Donne d’Irlanda. “Penso sia solo giusto che le donne d’Irlanda facciano conoscere al nostro leader @EndaKennyTD tutti i dettagli del loro ciclo mestruale” (2/11). “Wow! Perfino l’Italia parla della nostra medievale legge sull’aborto” (6/11).
È cominciata quasi per scherzo, ed è naturale trattandosi di una comica irlandese. Ma l’idea geniale di Gráinne Maguire (@GrainneMaguire), giovane attrice e autrice dublinese, è diventata subito molto seria. Qual è l’idea? Far sapere al primo ministro irlandese, il Taoiseach Enda Kenny, che se gli uomini vogliono decidere del corpo delle donne allora devono prendersene carico per intero e condividere anche le seccature. Prima fra tutte, il ciclo con tutti i suoi flussi (in senso letterale):
“Ehi @EndaKennyTD giusto perché tu lo sappia, ho avuto il ciclo un paio di giorni fa. Un flusso discretamente intenso all’inizio, ma ora solo qualche goccia qua e là #repealthe8th” (2/11).
In pochissimo tempo è diventata virale, ma al contrario di tanti fenomeni della rete la campagna è proseguita e due settimane dopo ha raccontato la sua esperienza all’"Irish Times" e al "Guardian":
“Non c’è stato assolutamente alcun supporto da parte di donne della politica o della televisione. All’inizio l’ho trovato irritante, poi esasperante, poi inquietante. […] La cosa principale che ho imparato, però, è che c’è tanto amore, solidarietà e supporto tra le donne là fuori”.
Maguire continua a twittare al premier e migliaia di donne la seguono sbeffeggiando lui e l’Irlanda per la risonanza che la vicenda ha all’estero e che manca in patria. La tv di Stato, Rtè, praticamente non ne ha dato notizia, i nuovi media globali si sono invece scatenati sfoderando esilaranti aggiornamenti di stato sulla “bleeding thing” e ritwittando l’hashtag #repealthe8th . The Journal, sito a metà tra giornale e aggregatore, ha una pagina dedicata all’hashtag che raccoglie notizie e commenti dal popolo della rete sulla vicenda.
Il tag si riferisce all’ottavo emendamento alla Costituzione irlandese, che proibisce l’aborto. Fu approvato con un referendum nel 1983 e modificato nel 2013 per ammetterlo solo in caso di pericolo di vita della madre, dopo i tanti fatti di cronaca che avevano evidenziato non solo l’inadeguatezza della legge ma anche la complicità di medici obiettori di coscienza. Uno per tutti, quello riguardante Savita Halappanavar, la ragazza di origine indiana lasciata morire nel 2012 di setticemia dopo che le era stato rifiutato per tre volte un aborto terapeutico.
La maggioranza degli irlandesi ormai ritiene superato questo emendamento, visto che dieci donne al giorno se ne vanno da anni, in silenzio, nel Regno Unito ad abortire, consapevoli che in un Paese “cattolico” chiedere di potere sottrarre il proprio corpo al dibattito politico è quasi impossibile. Da qui l’iniziativa di Maguire che già due giorni dopo, comprendendo il potenziale politico dell’iniziativa (è dichiaratamente laburista), twitta:
“Donne d’Irlanda! La vostra vagina è affare loro! Twittate a @EndaKennyTD il vostro ciclo mestruale #repealthe8th” (4/11).
Le migliaia di aggiornamenti umoristici stanno dettando l’agenda politica e hanno rafforzato anche altre iniziative in corso, tutte riguardanti le donne e focalizzate su una credibile agenda femminile (se non femminista) per le prossime elezioni politiche del 2016. La Abortion Rights Campaign in primis, che già dall’inizio del 2013 ha promosso la campagna e la petizione per l’abolizione dell’articolo 8. Ma anche il lavoro di Amnesty International Irlanda, che raccoglie invece molti dati concreti sulla situazione dell’aborto nell’isola di smeraldo.
A testimonianza del momento importante per le donne d’Irlanda, la vicenda dell’Abbey Theatre, storico teatro di Dublino che tra i suoi fondatori ha avuto Lady Gregory e molte altre donne, ha provocato non pochi malumori. Dopo un bel po’ di proteste e tentativi di difesa, la direzione del teatro ha dovuto ammettere che sì, il 90% di opere di autori uomini in cartellone “non rappresenta un’uguaglianza di genere”. Brutto modo per festeggiare i cento anni dell’Insurrezione di Pasqua e del teatro stesso. Anche questa vicenda ha varcato i confini nazionali e perfino Meryl Streep si è schierata con le attrici e le scrittrici irlandesi brave, numerose e grandemente sottovalutate. #WakingTheFeminists (Risvegliare le femministe) è stato l’hashtag in questa occasione.
Quasi presentendo il clima, già a settembre gli artisti e attori irlandesi avevano lanciato una loro petizione, Artists Repeal the 8th, cui quasi duemila oggi hanno aderito seguendo l’esempio dei primi firmatari e tra cui spiccano John Banville, Edna O’Brien, Julia O’Faolain, Anne Enright, Colm Tóibín, Cillian Murphy, Pauline Bewick, William Trevor, Jennifer Johnston, Enda Walsh e Neil Jordan.
A tutto ciò, gli unici politici che hanno risposto positivamente per ora sono i laburisti, alleati di governo del Fine Gael di Enda Kenny, dicendo che il referendum per l’abolizione dell’articolo 8 farà parte del loro programma per le politiche.
Enda Kenny invece non ha replicato alle migliaia di tweet che hanno invaso il suo account Twitter. Il suo portavoce dice che in quanto primo ministro riceve migliaia di domande ogni giorno, e tutti hanno diritto di porgliele. Non di ricevere risposta, a quanto pare.
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