Il 22 ottobre 2010 è partita su corriere.it una nuova rubrica a tema, che si chiama EHI BOOK: Alessia Rastelli e Tommaso Pellizzari discutono di ebooks ora che i libri digitali, con alcune prevedibili resistenze, stanno prendendo piede anche in Italia. È sintomatico che il primo articolo di EHI BOOK sia intitolato Libri elettronici vs libri di carta: una contrapposizione tra vecchio e nuovo che si trascina già da qualche tempo. Uno dei libri più citati in Italia all’interno del dibattito su questo argomento è Non sperate di liberarvi dei libri, di Umberto Eco e Jean-Claude Carrière (Bompiani 2009). Un capitolo è intitolato Niente di più effimero dei supporti durevoli, dove per supporti durevoli si intendono proprio i formati digitali e non, come vuole l’epigrafia, le lastre di metallo o di pietra incise con martello e scalpello. Gli incunaboli – sostengono Carrière e Eco – sono qui a dimostrare che i libri a stampa durano nei secoli, mentre dei supporti digitali non si può dire lo stesso. Interrogarsi sulla fine o meno dell’era Gutenberg (e chiedersi cosa ci sia in gioco se davvero questo fosse il crepuscolo del libro a stampa) è legittimo, ma non si può far finta che l’ora degli ebooks non sia arrivata, nel momento in cui quasi tutti passano diverse ore al giorno davanti a un computer (ovviamente questo vale solo per i Paesi industrializzati). Le nostre abitudini di lettura stanno cambiando e, anche se non sappiamo quando i libri digitali sostituiranno del tutto i libri a stampa (sempre che il passaggio completo avvenga), c’è da aspettarsi che questo avrà comunque delle conseguenze sul mercato librario. Il timore da parte delle case editrici è, perciò, comprensibile: ma fare la guerra agli ebooks e ai loro lettori non è una buona strategia.
Al momento la situazione è questa. Molti ebooks sono leggibili solo da ereaders prodotti dai loro stessi rivenditori o da loro partner commerciali, generando così una serie di formati e piattaforme non compatibili tra loro. Se l’idea è quella di vendere più ereaders di vario tipo pro capite, è evidente che non funzionerà mai. L’ereader è, per definizione, un oggetto unico e personale, come il rasoio elettrico o il silk épil, nel senso che è impensabile possederne più d’uno. Quante donne usano un silk épil per una gamba e un altro silk épil per l’altra? In più, ci sono i Digital Rights Management, ovvero i sistemi tecnologici con cui i titolari del copyright fanno valere i diritti d’autore in ambito digitale. Sono i DRM di Adobe – presenti nella maggior parte dei formati – che impediscono agli ebooks protetti di essere utilizzati come file normali.
Il 25 novembre Pellizzari ha pubblicato su EHI BOOK un articolo dal titolo Biblioteche, protezioni e grandi editori, che parla di un caso esemplare di disaffezione precoce agli ebooks: quello della biblioteca di Cologno Monzese. Dopo aver comprato 41 ereaders e stretto accordi con BookRepublic (un negozio online italiano che vende ebooks), la biblioteca ha annunciato che sospenderà l’acquisto di nuovi ebooks, perché i Digital Rights Management (DRM) di Adobe – definiti dai bibliotecari di Cologno un «lucchetto digitale» – impediscono il prestito dei libri digitali.
L’universo degli ebooks è caotico: bisogna districarsi tra “modalità di compatibilità” e i citati DRM, tra gli interessi economici dei titolari del copyright dell’opera e quelli del titolare della licenza del formato, senza dimenticare la piattaforma di distribuzione e vendita. Sulle prime sembra impossibile venirne a capo, e comprare un ebook in questo contesto sembra un azzardo (intanto devo pagare, ma poi chi mi dice che potrò leggere l’ebook senza complicazioni?). Trasferire un ebook da un computer a un ereader, ad esempio, non è possibile: andrebbe scaricato una seconda volta, direttamente dall’ereader. Questo significa che, se l’ebook in questione non è gratuito (ed è così nella maggior parte dei casi), a rigore dovrei pagarlo due volte. In realtà, spesso basta rimuovere il DRM per risolvere il problema, operazione alla portata di chiunque abbia un minimo di dimestichezza con la ricerca in rete. Ma la rimozione del DRM è considerata violazione del copyright, ed è comunque macchinosa.
