«La tenuta del mercato del libro ci incoraggia ed è qualcosa di eclatante in un contesto che invece comunica smarrimento e fragilità» ha dichiarato con sincerità Carlo Feltrinelli, a capo del quarto gruppo editoriale dopo Mondadori, Gems e Giunti, di fronte ai dati che indicano una crescita finora mai vista. Nei primi nove mesi dell’anno l’editoria di varia fa infatti segnare un +29%, che vale oltre 1.037 milioni di euro per la prima industria culturale italiana che così si presenta al Salone del libro di Torino, evento preso a simbolo della ripresa del settore.
Ma dietro le quinte non mancano problemi, a cominciare dalla carenza di carta, di cui curiosamente non si parla: non si trova più e aumenta di prezzo creando ritardi e tagli di tirature. La produzione e la logistica faticano a tenere il passo della ripartenza, anche a causa della carenza di energia da cui le cartiere dipendono. Così pure la cellulosa sta aumentando il costo (+70% rispetto a fine 2020), mettendo in crisi gli imballaggi per l’ecommerce.
Già in estate i dati semestrali avevano fatto intravedere qualche movimento rispetto a un primo semestre 2020 davvero disastroso, con un 31% di lettori in più (non solo di libri ma anche di ebook e audiolibri) e soltanto un 13% in meno. Cifre confortanti sono poi il 28% di vendite, a prezzo di copertina, rispetto al 2019, quindi prima del Covid. Qualcuno ha ipotizzato che la ragione stia nella fatturazione maggiore per un aumento del prezzo di copertina, che invece è sceso del 2% (il prezzo medio è poco meno di 15 euro) e certo ha contato molto la 18App con +75 milioni rispetto all’anno precedente. Altri dati che fanno tirare un respiro di sollievo riguardano la ripresa sull’online delle librerie fisiche, che ottengono una consolante parità con i bookshop del web, mentre la Gdo, la grande distribuzione organizzata dei supermercati, è in continuo calo, ora con una quota di mercato del 5%.
Questi dati sono stati interpretati come indicatori di una rinascita del libro e della lettura. È l’augurio di tutti ma occorre fare attenzione alle narrazioni apologetiche. Non è da dare per scontato che il confino a casa debba per forza obbligare a leggere (e in verità durante il lockdown siamo stati il Paese che ha letto di meno). Né questi dati vanno visti come un rimbalzo post-crisi. Inoltre non è Amazon il salvatore della patria. Soprattutto non è semplicemente questione di digitalizzazione multicanale – con canali sempre più porosi – ma di una prospettiva nuova imposta proprio dalla pandemia, pur sempre nell’ottica della smaterializzazione, che comunque proietta il mondo del libro nel tunnel di una più facile pirateria. È uno dei rovesci della medaglia che riguarda da vicino anche i lettori cosiddetti «forti», quelli che tengono in piedi parte del mercato e che frequentano le biblioteche (da una recente indagine il 35% di chi acquista un libro lo ha prima consultato in biblioteca e il 44% il titolo lo ha visto online).
Se festeggiamo i buoni dati di lettura senza pensare a come renderli duraturi perdiamo un’occasione, dimenticando il bisogno di cure che ha gran parte della nostra editoria, vecchia e malata. Occorre una svolta e bisogna raccogliere le idee perché nessuno sa bene come sarà il futuro. Innanzi tutto è necessario analizzare bene i meccanismi dell’editoria lungo l’intera filiera, dall’autore al lettore. Occorre capire che cosa si legge di più: nel 2021 crescono i libri su giochi e tempo libero, che hanno quadruplicato le vendite, i fumetti (bestseller è Lyon, con legami all’ambiente social); poi l’attualità politica (Sallusti-Palamara in testa), senza dimenticare l’effetto Dante (Barbero e Cazzullo in primis) e le biografie (con gli exploit di Meloni e Obama). Eppure – ecco un elemento interessante – i top 50 della classifica dei più venduti rappresentano meno dell’8% del mercato, secondo l’analisi dell’Associazione italiana editori-Aie, che commenta: «La marea che si alza solleva tutte le barche». Così soffia un vento favorevole per i vascelli di carta abituati a onde burrascose e ai pescecani nel mare magnum del mondo dei libri. Cambi di rotta e di venti non mancano anche altrove. In Francia a fine 2021 un libro venduto su 10, compresi i testi scolastici, sarà probabilmente un manga grazie soprattutto al Pass Culture, la versione francese della 18App. Negli Stati Uniti invece si riscontrano problemi sul versante ebook nelle biblioteche, che devono pagare un conto salato per il prestito digitale perché l’acquisto vale come licenza limitata che non permette di disporre liberamente e per sempre della copia.
