Una notizia che non fa notizia è ancora una notizia? Una riforma attesa da vent’anni, richiesta da mezzo mondo, che adegua la legislazione italiana a quella dei Paesi più sviluppati, e che viene approvata dal Parlamento a larghissima maggioranza, senza scontri fra parlamentari, senza denunce di fine della democrazia, senza dibattiti infiniti sui talk, senza neppure una richiesta di dimissioni del ministro Alfano, non dovrebbe essere, di questi tempi, un evento così eccezionale, tipo il postino che morde il cane, che anche se non facesse notizia di suo, dovrebbe farla per questa sola ragione? E invece, schiacciata fra riforma della scuola e approvazione del decreto anticorruzione, è passata quasi inosservata.
La settimana scorsa il Senato ha approvato la legge che trasforma l’inquinamento ambientale da semplice contravvenzione a vero e proprio reato, con pene detentive che arrivano sino a quindici anni. La legge reca la firma di Ermete Realacci (Pd), Serena Pellegrino (Sel) e Salvatore Micillo (M5S), ed è passata con il voto dei rispettivi gruppi. Entra così nel codice penale il nuovo Titolo VI-bis, intitolato Dei delitti contro l’ambiente:disastro ambientale, inquinamento ambientale, morte o lesioni come conseguenza del delitto precedente, delitti colposi contro l’ambiente, traffico e smaltimento illecito di materiale altamente radioattivo, impedimento dei controlli e omessa bonifica, più un’aggravante ambientale applicabile a tutti i reati già previsti.
Hanno espresso soddisfazione Matteo Renzi, Pietro Grasso, Libera e Legambiente; c’è stato un botta e risposta polemico fra il ministro della Giustizia Andrea Orlando e Raffaele Guariniello, pubblico ministero del processo Eternit; Valentina Stefutti, legale di parte civile nello stesso processo, ha fatto osservare che la formulazione di alcune fattispecie di reato è difettosa, prevedendo interventi della Corte costituzionale. Come spesso accade quando una riforma è molto attesa, dunque come potrebbe avvenire per il reato di tortura, se non lo s’insabbierà anche stavolta, sono stati respinti molti emendamenti e si sono stralciate questioni come quella dell’air gun, la tecnica usata dalle industrie estrattive per la ricerca degli idrocarburi. Meno male, verrebbe da dire: un accordo unanime sarebbe sospetto.
Viene persino da chiedersi se quanto accaduto per gli ecoreati non avrebbe potuto succedere per le altre riforme di questa tormentata primavera parlamentare. Potrebbe andare sempre così: scoppiano scandali come, nel caso, Eternit, Ilva, Terra dei Fuochi; generazioni di parlamentari propongono leggi, e le discutono per anni, sino allo sfinimento; alla fine si vota, ma senza forzature, anzi cercando l’accordo fra maggioranza e opposizione. Poi, dopo la sua entrata in vigore, la legge incontrerà il test definitivo: l’interpretazione e applicazione da parte dei giudici, senza dimenticare la Corte costituzionale. La chiamano democrazia, ed è un sistema davvero complicato. Peccato solo che non ne abbiamo ancora trovato uno migliore.
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