Se la storia umana è arrivata fino ai giorni nostri è perché ogni generazione ha cercato di andare oltre le generazioni precedenti ed è stata messa, da chi ha passato il testimone, nelle condizioni di farlo. La spinta giovanile verso l’innovazione, come ricerca di nuove soluzioni, è ancor più importante oggi, in un mondo che corre sempre più velocemente e diventa sempre più complesso. Di fronte alle grandi trasformazioni demografiche, alle sfide poste dalla globalizzazione e dall’innovazione tecnologica è cruciale aiutare le nuove generazioni a dotarsi di nuove mappe di lettura della realtà che muta e di strumenti efficaci per agire con successo al suo interno (su obiettivi, individuali e collettivi, condivisi). Il rischio è altrimenti quello di perdersi, per i giovani, e di impoverirsi e veder aumentare disuguaglianze e tensioni sociali, per la collettività.
Eppure, proprio in questo momento storico e proprio in questo Paese, è diventato particolarmente timido il ruolo delle nuove generazioni come forza attiva nei processi di crescita in coerenza con le grandi trasformazioni di questo secolo. I motivi alla base di questo indebolimento sono sostanzialmente due. Il primo è l’inedita riduzione demografica: mai in passato l’incidenza di chi ha meno di 30 anni è stata così bassa nella popolazione italiana. È il fenomeno del «degiovanimento»: quella italiana è senz’altro una popolazione che invecchia, perché si vive più a lungo, ma è ancor più una popolazione che si svuota dal basso, come conseguenza della persistente denatalità. Gli squilibri principali tra vecchie e nuove generazioni sono determinati dalle fragilità di queste ultime, più che da ciò di cui beneficiano le prime.
Un caso interessante di Paese che ha contenuto il degiovanimento «quantitativo» (ossia che ha evitato gli squilibri demografici a discapito delle nuove generazioni) è costituito dalla Francia. I francesi di 50 anni sono poco meno di 900 mila, mentre le età più giovani oscillano attorno alle 800 mila. Gli italiani di 50 anni sono circa 1 milione, quelli di 30 anni sono meno di 700 mila, i diciottenni (e tutte le età minori) meno di 500 mila. Ci troviamo pertanto, rispetto alla Francia, con un peso simile delle persone in età matura, ma con molti meno giovani.
[L'articolo completo, pubblicato sul "Mulino" n. 5/18, pp. 750-757, è acquistabile qui]
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