Con sorpresa, a mia volta, ho letto sull’ultimo numero di «Reset» l’articolo di Giancarlo Bosetti intitolato: Sorpresa: il Mulino con i laici furiosi. È la polemica, condotta in ben 14 colonne della rivista, introdotta da un sommario che si conclude con queste parole: «In guardia contro la vocazione settaria e perdente di un certo laicismo che un tempo non era di casa sulle pagine di Matteucci, Pedrazzi, Evangelisti e Andreatta». Sono l’unico in grado di accennare una risposta dall’interno di quel vecchio Mulino, dato che gli altri tre amici citati non sono più con noi. A me pare che il Mulino quasi sessantenne di oggi abbia mantenuto, in misura notevolissima, l’imprinting del Mulino giovanile, ricordato con rimpianto da Bosetti: come allora, noi siamo un gruppo plurale, rispettoso di orientamenti diversi, se espressi con buona competenza; con valori civili e spirituali anche differenziati, ma convintamente democratici; capaci di ricerche comuni e di dialogo, anche su problemi complessi, in vista di soluzioni ragionevoli e largamente condivisibili. La nostra Associazione, attualmente composta da più di ottanta studiosi appartenenti a diverse discipline e con orientamenti personali assai differenziati, riesce a gestire in autonomia e buona concordia un insieme notevole di strumenti di cui col tempo ha saputo farsi proprietaria, giovandosi oggi del lavoro di tanti collaboratori, grazie ai quali la nostra produzione ci consente di stare nel mercato con bilanci attivi.
Tutti abbiamo attualmente preoccupazioni gravi per la gestione in atto di entrambe le due maggiori istituzioni del nostro Paese, lo Stato e la Chiesa. Li vediamo carenti e in affanno rispetto agli ordinamenti fissati per lo Stato italiano nella nostra Costituzione repubblicana e agli indirizzi pastorali e teologici indicati alla Chiesa cattolica dal grande Concilio Vaticano II.
Non saprei dire se i soci cattolici siano maggioranza o minoranza nel gruppo del Mulino, perché nessuno di noi sente il bisogno di saperlo e di contarli: ma siamo tutti convinti che sia buona cosa che essi sostanzialmente appartengano alla tendenza spirituale e culturale che anche Bosetti chiama «cattolici conciliari». Come tutti i cattolici conciliari, e forse come tutti gli italiani informati al riguardo, anche quelli del Mulino sanno quali equilibri faticosi siano in atto in Vaticano, nella Cei e nel tessuto locale e medio della grande istituzione cattolica. E quale posto e rango, negli ordinamenti ecclesiastici, siano riconosciuti ai diversi livelli e tipi di magistero, conciliare, pontificio, episcopale; e quanto spazio sia concesso a una certa varietà di interpretazioni, delle quali si discute in un notevole numero di sedi, varie per autorità formale, per autorevolezza culturale e per incidenza storica.
«La polemica» di Bosetti concede troppo alla «furiosità» di cui intende occuparsi, e i problemi di fondo a me sembrano meno libreschi di quanto il direttore di «Reset» li faccia diventare argomentando con una certa tortuosità nel suo intervento. La sostanza mi pare più semplice: nella Repubblica è grave che ci sia poca coerenza di laicità; e nella Chiesa troppo si sovrappone alla purezza di una fede evangelica. È grave e inquietante che «Reset» del contesto storico nazionale, in 14 colonne, fuor che con diverse fotografie suggestive ben prescelte e finalizzate, quasi nulla parli di ciò che davvero incide sulle nostre carenze e nulla dica sulle nostre speranze ancora vive. Al Mulino tali speranze le misuriamo tuttora in base al livello e alla tenuta delle consapevolezze originate dai grandi eventi attraversati, e da cui, nonostante tutto, siamo protetti, mentre è preservata buona parte di una possibilità di ripresa: 1) della democrazia e della sua oggettiva laicità, inevitabile lingua comune di una società democratica globalizzata; 2) di una tradizione di fede ebraico-cristiana rinnovata e purificata dal grande Concilio novecentesco, prescindere dal quale è via deludente e declinante per ogni voce ecclesiastica che lo creda possibile. Come si vede piuttosto bene anche solo nell’ultimo mezzo secolo di storia.
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