tante.
Interessante è notare che le diseguaglianze non siano state l’oggetto principale della campagna elettorale che si è incentrata invece su immigrazione e sicurezza. Come in molti altri Paesi, l'immigrato viene visto come il problema e non parte della soluzione mentre le ineguaglianze non sono mai davvero oggetto di dibattito. Il tema dell’insicurezza domina soprattutto in città come Malmö e Stoccolma dove la segregazione degli immigrati è fortissima. A fomentare poi le crescenti diseguaglianze si aggiunge un modello educativo la cui qualità è crollata a causa di liberalizzazioni e privatizzazioni negli ultimi anni e che hanno anche portato a una de-centralizzazione eccessiva del sistema scolastico, con scuole spesso finanziate dai comuni o da attori privati, a volte quotate in borsa. Questo ha portato a un’inflazione dei voti ma soprattutto a una notevole segregazione scolastica che contribuisce poi alle crescenti diseguaglianze. Le politiche neoliberali hanno privatizzato e deregolamentato molti altri settori, inclusa la sanità pubblica, come dimostrato da quanto anche il sistema sanitario svedese fosse totalmente impreparato di fronte alla crisi del Covid.
È chiaro che questa coalizione di centrodestra si trova ad affrontare un certo numero di ambiguità e una situazione estremamente delicata. Gli ultimi 15 anni hanno visto un processo di lenta ma inesorabile crescita dei Democratici Svedesi e una loro – desiderata o temuta – normalizzazione. Eppure i Democratici Svedesi non sembrano essersi smussati molto nelle loro posizioni. La loro inesistente esperienza politica, le loro posizioni oltranziste e la straordinaria influenza che hanno sulla compagine governativa non promettono niente di buono, anche ora che la Svezia ha appena assunto la presidenza dell’Unione europea a gennaio.
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