I giovani sono oggi in Italia la parte di popolazione più svantaggiata. Lo mostrano molte statistiche relative ad ambiti differenti come il lavoro, la povertà, la casa. I dati Istat nella fascia di età fino a 34 anni per il 2021 registrano il più alto tasso di disoccupazione, circa 17,8%, il più basso di occupazione, solo 40,9%, e la percentuale più alta di contratti a tempo determinato che interessa più di un quarto del totale dei dipendenti. Sempre rimanendo nell’ambito del lavoro sono 17,3% nel 2021 i giovani impiegati part-time e di questi più della metà a termine. Inoltre, più di un giovane ogni dieci non supera la retribuzione oraria dei 7,66 euro lordi, soglia utilizzata dall’Istat per definire il basso salario.

A questi dati si affiancano quelli sulla povertà. Degli oltre due milioni di famiglie che in Italia non dispongono di risorse economiche sufficienti per accedere a un livello di vita ritenuto minimamente accettabile, la parte più consistente è composta da famiglie giovani in particolare con bambini. Sono infatti i nuclei di adulti fino a 34 anni con figli minori a detenere l’assai poco invidiabile primato della più alta incidenza di povertà assoluta. In termini percentuali parliamo di oltre una famiglia ogni dieci.

La terza dimensione di cui richiamiamo brevemente alcuni dati è quella della condizione abitativa dei giovani. Dove vivono i giovani? Abbastanza a lungo coi genitori e dopo aver lasciato la famiglia di origine abitano in una casa in affitto nel 35% dei casi. In circa un caso ogni cinque vivono in un alloggio con uno spazio inadeguato per il numero di componenti presenti e in uno caso ogni sette l’alloggio ha problemi strutturali, è umido o mal illuminato. Per queste ultime caratteristiche le statistiche possono cambiare, in più o in meno, a seconda di come si calcola il sovraffollamento e quali problemi della casa si considerano. Rimane tuttavia il fatto che sono i giovani la fascia di popolazione che si affaccia in un mercato immobiliare rigido con poche opportunità di alloggi in affitto a buon mercato e di buona qualità.

Da questo quadro emerge in maniera evidente la condizione di svantaggio dei giovani, ben nota, al punto che la frase «non è un paese per giovani» è stata ampiamente utilizzata per riferirsi al nostro Paese nel cinema, nella radio, come titolo di libri e anche di articoli scientifici. Uno degli ambiti dove invece la questione dei giovani è poco ricordata è quello della politica. Molto spesso infatti sono ignorati. E quando vengono considerati, gli atteggiamenti più diffusi sono due: il paternalismo e la colpevolizzazione. Nel primo caso i politici si propongono di affrontare con magnanimità la condizione difficile dei giovani che poi potranno essere riconoscenti per il loro intervento riparatore. Nel secondo atteggiamento invece si attribuisce ai giovani tutta la responsabilità della loro condizione. Sono svantaggiati perché non abbastanza bravi o volenterosi. In questo caso allora i politici affronteranno con giusta severità la situazione attuale e tramite incentivi e sanzioni garantiranno a chi si darà da fare l’uscita dalla propria debolezza. Le due posture coesistono, senza contraddirsi, nella narrazione pubblica e sono accomunate dal ritenere che i giovani da soli non sono in grado di cavarsela. Si dà un grande rilievo all’individuo, attribuendo al singolo i meriti del successo o i demeriti del fallimento.

Uno degli ambiti dove la questione dei giovani è poco ricordata è quello della politica. Molto spesso infatti sono ignorati. E quando vengono considerati, gli atteggiamenti più diffusi sono due: il paternalismo e la colpevolizzazione

 

Il contesto non sembra contare. È una variabile esterna che i giovani si trovano come uno sfondo, quasi fosse il colore delle pareti e dei pavimenti. E non è trascurato solo il contesto territoriale o istituzionale che sappiamo bene essere dirimente per le opportunità di vita, ma anche quello familiare. I giovani sono giovani: al Nord, al Sud, al Centro; nelle aree interne o nelle località turistiche; figli e figlie di laureati, diplomati o analfabeti, imprenditori, operai, disoccupati, appena poveri o gravemente poveri, benestanti o stra-ricchi. La politica non distingue. I programmi dei principali partiti per le prossime elezioni si offrono di impegnarsi per i giovani senza escluderne nessuno: «Giovani protagonisti», «Opportunità per i giovani», «Dalla parte dei giovani», «Largo ai giovani», «Tutela dei giovani». Al di là delle dichiarazioni roboanti non è poi chiarito con quali misure e risorse si affronterebbe la questione. Ci sono dichiarazioni generiche che vanno dal favorire l’occupazione e la stabilità al miglioramento delle condizioni di lavoro, dall’incentivare l’imprenditorialità all’aumentare la partecipazione politica. Queste dichiarazioni vanno bene per tutti i giovani e non a caso spesso sono comuni tra programmi di diverso orientamento. In diversi casi si parla anche di incentivare la proprietà della casa: aiutare i giovani a essere autonomi acquistando un'abitazione con agevolazioni o garanzie sul mutuo. Questo dato è emblematico della visione parziale e inefficace con la quale viene affrontata la questione giovanile senza distinzioni. La nostra società si caratterizza per un ampio livello di disuguaglianza che è evidente anche nella fascia giovanile. Sebbene gli under 35 si trovino con maggiore probabilità in una condizione di svantaggio, non tutti lo sono, anzi. Alcuni possono contare su molte risorse della famiglia di origine, mentre altri su poco o nulla. Incentivare la proprietà significa non aiutare chi è più fragile, chi ha percorsi più accidentati nel mercato del lavoro, chi non può contare su un aiuto dei genitori. In sostanza la questione dei giovani non può essere affrontata senza considerare l’appartenenza di classe. La disuguaglianza si manifesta infatti in maniera molto più marcata lungo l’asse della stratificazione economica e sociale che non in quello dell’età.

 

Sebbene gli under 35 si trovino con maggiore probabilità in una condizione di svantaggio, non tutti lo sono, anzi. Alcuni possono contare su molte risorse della famiglia di origine, mentre altri su poco o nulla

 

Dunque, al di là dell’atteggiamento di fondo e della vaghezza delle proposte possiamo concludere che non tutti gli interventi per i giovani siano accettabili. Da un lato, sono necessari provvedimenti che migliorino le condizioni istituzionali del contesto per tutti, come ad esempio un mercato del lavoro più rigido e regolato che riduca la precarietà e i lavori a basso salario. Dall’altro, non possono essere accettate misure che continuino ad ampliare le disuguaglianze favorendo l’autonomia dei giovani di classe media e medio-alta con risorse pubbliche. Al contrario vanno pensati interventi mirati per il 35% dei giovani in affitto e in condizioni abitative inadeguate, giovani che con più probabilità sono anche poveri e dovrebbero beneficiare più di altri del sostegno pubblico.