Nel corso del tempo, la vita del gruppo del Mulino, e in particolare di questa rivista, è stata animata anche dalla presenza fondamentale di Altiero Spinelli (di cui, tra l’altro, la casa editrice ha pubblicato l’autobiografia). Già questo è indicativo dell’imprinting politico-culturale del Mulino in merito all’Europa. Ci anima una convinzione ferma, radicata nella consapevolezza delle tragedie dei nazionalismi, sulla necessità di andare oltre i confini e i limiti dello stato-nazione, di proiettarci in uno spazio politico più ampio dove domini lo stato di diritto; anzi, dove si manifesti una “potenza civile”. L’Europa è a giusto titolo una potenza che si vuole civile per i valori che la informa. Esiste infatti un'ideologia europea conseguente a questa ambizione civile e civilizzatrice, anche se nessuno la sventola e molti la irridono. È quella codificata nei criteri di Copenhagen che stabiliscono gli standard minimi di adesione all’Unione (istituzioni democratiche, economia di mercato affidabile, accettazione dell’acquis comunitario), nella Carta dei Diritti Fondamentali che garantiscono dignità umana, libertà,  uguaglianza e rispetto della persona, nella Carta Sociale per la difesa dei diritti dei lavoratori e la protezione sociale, per non citare che i documenti più importanti. Ai quali si può aggiungere il documento Solana  che definisce i fondamenti della politica estera e di sicurezza dell’Ue.
A queste acquisizioni ideologiche, che hanno espunto dallo spazio europeo l’autoritarismo e il nazionalismo, la violenza e l’arbitrio, si affiancano le conquiste economiche: le quattro libertà – di circolazione dei capitali, dei beni, delle persone e dei servizi – assicurate dal trattato di Maastricht del 1992 e la creazione del mercato unico e della moneta unica sono le più significative.  
Di fronte a tutto ciò, la sfida di questi giorni ha messo in luce le lacune del processo di integrazione. In primis, manca una classe dirigente europea all’altezza della sfida. Nel passato tutti i paesi si sono mossi anche con logiche nazionali (Andrew Moravcsik  insegna) e i più forti hanno piegato l’Ue ai loro interessi particolari. Ma quella classe politica era memore del punto di partenza, delle “rovine fumanti” del 1945. L’assenza di quella classe politica si fa sentire. Ed è impietoso il confronto tra il gigante Helmult Khol e quella che è (rimasta) la “ragazza”, come la chiamava lo statista.

Coscienti di questa carenza, cerchiamo di supplire con il nostro contributo di riflessione. Sappiamo che per riportare ordine e crescita in Europa sono necessari interventi ben più drastici di quelli immaginati fin qui, con un’ottica tranquillamente incrementale. L’attacco all’euro è un attacco all’esistenza stessa dell’Unione e, implicitamente, ai suoi principi ispiratori. Un collasso dell’Unione implicherebbe un regresso nella sua tensione “civilizzatrice”. Per questo vanno ripensati gli strumenti di intervento.
Sull’urgenza di un cambio di passo siamo tutti concordi. Sul come è necessario aprire un forum di discussione. “Il Mulino”, nel suo sito e nella sua versione cartacea, è a disposizione di chi voglia contribuire.