I cambiamenti richiesti dalla transizione energetica per evitare che l’innalzamento delle temperature conduca a cambiamenti climatici catastrofici sono di grande portata e incideranno su molteplici aspetti della nostra vita. Il settore dei trasporti è un settore cruciale: stime recenti lo considerano responsabile del 16,2% del totale delle emissioni di gas a effetto serra (Ges) a livello mondiale (nel computo, riportato da Our World in Data, non vengono considerate le emissioni per la produzione dei mezzi di trasporto, e quindi l’incidenza del settore dei trasporti è di fatto più elevata). Di tale quota, il trasporto su strada la fa da padrone, con l’11,9% delle emissioni di Ges, seguito dal trasporto aereo con l’1,9% (o del 3,8% considerando l’effetto peggiorativo derivante dal fatto che le emissioni vengono prodotte ad alta quota) e, infine, dal trasporto ferroviario con lo 0,7%.
Il Green New Deal della Commissione europea si è posto l’obiettivo di ridurre del 90% le emissioni nel settore dei trasporti entro il 2050. A tal fine il settore ferroviario giocherà un ruolo chiave, perché il trasporto su rotaia è, in generale, la forma di trasporto a minore impatto ambientale. Il rapporto dell’Agenzia internazionale dell’Energia del 2019 è indicativo a riguardo. L’efficienza energetica – misurata in termini di tonnellate di petrolio necessarie per la mobilità di un milione di chilometri-passeggero – è 12 volte maggiore per i treni ad alta velocità (Av) in relazione ad aerei o macchine di media dimensione, e 18 volte maggiore per treni Av rispetto ad automobili di grandi dimensioni. Questo vale anche per il trasporto di merci, rispetto al quale il trasporto su rotaia è 7 volte più efficiente del trasporto su strada.
Per raggiungere l’obiettivo di ridurre del 90% le emissioni nel settore dei trasporti entro il 2050 il settore ferroviario giocherà un ruolo chiave: il trasporto su rotaia è la forma di trasporto a minore impatto ambientale
Le ragioni della maggiore efficienza dei treni rispetto al trasporto su strada risiedono nei minori attriti nel contatto acciaio-acciaio che si realizzano con le ferrovie rispetto agli attriti tra gomma e strada, nella maggiore efficienza dei motori elettrici rispetto a quelli a combustione interna e nel vantaggio di dover effettuare poche soste. Un aspetto importante è dato inoltre dal tasso di utilizzo del mezzo di trasporto. Il trasporto automobilistico è in tal senso inefficiente perché, in media, l’occupazione di un veicolo è solo di 1,5 persone. La maggiore efficienza del treno rispetto all’aereo risiede nell’enorme quantità di energia necessaria a far decollare e atterrare un aereo.
Tali stime sono basate su calcoli elaborati a livello mondiale aggregando quindi qualità nell’efficienza energetica molto diverse. Un rapporto del 2020 dell’Agenzia europea dell’Ambiente ha valutato l’impatto ambientale di varie forme di trasporto su 20 tratte tra grandi città europee. I risultati sono in linea con le analisi precedenti. Vi si considerano vari tipi di impatto ambientale, che vengono resi omogenei valutandoli in termini monetari (stimando i soli costi sull’ambiente, senza considerare i costi sulla salute dovuti all’inquinamento acustico, particolarmente alti nel trasporto ferroviario). Risulta così che il trasporto con ferrovia Av per chilometro-passeggero ha costi ambientali di 16 volte inferiori a quelli causati da automobile con motore a scoppio, di 4 volte inferiore a quelli di macchina elettrica, di 12 volte, o 10 volte, inferiori rispetto al trasporto aereo su tratta di 500 km e 1.000 km, rispettivamente. Si noti che l’impatto energetico del trasporto aereo è maggiore su tratte più brevi, poiché il maggiore consumo di energia si ha in fase di decollo e atterraggio.