Da quanto detto sopra risulta evidente che gli ebooks sono vincolatissimi: file bloccati al punto da poter essere trasferiti con difficoltà da un supporto all’altro. In più, spesso non sono permesse le operazioni più banali, come ad esempio il copia-incolla di brani su un documento esterno all’ebook. In realtà, molte operazioni sono già possibili se si usa l’iPad, ma l’iPad non è un ereader. Chi compra un iPad, lo userà per tutto fuorché per leggere ebooks.
Sul sito di Adobe si legge: «Il DRM di Adobe è compatibile con la larga maggioranza di lettori ebook ad eccezione di Kindle e lettori Apple come iPhone e iPad.» Segue una lunga lista dei lettori compatibili, molti dei quali sconosciuti ai più (qualcuno ha mai visto un esemplare dello Hanlin V3 della Jinke, o del Digital Reader 800SG della iRex? Quest’ultima ditta, fra l’altro, nel frattempo è fallita). E mentre Adobe, Amazon, Apple si fanno la guerra, chi vuole leggere ebooks non sa bene che pesci prendere. Un caso a parte è Google, che all’inizio di dicembre ha annunciato la nascita di Google eBooks, il suo negozio online di ebooks leggibili da qualsiasi dispositivo connesso a Internet. È auspicabile che questa scelta costringa anche gli altri a fare lo stesso: un segnale incoraggiante è già arrivato da Amazon che, solo pochi giorni dopo l’annuncio di Google, ha fatto sapere che i suoi ebooks si adegueranno.
Ma la strada è ancora lunga. E oggi sembra un ottimista un po’ naïf l’autore di un articolo comparso nel 2006 sul sito specializzato www.ebookit.org, dal titolo «ebook a una svolta: si va verso un formato standard». A distanza di quattro anni, di formati ne esistono a decine.
Non sarebbe tutto molto più semplice se si potessero trasferire dei pdf liberamente dal proprio pc/mac a un qualsiasi ereader? Troppo bello per essere vero. Infatti non è vero, a meno di non essere disposti a perdere un po’ di tempo, navigando tra siti web e forum specializzati, e a violare eventualmente il copyright (vedi sopra).
Le case editrici dovrebbero fare subito un passo verso i consumatori, senza ripetere l’errore delle major discografiche che aggredirono i primi downloaders (di solito sparando nel mucchio) con cause da milioni di dollari. Bisogna evitare di avvelenare il mercato degli ebooks, così come successe per gli mp3 musicali. Una proposta sensata sarebbe arricchire i libri cartacei con le versioni digitali degli stessi libri, avviando una fase di transizione il più possibile priva di traumi. Vendere quindi, insieme ai libri cartacei, anche la loro versione digitale, ad esempio tramite un codice stampato sul libro, da grattare come le sequenze numeriche delle ricariche dei cellulari. Con questo codice si potrebbe scaricare dal sito il formato digitale del libro appena acquistato, ma solo una volta. È chiaro che, secondo il principio di Chris Anderson riportato nel suo saggio Gratis (Rizzoli 2009), tutto ciò che è digitale prima o poi sarà anche gratuito, ma è comunque un tentativo che va fatto, per offrire qualcosa di più ai lettori di libri cartacei e per avvicinarli al mondo dei libri digitali. Per fare un esempio, iniziative come Darwin della casa editrice il Mulino vanno benissimo, ma devono essere implementate. Tanto per cominciare, deve essere permesso a chi ha acquistato la copia cartacea del libro anche l’accesso a quella digitale, in modo tale che possa scoprire e godere dei lati positivi del formato digitale (portabilità, ricerche veloci, concordanze, occorrenze, eccetera).
Altrimenti, c’è il rischio concreto che promuovere e vendere libri e ebooks diventi un pessimo affare per tutti.
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