Una distinzione ambigua. A oltre cinque mesi dalla vittoria elettorale del leader dei Fratelli musulmani Mohammed Morsi, uno dei principali provvedimenti del primo presidente eletto in Egitto è stato di mandare in pensione oltre settanta generali dell’esercito egiziano, tra cui il capo della giunta militare Hussein Tantawi e il suo vice Sami Annan. Questa mossa ha conferito maggiori poteri alla presidenza della Repubblica o ha solamente colpito gli equilibri interni all’esercito egiziano?
Raramente si è tentato di affrontare le ragioni e conseguenze del coinvolgimento dell'esercito in politica. Ma è certo che i militari abbiano giocato un ruolo essenziale nello sviluppo politico ed economico di molti Paesi del Medioriente. L’esercito egiziano è stato creato dal mandato coloniale inglese ed è stato modellato sullo stile organizzativo europeo. A partire dalle lotte di liberazione nazionale in poi, è stato rappresentato come il principale garante dell’identità nazionale. Da quel momento, la relazione tra élite militari e politiche, così come gli effetti delle liberalizzazioni economiche, hanno corrisposto con una più o meno evidente influenza dei militari sulle istituzioni pubbliche. Infine, la tentazione di prendere il potere da parte dei militari ha spesso alterato le funzioni specifiche di difesa del territorio a cui l’esercito era tenuto a rispondere. Questi fattori hanno contribuito a indebolire l’esercito come difensore dalle minacce esterne e ampliato il suo impegno in politica interna.
Per questo, i militari egiziani sono stati l’unico gruppo a intervenire in difesa dell’ordine e della stabilità in occasione delle rivolte popolari del 1952 e del 2011, sebbene gli interessi corporativi dei giovani ufficiali del Consiglio rivoluzionario differiscano dal coinvolgimento politico e dai privilegi economici nell’industria militare dei tecnocrati, membri della giunta militare che ha preso il potere l’11 febbraio 2011. Infatti, il potere dell’esercito in Egitto deriva da una distinzione poco chiara tra élite militare e civile. Questa falsa distinzione dei militari dalla classe politica è stata usata per nascondere le sovrapposizioni strutturali tra il potere politico e militare.
In altre parole, il potere dei militari dipende da una finta separazione con l’élite politica. Prima, Gamal Abdel Nasser, quando è diventato presidente, ha scambiato la sua uniforme militare con abiti civili. Più avanti, la “rivoluzione correttiva”, incoraggiata da Anwar al-Sadat, è stata presentata come un tentativo di ridimensionare il ruolo dell’esercito in politica ma non ha prodotto nessun significativo cambiamento nel controllo dei militari sul potere politico. Infine, solo in pochi percepivano ancora l’ex presidente, Hosni Mubarak, come un militare prima delle sue dimissioni. Per questo, in occasione di scioperi e movimenti popolari, l’esercito egiziano è intervenuto per ristabilire l’ordine e cooptare nelle istituzioni pubbliche i gruppi percepiti come una minaccia all’autorità dell’esercito. E così i militari hanno operato come difensori dell’élite politica al potere facendo un uso relativamente minimo della violenza. Non solo, i militari, come conseguenza del ritrarsi dello Stato per politiche di liberalizzazione economica e grazie al controllo delle istituzioni pubbliche, hanno operato in difesa delle loro conquiste economiche. Facendo questo, l’esercito non ha agito solo in difesa dei propri interessi corporativi, ma più in generale dei privilegi della classe media.
In particolare, in seguito alle rivolte del 2011, e forse già quando il regime di Mubarak sembrava vacillare negli anni Novanta, l’esercito egiziano ha adottato la Fratellanza musulmana come delegato per ristabilire la divisione di poteri tra politici e militari. E così, dopo l’insediamento di Mohammed Morsi come presidente della Repubblica, da una parte, gli islamisti hanno usato la distinzione con il potere militare per proporre il loro tradizionale discorso politico populista. Dall’altra, l’abbandono della gestione diretta del governo da parte della giunta militare è servita all’esercito per riprodurre il proprio controllo sulla classe politica e imprenditoriale egiziana.
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