Bisogna che il principe sia volpe per riconoscere le trappole, e leone per difendersi dai lupi, scriveva Niccolò Machiavelli. Ma era un ottimista. Come sappiamo, il capo politico si fa volpe per tenderle lui, le trappole, e leone per aggredire gli avversari, non per difendersene. Si parva licet componere magnis, se è lecito confrontare quel che è piccolo, anzi minimo, con quel che è grande, questo è avvenuto e avviene nel caso della caduta di Enrico Letta e dell’ascesa di Matteo Renzi.

Comunque si giudichi il sindaco Smart – che lo si paragoni a Pico della Mirandola, come fa il sarto di lusso Roberto Cavalli, certo che si tratti di uno di quei geni che a Firenze nascono ogni 500 anni, o che lo si consideri uno dei tanti convinti d’essere geni –, comunque la si pensi, dunque, non si può negare che della volpe e del leone Renzi abbia gusti e modi. Basta ricordare quante volte e con quale baldanza ha giurato di non pensarci proprio, alla presidenza del Consiglio. Non è nel mio interesse, ha simulato da vecchia volpe ancora pochi giorni prima del ribaltone. E non è nell’interesse degli italiani, ha aggiunto. Intanto, si dava da fare come un leone in direzione ostinata e contraria.

D’altra parte, ostinato e contrario ama rappresentarsi nella messa in scena della politica. Lo ha fatto quando assicurava di stare con Marchionne, senza se e senza ma. E lo ha fatto molto più di recente, quando ha stretto il patto per la riforma elettorale con l’allora fu Silvio Berlusconi. Certo non unico nelle file del Pd, ha deciso che resuscitarlo era nel suo interesse (e chi se ne frega di quello del Paese). E da leone non ha esitato a farlo, senza ascoltare ragioni. D’altra parte, da volpe pare l’abbia fatto con un'arrière-pensée, per un fine nascosto: togliere al caimano l’arma della demonizzazione comunista del Pd. E infatti il caimano ha dichiarato poi (venerdì 14 febbraio, a crisi aperta) che di Renzi ha stima. Non è un comunista, ha detto. Ed è sembrato che intendesse: lo conosco bene. Chissà che, nel medio periodo, tutto questo non consenta al Pd una campagna acquisti elettorale a destra. Di certo, nel breve ha rilegittimato l’avversario degli ultimi vent’anni. E quello, ringalluzzito, ora sproloquia di colpi di Stato, vaneggia di presidenti del Consiglio eletti dal popolo (istituzione del tutto ignota alla Costituzione), e ha preteso di guidare la delegazione di Fi per le consultazioni in vista del prossimo governo. E al povero Giorgio Napolitano è toccato ricevere un pregiudicato, il secondo dopo Beppe Grillo (condannato nell’80 per omicidio colposo). Cose da volpi: da volpi con lo stomaco da leoni, o da caimani. 

Lo stesso si può dire del giubilamento di Letta. Non staremo a compiangere l’ex presidente del Consiglio per la sberla ricevuta dai suoi. In politica non c’è posto per sentimenti umani, tanto meno quando volpi e leoni si prendono la scena. Quello che conta è il modo in cui il governo è stato fatto cadere: con il siluro di una segreteria di partito, non davanti al Parlamento. Così si usava quando al comando c’erano i vecchi e i decrepiti che Renzi ha rottamato, e subito sostituito. 

Ora stiamo a vedere quello che il più Smart di tutti combinerà, da volpe o da leone o da chissà quale altro animale. Visto l’entusiasmo che suscita in Confindustria, in borsa e negli ambienti che contano, speriamo non si riveli l’ennesimo gattopardo, e che non cambi tutto perché niente cambi.

 

P.S. Per proseguire nel metaforico bestiario, vi dicono qualcosa il Gatto e la Volpe del grande Collodi? I due andavano in coppia, giusto per coglionare quell’ingenuo di Pinocchio. I più pessimisti, e i meno prudenti, sospettano che, dopo il patto per la riforma elettorale, la ditta Gatto & Volpe sia di nuovo sul mercato. Facciamo fatica a crederci. In ogni caso, Pinocchio è avvisato.