Autunno caldo in Romania. Lo scorso 1 ottobre il governo romeno guidato da Emil Boc è stato sfiduciato dal Parlamento. E’ la prima volta dalla caduta del comunismo che un esecutivo cade a causa di una mozione di sfiducia. A promuoverla è stato il Partito nazional-liberale, sostenuto dall’Unione democratica dei magiari, partito della minoranza ungherese. Decisivo però per l’approvazione della mozione è stato il voto favorevole di uno dei due partiti che sostenevano la coalizione al governo: il Partito socialdemocratico guidato da Mircea Geoanǎ. Il governo Boc era stato formato appena un anno fa dopo elezioni politiche che avevano dato un risultato interlocutorio. Il Partito socialdemocratico e il Partito democratico-liberale del Presidente della repubblica Bǎsescu avevano entrambi ottenuto circa un terzo dei voti e, vista l’indisponibilità della terza forza politica romena, il Partito nazionale-liberale, ad allearsi con i liberaldemocratici, si era giunti alla creazione di un esecutivo modellato sull’esempio della Grosse Koalition tedesca, sostenuto quindi dai due maggiori partiti dello schieramento e guidato da un esponente dei liberaldemocratici, Emil Boc appunto. Le tensioni tra i due partiti al governo, già emerse in più occasioni negli ultimi mesi, sono esplose in un conflitto insanabile quando il ministro dell’interno Dani Nica ha sollevato dubbi sui rischi di brogli nelle imminenti elezioni presidenziali del 22 novembre.
Da un mese e mezzo ormai, il paese si trova in una situazione di stallo politico. A oggi, non è stato possibile neanche formare un governo tecnico che gestisse la transizione fino alle presidenziali. Una prima ipotesi legata al nome di Lucian Croitoru, consigliere della Banca Centrale Romena, si è scontrata con il rifiuto dei socialdemocratici, ma anche di altri partiti, come quello della minoranza ungherese, che avrebbero preferito Klaus Johannis, attuale sindaco di Sibiu. E’ poi tramontata anche l’ipotesi di nominare primo ministro Liviu Negoiţa, presidente di una circoscrizione di Bucarest. Attualmente è ancora in carica il governo di minoranza guidato da Boc e formato il 4 ottobre dopo l’uscita dei ministri socialdemocratici. Al centro delle difficoltà politiche in cui si trova la Romania in queste settimane vi sono i complessi rapporti tra i tre principali gruppi politici, ovvero i due che sostenevano il governo Boc e il Partito nazionale liberale, e la disastrosa situazione economica in cui si trova il paese. Il Presidente Bǎsescu ha affermato in una recente intervista che la sua preferenza sarebbe per un governo di centro-destra con i liberali, ma ha anche ribadito di non essere disposto a concedere la carica di primo ministro agli eventuali partner di governo. Data l’intransigenza dei liberali su questo punto e i difficili rapporti tra il loro leader Crin Antonescu e Bǎsescu, sembra chiaro che l’unica opzione possibile sia quella di una riedizione dell’alleanza con i socialdemocratici, dati gli attuali equilibri in Parlamento. A meno che non si scelga la via delle elezioni anticipate.
Cruciali per il chiarimento della situazione politica sarà l’esito delle elezioni presidenziali di cui ieri si è tenuto il primo turno. I candidati erano 12, ma la partita si giocherà al ballottaggio, fissato il 6 dicembre, tra il Presidente Bǎsescu (32,8% dei consensi al primo turno) e il candidato socialdemocratico Geoanǎ (31,7%). L’elezione dipenderà soprattutto dalle alleanze che si stabiliranno al secondo turno e l’appoggio che i due candidati riceveranno dalle altre forze politiche, a partire dai liberali di Crin Antonescu, terzo piazzato ieri con un significativo 21,8% dei voti. Fino a qualche settimana fa il favorito era il presidente uscente, ma l'esito del primo turno segnala un testa a testa. Inoltre Antonescu ha rilasciato dichiarazioni piuttosto critiche nei suoi confronti e se effettivamente ai liberaldemocratici di Bǎsescu dovesse mancare l’appoggio dei nazional-liberali, i giochi per la rielezione potrebbero essere compromessi. Quel che è certo è che il nuovo presidente e il nuovo esecutivo dovranno affrontare la grave situazione di recessione in cui si trova il paese, che ha pagato un prezzo altissimo per la crisi economica mondiale: nel 2009 secondo le previsioni la Romania vedrà cadere il suo prodotto interno lordo dell’8%. Che questa situazione economica sia legata alla crisi politica, o comunque possa risentirne, è dimostrato tra l’altro dal fatto che il Fondo Monetario Internazionale, dal quale la Romania attende un consistente prestito, ha espresso preoccupazione per la caduta del governo Boc e per la difficoltà delle forze politiche a creare un esecutivo di transizione.
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