Quando il Comitato direttivo dell’Associazione «il Mulino» ha deciso di occuparsi del macro-tema (o «dorsale») costituito dalla relazione fra debito pubblico e sovranità nel nostro Paese, al gruppo di lavoro che allora si formò – e che diede vita a un seminario aperto a tutti i soci, nel giugno del 2019, di cui questi articoli sono una delle espressioni – parve chiaro che la questione implicava, se si voleva uscire dalla chiacchiera quotidiana, l’addentrarsi nell’analisi del rapporto fra sistema economico e sistema politico, principalmente in Italia. Che quel problema era l’esito di una serie di altri; una fine di cui andava ricercato l’inizio. Di conseguenza, si apriva uno spazio di discussione non riservato solo agli economisti, né strutturato in modo tale che una singola disciplina avesse un ruolo guida: e infatti al gruppo di lavoro e poi al seminario sono stati presenti oltre che, naturalmente, economisti di diverso orientamento, filosofi politici, scienziati della politica, storici della politica, storici dell’economia. Si sono individuati tre fuochi interdipendenti. Il primo è appunto la questione del rapporto fra politica ed economia, che vede una notevole divergenza interpretativa fra chi pensa che la stessa democrazia (oltre che la sovranità) sia messa a rischio da un’economia troppo esposta alle crisi e troppo incline a generare profonde disuguaglianze sociali, e vede quindi da tempo in grave pericolo il quadro sistemico post-bellico interno e internazionale – la liberaldemocrazia sociale atlantica –; e chi invece vede nella politica e non nell’economia la principale causa dei problemi attuali, in quanto la politica avrebbe disatteso i consigli degli economisti. È qui in gioco anche il giudizio sul populismo e sul sovranismo a cui questo spesso si associa, se cioè si tratti di un soprassalto di barbarie o di un sintomo di insostenibilità del paradigma economico, almeno per alcuni Paesi. E trova spazio anche l’analisi del ruolo politico che nella storia d’Italia ha avuto il debito pubblico. Il secondo fuoco è l’analisi storico economica dell’euro, dei suoi presupposti interni, delle circostanze in seguito alle quali è stato pensato e implementato, del suo funzionamento reale (i Trattati e la politica della Bce, il Mes), per capire se esso sia un fattore di coesione o di tensioni all’interno della Ue. Il terzo fuoco verte sulle proposte che dovranno essere realizzate da una politica robusta e credibile, cioè da un sistema politico più efficiente dell’attuale. Per quanto riguarda l’Italia, entrano in gioco la politica fiscale, la riforma della Pubblica amministrazione, la politica di bilan- cio. Per quanto riguarda l’euro, si devono affrontare nodi aggrovigliati come la riforma dei Trattati, e la gerarchia cronologica e politica da istituire fra la riduzione dei rischi dei debiti sovrani e la loro condivisione.

Nell’ottica storico-filosofica di chi scrive, il rapporto fra economia e politica è la questione della sostenibilità sociale e politica dell’attuale paradigma economico (l’euro e i suoi vincoli interni); una questione interna a un’altra, più radicale: il ruolo della politica rispetto all’economia e alle sue logiche. In primo luogo, una premessa di metodo: per affrontare un problema reale non si può prescindere da uno sguardo retrospettivo. Non si tratta di mettere in campo chissà quale erudizione per fare una cronistoria dell’oggetto; piuttosto, si tratta di farne una genealogia: di spiegare, cioè, la nascita di un problema all’interno di un contesto di circostanze, di forze, di processi; e così di renderlo concreto, di sottrarlo alla pretesa che si tratti di un fenomeno naturale, da studiarsi con atemporale oggettività. Di politicizzarlo. E se una questione ha la propria essenza nella propria storia, allora anche la possibile soluzione cambia: le prospettive di intervento, le decisioni da prendere, non sono più prodotte solo a partire dall’oggetto in questione (che «oggettivo» non è), ma sono in capo a soggetti (la politica nei suoi vari livelli, e prima ancora l’opinione pubblica) che possono modificare il futuro come hanno modificato il passato. Questa differenza fra diversi approcci disciplinari può tradursi anche in una divergenza politica.

 

L'articolo completo, pubblicato sul "Mulino" n. 2/20, pp. 258-265, è acquistabile qui]