I Quattro frugali (Paesi Bassi, Austria, Danimarca e Svezia) è il nome che si son dati i Paesi che poco prima dello scoppio della pandemia Covid-19 bloccarono il timido tentativo della Commissione europea di elevare il bilancio comunitario di qualche punto decimale di Pil. I Frugali rimangono fedeli alla loro opposizione verso qualsiasi allargamento dello spazio fiscale dell’Unione, per non parlare dell’emissione di debito comune, anche dinanzi alla catastrofe pandemica. Al primo Consiglio europeo post-Covid di marzo, si sono attestati sulla linea rossa del pacchetto emergenziale della Commissione di 540 miliardi di euro, per la gran parte proveniente da fonti esterne al bilancio comunitario – e, per la Zona euro, il rafforzamento della misure monetarie "non convenzionali" deciso autonomamente dalla Banca centrale europea (contenente già di per sé l’indigesto boccone del programma di acquisti di titoli di debito pubblico dei Paesi membri più esposti).
La visione dei Frugali è che ciascun Paese dovrebbe prendersi cura di sé stesso coi propri mezzi fiscali, ed è stata ben espressa dal presidente della Bundesbank Jens Weidmann: "La priorità è dare aiuti. Ma un’espansione della responsabilità comune modificherebbe la natura dell’Unione monetaria" (intervista a “la Repubblica - Affari & Finanza”, 20.4.2020). Dunque in gioco non sono i quattrini di per sé, ma una posta ben più alta e decisiva: come sarà l’Unione nel mondo dopo il Covid-19.
La posizione dei Frugali è stata contrastata e, per così dire, messa in minoranza politica (nel Consiglio europeo non si vota finché non si è raggiunta l’unanimità) nei successivi aspri negoziati che hanno poi condotto al nuovo piano della Commissione, Next Generation EU, reso pubblico il 27 maggio. Il piano rielabora precedenti proposte di uno European Recovery Fund (nome che è rimasto in circolazione) portate avanti prima dalla Francia con al seguito un buon numero di Paesi, non solo del Sud (principalmente, Italia, Spagna, Portogallo, Belgio, Irlanda), e poi, in maniera politicamente più impegnativa, per mezzo dell'iniziativa congiunta franco-tedesca del 18 maggio. Il piano Next Generation EU, prevedendo proprio la creazione di un fondo comune di risorse con emissione di debito e una parte prevalente sotto forma di trasferimenti ai Paesi più colpiti, è ortogonale rispetto ai linea dei Frugali, i quali infatti hanno prontamente reso pubblico un contro-piano più limitato e imperniato solo su prestiti (a breve termine, e condizionati): in buona sostanza una versione comunitaria del Meccanismo europeo di stabilità (il quale, va ricordato, non è un istituto dell’Unione europea).
Giusto evidenziare in primo luogo che i Frugali hanno, sostanzialmente, arretrato la loro linea di resistenza sul punto della distribuzione delle risorse – prestiti, non trasferimenti. In secondo luogo, tuttavia, il vero cambio di passo si è avuto con lo spostamento della Germania da lord protettore dei Frugali a sponsor dell’approccio alternativo. Ciò deve farci ricordare che i Frugali non rappresentano solo sé stessi, e non costituiscono solo un disturbo minore. Al contrario, la loro visione della "natura dell’Unione" è ampiamente condivisa a Nord Est della linea geopolitico-economica (una nuova "cortina"?) che va da Calais al Pireo. È l’ortodossia che, fino a oggi, ha governato di fatto l’Unione, e in particolare la Zona euro, fornendone la "costituzione materiale" in assenza di una giuridica (quanto alla sua coerenza e fedeltà con i Trattati, si potrebbe, e dovrebbe, discutere a lungo). Siccome tale visione non è morta, ma temporaneamente sospesa a causa del tempo eccezionale che stiamo vivendo, è opportuno mettere in chiaro, e tenere ben a mente, che essa non solo ora, ma anche in futuro, sarebbe foriera di gravi errori per l’Unione post-Covid. Cinque sono i principali.
Primo, il peso dei debiti nazionali (pubblici e privati) esploderebbe, non importa quanto confortevole possa apparire lo spazio fiscale nazionale (basso debito) attuale. La crisi multiforme indotta dalla pandemia è ancora a uno stadio iniziale e la sua dinamica futura è avvolta da molta incertezza. La sottostima della scala dei suoi costi economici e sociali e la sovrastima della capacità fiscale di farvi fronte sono molto probabili. Nel caso di una depressione profonda e prolungata, misure fiscali Paese per Paese, a spizzichi e bocconi, sarebbero prive di efficacia e credibilità, scatenando reazioni controproducenti dei mercati finanziari e un aumento generalizzato dei premi di rischio.
Secondo, abbandonare ciascun Paese al proprio destino fiscale nasconde un grave azzardo morale, perché qualsiasi Paese che non sia in grado di contrastare la crisi sanitaria ed economica con tutti i mezzi possibili rappresenta una seria minaccia sia per sé sia per gli altri. Ora più che mai, nessuno può salvarsi da solo.
Terzo, anche nel caso in cui i governi che presumono di avere spazio fiscale sufficiente avessero ragione, spingere gli altri ai limiti della loro capacità d’indebitamento, o oltre, disarticolerebbe i mercati finanziari europei e, nella Zona euro, metterebbe sotto pressione la Bce: un remake della crisi dei debiti sovrani di dieci anni fa su scala incommensurabile. Come quell’episodio dovrebbe aver insegnato (invano?) affidare l’euro alla "disciplina dei mercati" come ad un bisturi per separare gli eletti dai dannati è una tragica illusione.
Quarto, indebitamento sovrano significa spesa sovrana (non è la ricetta preferita dai sovranisti?), mentre indebitamento condiviso significa condivisione della spesa. Posto che vi siano governi inefficienti e incapaci, cosa è meglio nella prospettiva del miglior utilizzo delle risorse per la stabilizzazione e la ripresa dell’Unione nel suo insieme?
Quinto, è tutta una questione d’integrazione e interdipendenza. La visione dei Frugali (e non solo di quei quattro) è quella di una competition union, ossia un’arena di libere forze di mercato, sorvegliata da alcune istituzioni sovranazionali, entro la quale Paesi e governi sovrani(sti) competono tra loro, ognuno con le sole proprie forze e badando solo ai propri interessi. Se è vero che l’integrazione economica e monetaria crea maggiori opportunità per tutti, comporta anche maggior condivisione di responsabilità, altrimenti a lungo andare il sistema diventa insostenibile. La competizione senza cooperazione è un gioco a somma zero con vincenti e perdenti. Nel corso del tempo i vincenti possono diventare perdenti e viceversa. Tuttavia, il destino dei vincenti non può essere separato da quello dei perdenti, a meno che il legame dell’unione monetaria sia reciso. Se l’Unione europea, e la Zona euro in particolare, vogliono avere un futuro la competition union dev’essere archiviata, e il piano Next Generation EU deve diventare quel che il suo nome dice: l’Unione della prossima generazione.
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