La digitalizzazione dell’editoria, sacrosanta, rischia di premiare soprattutto chi può fare investimenti globali e generalisti, livellando la qualità dell’offerta e mettendo a repentaglio la pluralità del mondo della cultura libraria, soprattutto nel lungo periodo
Per quanto l’hardware e il software dei libri possano cambiare, il cuore resta ovviamente il contenuto. Così una realtà come Rizzoli Education investe sulla tecnologia ma anche su un manifesto per la parità di genere e la pluralità, che si lega all’Obiettivo 10 in parità della Zanichelli, altro editore impegnato nelle piattaforme elearning. Per non dire di «Pandoracampus» del Mulino, frontiera dell’editoria del futuro, che può puntare a mantenere e accrescere gli attuali dati positivi di lettura ricorrendo, quando serve, a vere e proprie «pillole» (gif o clip), dentro la dimensione onlife di cui questa rivista ha parlato di recente. È una delle espressioni della frammentazione data dai social, in cui mantengono un ruolo significativo le app per lettori come Wattpad, Goodreads e Bookville in un’ottica di crossmedialità sempre più accentuata.
L’allargamento della lettura gode poi dei nuovi modelli di gestione dei diritti, come nel caso dell’editoria sonora degli audiolibri, il fenomeno più eclatante del 2020, sul tipo degli abbonamenti in streaming delle piattaforme musicali: una crescita esponenziale, con oltre 20 mila titoli italiani e la maggioranza di lettori «deboli», a detta di Audible, secondo cui il 13% degli ascoltatori, nel nostro Paese circa 10 milioni, non leggerebbe libri.
Ma la digitalizzazione dell’editoria, sacrosanta, rischia di premiare soprattutto chi può fare investimenti globali e generalisti, livellando la qualità dell’offerta e mettendo a repentaglio la pluralità del mondo della cultura libraria, soprattutto nel lungo periodo e per chi resta periferico rispetto ai grandi gruppi scegliendo la diversità culturale.
Tornando ai dati diffusi da Aie, l’importante è che l’effetto rimbalzo si trasformi finalmente in una svolta per l’Italia del libro, da sempre fanalino di coda in Europa con circa 55 italiani su 100 che secondo i dati Istat non leggono neppure un libro l’anno. Il vero nemico, conviene ribadirlo, non è l’ebook e non sono i social, ma la disattenzione con cui talvolta lasciamo deperire l’idea stessa di cultura attraverso i libri.
Per dare nuova linfa all’editoria serve una fase di sperimentazione che porti con sé una vera e propria mutazione antropologica e tecnologica all’interno di un sistema, anche politico, che salvaguardi il libro come qualcosa di essenziale
Per dare nuova linfa all’editoria serve una fase di sperimentazione che porti con sé una vera e propria mutazione antropologica e tecnologica all’interno di un sistema, anche politico, che salvaguardi il libro come qualcosa di essenziale. Favorendo tutte quelle espansioni della pagina che adottano strumenti per arrivare a un pubblico più vasto, senza penalizzare la pluralità e valorizzando la promozione della lettura a partire dalla scuola.
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