Nel suo Saggio sulla lucidità José Saramago racconta di un Paese in cui, in occasione delle elezioni per il rinnovo del governo locale, la partecipazione al voto è molto alta, ma il 75% degli elettori ripone nell’urna una scheda bianca. Al Pdd (partito di destra) basta dunque un modesto 13% degli aventi diritto al voto per vincere le elezioni. Dalla penna del Nobel alla realtà il passo è breve: quel 13% del Paese immaginario non è troppo distante dalle percentuali raccolte dalle coalizioni di centrosinistra nelle recenti elezioni regionali. In Emilia-Romagna, per Stefano Bonaccini hanno votato 615.000 elettori su 3.460.000, pari al 17,8%; in Calabria, Mario Oliverio ha collezionato 490.000 voti su 1.900.000, pari al 25,8%. A differenza del Paese descritto da Saramago, nelle due regioni italiane il numero delle schede bianche è stato contenuto, mentre è stato eccezionalmente alto il livello del non voto.
Come hanno unanimemente notato i commentatori all’indomani dello spoglio, il 62% di astenuti in Emilia-Romagna e il 56% in Calabria segnano una frattura senza precedenti. Se ci si ferma agli aspetti numerici, il significato di questo ampio e inedito (per l’Emilia-Romagna ancor più che per la Calabria) sorpasso dei non votanti sui votanti si coglie però solo superficialmente. Per tentare di offrire una spiegazione più articolata e realistica di quel che è successo nelle due regioni, appare allora necessario osservare più da vicino i territori e considerare attentamente la discrasia tra offerta e domanda elettorale da cui scaturisce il record del non voto. In particolare, evitando di considerarlo un monolite, è necessario «entrare» nell’elettorato per cogliere le motivazioni che hanno indotto le sue componenti interne a votare o ad astenersi. Va da sé che, essendo diverse le tradizioni politiche e culturali delle due regioni, anche un fenomeno apparentemente identico (l’astensionismo) presenti, almeno in parte, una differente matrice.
In Calabria le elezioni sono andate come previsto, col centrosinistra che conquista la maggioranza dopo aver trascorso quattro anni e mezzo all’opposizione.
Riproduciamo qui l'incipit dell'articolo di Vittorio Mete pubblicato sul “Mulino” n. 1/15, pp. 80-86. L'articolo è acquistabile qui.
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