Arte e rivoluzione. Fin dall'inizio dello scoppio delle proteste egiziane, la rabbia di una generazione vissuta sotto la trentennale dittatura di Mubarak ha dato voce alle proprie rivendicazioni. Tuttavia, se in Tunisia era la musica rap a raccontarci la rivolta, nel Paese dei faraoni non sono solamente i social network a narrarci gli eventi, ma anche le strade, le piazze, i ponti e i cavalcavia.
Infatti, la battaglia contro la dittatura si combatte anche tra le mura delle città, dove il graffito costituisce uno degli strumenti più significativi della libera espressione del pensiero.
In passato, il ministero per la Cultura egiziano proibiva qualunque forma pubblica di manifestazione del dissenso. A partire dallo scoppio delle proteste, l'arte di strada, o street art, ha rappresentato una delle armi dall'impatto più travolgente. Così, strade e piazze egiziane si sono trasformate in tele nelle quali, attraverso la rabbia, l'ironia e l'orgoglio, il popolo egiziano scrive la sua nuova storia. Ma l'esplosione di queste forme artistiche non comporta solamente l'occupazione della strada, queste manifestazioni, infatti, conducono anche alla piena consapevolezza della conquista dello spazio pubblico, quel luogo dove il popolo diviene cosciente della propria possibilità di azione. Ed è proprio la strada a divenire spazio di contesa nel quale anche quella componente da sempre politicamente emarginata è finalmente ammessa alla politica. Così, le piazze, sostituendosi alle istituzioni, divengono spazi di incontro nei quali condividere idee, discutere e fare politica.
Nella capitale egiziana, la via Muhammad Mahmud, che collega la celebre Piazza Tahrir ai ministeri, è un esempio dell'exploit artistico lanciato dalla rivoluzione. I graffiti, occupandone interamente le mura, cercano di raccontare una storia alternativa rispetto a quella descritta in passato. Così, i dipinti illustrano le caricature del vecchio presidente Mubarak, oppure, recuperando la simbologia della mitologia egizia, raffigurano l'adulazione incondizionata della vecchia classe dirigente nei confronti dell'ex-dittatore. Nelle immagini, infatti, il richiamo alle divinità egiziane, che condannano l'entourage di Mubarak alla dannazione, è quasi una costante. In altri casi, i graffiti celebrano l'anniversario della rivoluzione con l'auspicio che questa giunga al suo immediato successo.
Le opere che tappezzano Il Cairo raccontano la protesta seguendo lo sviluppo degli eventi. Per questo non possono mancare immagini raffiguranti i volti dei ragazzi uccisi nel corso delle rivolte. Infatti, i dipinti commemorativi dei martiri, insieme al richiamo degli aspetti più significativi della protesta egiziana, come il numero 25, che evoca l'inizio delle rivolte, sono divenuti parte di una nuova simbologia nazionale attraverso la quale il popolo orgoglioso, e attore della propria storia, riconosce di appartenere a quella stessa collettività. Ma la condanna del vecchio regime si legge anche attraverso il frequente richiamo alla bandiera palestinese e nell'appello alla Terza Intifada. Tali immagini, infatti, oltre a testimoniare un forte senso di solidarietà nei confronti della causa della Palestina, tradita dagli ultimi decenni di storia egiziana, ribadiscono il desiderio di rottura con la strategia di Mubarak.
Le mura della città rappresentano immagini forti che prendono ispirazione dalla memoria collettiva recente e, sulla base di questa, costruiscono nuovi simboli nazionali. Per tale ragione, non può essere trascurato il ricordo degli oltre settanta ragazzi rimasti vittime degli scontri della purtroppo celebre partita di calcio dello scorso febbraio. I loro volti, circondati dalle ali di Horus in segno di protezione, occupano le strade del Cairo divenendo il simbolo dell'orgoglio nazionale egiziano. Pertanto, questo museo a cielo aperto, risvegliando la sensibilità del suo pubblico, dà prova delle sue capacità di trasformare le richieste popolari in rivolta. In questo modo, le sue opere meritano di essere salvaguardate perché testimoni della nuova storia del Paese e della forza del popolo egiziano.
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