Le analisi precedenti guardano unicamente all’impatto ambientale assumendo che non sia necessario modificare la rete ferroviaria. Esistono dei margini per intensificare l’uso di ferrovie senza costruire nuove linee ferroviarie. In particolare, le stime precedenti si basano su di un tasso di occupazione dei treni ad alta velocità dell’80% (in cui l’aumento della capacità di occupazione è limitato, ma comunque possibile), ma solo del 36% per le linee Intercity (in cui quindi i margini per l’intensificazione dell’uso appaiono notevoli). Un’altra possibilità è data dal rilancio dei treni notturni, strategia che viene caldeggiata, ad esempio, dall’Unione internazionale delle ferrovie.
Innovazioni tecnologiche possono anche portare a un utilizzo più intensivo delle reti esistenti. Se però si volesse davvero far crescere l’utilizzo di treni su grande scala, è indubbio che bisognerebbe espandere la rete e considerare l’impatto ambientale della sua costruzione. Un recente rapporto dell’Istituto Bruno Leoni, rilanciato da «la Repubblica», ha il merito di includere un’analisi complessiva dei costi e benefici della costruzione di rete ferroviaria considerando tutto il ciclo di vita, arrivando alla conclusione secondo la quale il trasporto ferroviario risulterebbe assai inefficiente. Tale rapporto, tuttavia, si basa su ipotesi apparentemente estreme sull’impatto ambientale della rete ferroviaria Av e sembra, curiosamente, assumere che il risparmio energetico sia possibile in tutti i settori di trasporto al di fuori di quello ferroviario. Al contrario, è possibile prospettare che sia il settore ferroviario a sperimentare il più forte calo di emissioni in futuro, dato il prevedibile aumento della quota di energia da fonti rinnovabili nella produzione di energia elettrica, e la progressiva elettrificazione della rete ferroviaria. Al momento, il 46% del trasporto ferroviario in Europa non è ancora elettrificato ed utilizza energia fossile, mentre negli Stati Uniti la quasi totalità di trasporto ferroviario non è elettrificata.
È possibile prospettare che sia il settore ferroviario a sperimentare il più forte calo di emissioni in futuro, dato il prevedibile aumento della quota di energia da fonti rinnovabili nella produzione di energia elettrica e la progressiva elettrificazione della rete
Più in generale, gran parte degli economisti ambientali sostiene la necessità di introdurre una carbon tax che tenga conto dell’impatto ambientale delle varie forme di trasporto [rimando a un mio precedente contributo uscito su «il Mulino», n. 1/2021]. Una simile tassazione farebbe lievitare inevitabilmente il costo del traffico aereo e automobilistico in rapporto al costo del trasporto ferroviario. Tuttavia l’impatto sociale della carbon tax non può essere trascurato: è probabile che tale imposta sia regressiva, vale a dire incida in misura relativamente maggiore sul reddito dei poveri che sul reddito dei ricchi. La protesta dei gilets jaunes in Francia dovrebbe averci insegnato qualcosa. Sarebbe dunque necessario «sterilizzare» tali effetti, ad esempio introducendo forme di sussidio delle categorie a reddito più basso relativamente al loro uso di combustibili fossili, o, come sostenuto dallo scienziato della Nasa Peter Kalmus, finanziando un reddito di cittadinanza universale con i proventi della carbon tax. In alternativa, il costo dei biglietti ferroviari potrebbe essere sovvenzionato dalla fiscalità generale a causa del favorevole impatto ambientale di questo tipo di mobilità.
In conclusione, la transizione energetica richiederà l’uso estensivo della rete ferroviaria. Si dovrà lasciare la macchina in garage (o rinunciarvi del tutto, quando possibile) ed evitare di ricorrere all’aereo anche nel caso di tratte relativamente lunghe. Questo è però solo uno dei cambiamenti di comportamento individuale e sociale richiesti dalla transizione energetica, che non a caso vengono definiti «trasformativi» dagli scienziati sociali. Sta a noi operare tale trasformazione.
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