I prigionieri del web. Tradizionalmente sono stati i caffè i locali in cui si è sviluppata la sociabilità nei paesi arabi, ma con il passare del tempo, le vicissitudini storiche e gli sviluppi tecnologici hanno modifcato in parte l’arredamento di questi locali, trasformando le mura portanti dei tradizionali saloni nelle pareti dei più moderni internet café, nei quali una generazione di giovani internauti ha costruito la sua nuova agorà, in linea con le tendenze e le novità del XXI secolo.
Grazie alla pur lenta diffusione di internet nella regione araba, i più giovani hanno dato origine ad una frequentatissima blogsfera nella quale si incontrano per parlare, per scambiarsi opinioni e per ritagliarsi uno spazio virtuale attraverso il quale testimoniano che internet non è uno strumento utilizzato esclusivamente dagli affiliati delle organizzazioni terroristiche per trasmettere al mondo deliranti minacce.
Chi, rinunciando alla visione orientalista, sarà capace di addentrarsi nel dedalo di questa nuova sfera, potrà riconoscere la falsità dei tanti stereotipi esistenti sulla società araba e riuscirà ad avvicinarsi a questo mondo che per alcuni è ancora fermo ai racconti di Le mille ed una notte.
Con il passare degli anni i diari virtuali dei bloggers stanno diventando una importante testimonianza politica, sempre più diffusa. Oltre ad essere uno strumento di mobilitazione per gli attivisti, rappresentano una forma alternativa di informazione. In aggiunta, non solo sono in grado di rafforzare le relazioni sociali esistenti, ma possono crearne di nuove, cercando di sfuggire al controllo dei regimi e creando spazi di dialogo altrimenti assenti. In questa ottica i blogs sono capaci di dare origine a nuove forme di partecipazione sociale dalla quale possono emergere nuove istanze riformiste. Molti analisi insistono proprio sulla spinta verso la democratizzazione che i blogs eserciterebbero nelle società arabe. E’ all’interno di questi spazi virtuali che gruppi sociali fino ad ora costretti alla clandestinità emergono, si presentano e riescono a prendere parte a quel discorso pubblico dal quale erano fino ad ora erano rimasti esclusi.
E’ nel pieno della cosiddetta “Primavera Araba” del 2005 che i frutti del lavoro dei bloggers arabi diventano visibili. Sono i diari virtuali di questi giovani internauti che raccontano al mondo intero le manifestazioni che si stanno svolgendo sulle strade dei propri paesi ed è da queste pagine che viene denunciata la risposta repressiva data dai governi. In Egitto, per esempio, i bloggers sono stati i primi a denunciare le misure repressive utilizate dal presidente Mubarak contro il movimento Kifaya che, avendone letteralmente abbastanza della cappa esercitata da un regime oppressivo, benché reputato piuttosto presentabile dagli occidentali, si stava ribellando al governo (che, a partire dal 2006, quando per la prima volta vennero incarcerati tre celebri bloggers - Alaa Abd El-Fatah,Kareem Amer e Ayyoub - ha attuato una politica estremamente repressiva contro il fenomeno) .
Grazie alla capacità di sfuggire, almeno in parte, alla censura governativa, una delle principali funzioni dei bloggers sembra quindi essere quella di informazione politica. Ma il fenomeno ha conseguenze importanti anche sul versante sociale. Il discorso che si origina tra questi post virtuali ha ripercussioni tanto nel contesto domestico che nella sfera pubblica araba. Grazie alle parole scritte tra le righe di questi diari si stanno infatti rompendo i tabù tradizionali e si iniziano ad affrontare tematiche fino ad ora impronunciabili. In aggiunta, in alcuni casi questi internauti inizialmente anonimi e invisibili hanno deciso di scendere in campo fisicamente e di diventare veri e propri dissidenti.
Per contenere questi giovani «fanatici» della libertà di espressione i governi arabi si sono serviti dei classici strumenti repressivi per staccare la spina a chi stava disturbando la quiete interna. In diversi paesi – a partire dall’Egitto, che condivide con la Cina il triste primato della repressione del fenomeno - si contano già decine di severe condanne a pene detentive per giovani bloggers che, pur senza accuse chiare e circostanziate, si apprestano a diventare i primi martiri internauti della storia.
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