Già nel 1949, Simone de Beauvoir aveva intravisto con lungimiranza le potenzialità liberatrici che le nuove tecnologie avrebbero potuto apportare nelle nostre vite. In uno dei suoi più famosi affondi sulla libertà di scelta, de Beauvoir non si limita, infatti, a rivendicare il diritto a interrompere la gravidanza, ma si spinge, anticipando di trent’anni la prima nascita da fecondazione in vitro (Louise Brown, 1978), sino a rivendicare la piena decisionalità delle donne in materia di sessualità e inizio vita, specificando che le nuove tecniche di fecondazione assistita avrebbero permesso loro di controllare la funzione riproduttrice:

Con la fecondazione artificiale si compie l’evoluzione che permetterà all’umanità di dominare la funzione riproduttrice. Questi cambiamenti hanno per la donna in particolare un’immensa importanza; può ridurre il numero delle gravidanze, integrarle razionalmente alla propria vita, invece di esserne schiava (Il secondo sesso [1949], trad. it. Il Saggiatore, 2008, p. 142).

Nonostante i decenni che ci separano da Il secondo sesso e le tante conquiste del movimento femminista, l’ottimismo della ragione di Simone de Beauvoir non trova adeguate conferme nell’attualità: l’esercizio dell’autodeterminazione in ambito sessuale e riproduttivo non è ancora effettivamente e pienamente agito dalle donne. Di certo, le nuove frontiere delle scienze della vita hanno aperto scenari inediti, le tecniche per riprodursi o non riprodursi si sono moltiplicate e sono più facilmente impiegabili e reperibili su scala globale. L’equazione auspicata da de Beauvoir ha però mancato di realizzarsi, dal momento che ancora oggi troppi Paesi negano alle donne l’accesso all’interruzione di gravidanza, non impiegano sufficientemente i nuovi farmaci abortivi, non promuovono adeguatamente i metodi moderni di contraccezione, non si impegnano a favore di una formazione attiva e consapevole sulla sessualità. Inoltre, quell’insieme di tecniche e saperi medici che de Beauvoir chiama «fecondazione artificiale», e che qui preferiamo indicare come «nuove tecnologie riproduttive» (d’ora in avanti Ntr), fatica ancora di più a concretizzarsi come diritto alla pianificazione delle nascite e a una genitorialità alternativa a quella della coppia eterosessuale.

 

[L'articolo completo, pubblicato sul "Mulino" n. 4/17, pp. 564-572, è acquistabile qui]